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Immagine del redattoreAdriano Torricelli

ARISTOTELE E L’INDAGINE NATURALISTICA (De somno et vigilia: 455 b 13-34)

Essendo l’uomo un organismo, ovvero un’entità vivente organizzata in vista di un fine ultimo (che, nel suo caso, è la contemplazione delle Verità di ragione), ne consegue che tutto ciò che lo compone deve, direttamente o indirettamente, giustificarsi in funzione del conseguimento di tale scopo.

Per questo, nell’indagare la natura del sonno Aristotele parte dal presupposto che un tale fenomeno debba esistere in funzione di un qualche vantaggio che esso darebbe all’uomo nell’espletamento della propria natura. Giunge così alla conclusione che il sonno serve a fornire delle pause o sospensioni delle attività che sono proprie di tale organismo e di quelle dei viventi in generale: pause che (per ragioni “meccaniche”) sono a essi assolutamente necessarie, dal momento che i viventi non potrebbero “continuare a muoversi indefinitamente” senza dolore e, sui tempi lunghi, senza la morte.

Il sonno ha quindi innanzitutto uno scopo o una ragione ben precisi nell’economia dei viventi. Né ciò può stupire, poiché ogni ente organico esiste per l’esplicazione di un proprio peculiare fine, il cui conseguimento implica una lunga gerarchia di cause finali al suo interno, tutte dipendenti in ultima analisi da quella principale…

Accanto a questa componente di carattere finalistico, Aristotele indaga anche le ragioni meccaniche del sonno e della veglia (la quale, appunto, costituisce lo scopo del primo, la ragione della sua esistenza). Dopo l’indagine finalistica quindi, viene secondo lui quella sulle cause efficienti o meccaniche del fenomeno.


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Il brano qui presentato, dimostra come lo Stagirita (che vedeva peraltro l’intero Cosmo come un enorme meccanismo/organismo organizzato in funzione di un fine: il Motore immobile) scoprisse e fissasse i criteri dell’odierna indagine scientifica, e in particolare quelli dell’indagine naturalistica, per la quale postulò la priorità ontologica e logica della causa finale rispetto a tutte le altre, seguita da quella efficiente o meccanica, necessario complemento di essa…


Sul pensiero di Aristotele e la centralità in esso dell'idea di causa finale: https://adrianotorricelli.wordpress.com/2018/09/04/aristotele-la-scoperta-della-causa-finale-e-dellordine-cosmico/



TESTO GRECO (455 b 13-34):




Dall’opera: ΠΕΡΙ ΥΠΝΟΝ ΚΑΙ ΕΓΡΗΓΟΡΣΕΩΣ.



δι' ἣν δ' αἰτίαν συμβαίνει τὸ καθεύδειν, καὶ ποῖόν τι τὸ πάθος ἐστί, λεκτέον. ἐπεὶ δὲ τρόποι πλείους τῆς αἰτίας (καὶ γὰρ τὸ τίνος ἕνεκεν, καὶ ὅθεν ἡ ἀρχὴ τῆς κινήσεως, καὶ τὴν ὕλην καὶ τὸν λόγον αἴτιον εἶναί φαμεν), πρῶτον μὲν οὖν ἐπειδὴ λέγομεν τὴν φύσιν ἕνεκά του ποιεῖν, τοῦτο δὲ ἀγαθόν τι, τὴν δ' ἀνάπαυσιν παντὶ τῷ πεφυκότι κινεῖσθαι, μὴ δυναμένῳ δ' ἀεὶ καὶ συνεχῶς κινεῖσθαι μεθ' ἡδονῆς, ἀναγκαῖον εἶναι καὶ ὠφέλιμον, τῷ δὲ ὕπνῳ αὐτῇ τῇ ἀληθείᾳ προσάπτουσι τὴν μεταφορὰν ταύτην ὡς ἀναπαύσει ὄντι ‑ ὥστε σωτηρίας ἕνεκα τῶν ζῴων ὑπάρχει. ἡ δ' ἐγρήγορσις τέλος· τὸ γὰρ αἰσθάνεσθαι καὶ τὸ φρονεῖν πᾶσι τέλος οἷς ὑπάρχει θάτερον αὐτῶν. βέλτιστα γὰρ ταῦτα, τὸ δὲ τέλος βέλτιστον. ἔτι δὲ ἀναγκαῖον ἑκάστῳ τῶν ζῴων ὑπάρχειν τὸν ὕπνον. λέγω δ' ἐξ ὑποθέσεως τὴν ἀνάγκην, ὅτι εἰ ζῷον ἔσται ἔχον τὴν αὑτοῦ φύσιν, ἐξ ἀνάγκης τινὰ ὑπάρχειν αὐτῷ δεῖ, καὶ τούτων ὑπαρχόντων ἕτερα ὑπάρχειν. ἔτι δὲ ποίας κινήσεως καὶ πράξεως ἐν τοῖς σώμασι γιγνομένης συμβαίνει τό τε ἐγρηγορέναι καὶ τὸ καθεύδειν τοῖς ζῴοις, μετὰ ταῦτα λεκτέον. τοῖς μὲν οὖν ἄλλοις ζῴοις καθάπερ τοῖς ἐναίμοις ὑποληπτέον εἶναι τὰ αἴτια τοῦ πάθους ἢ ταὐτὰ ἢ τὰ ἀνάλογον, τοῖς δ' ἐναίμοις ἅπερ τοῖς ἀνθρώποις· ὥστε ἐκ τούτων πάντα θεωρητέον.



TRADUZIONE LIBERA:



(Traduzione di Luciana Repici, da: Aristotele; Il sonno e i sogni; edizioni Marsilio; 2003)


Bisogna ora dire per quale causa ha luogo il dormire e di che tipo di affezione si tratti. Dal momento però che ci sono più tipi di causa (chiamiamo infatti causa: ciò in vista di cui, ciò da cui deriva il principio del movimento, la materia e l’essenza) e poiché noi affermiamo in primo luogo che la natura agisce in vista di qualcosa e che questo è un bene e che il riposo è necessario e utile a tutto ciò che per natura si muove, ma non è in grado di muoversi sempre e ininterrottamente con piacere e che inoltre si parla secondo verità del sonno quando si dice per metafora che è un riposo, ne consegue che il sonno è in vista della conservazione degli animali. Ma fine è la veglia, giacché percepire e pensare sono fine per tutti quegli esseri ai quali appartiene l’uno o l’altro di essi. Queste infatti sono cose ottime e il fine è ottimo. Inoltre è necessario che il sonno appartenga a ogni animale. Parlo della necessità ipotetica, nel senso che se c’è un’animale che ha natura propria, necessariamente devono appartenergli alcune cose e, appartenendogli queste, altre gliene apparterranno. Dopo di ciò, bisogna inoltre dire da quale movimento e da quale azione che hanno luogo nel corpo conseguono agli animale e l’essere svegli e il dormire. Si deve quindi assumere che per gli animali così come per quelli sanguigni le cause di questa affezione sono le stesse analoghe e che per gli animali sanguigni le cause sono quelle stesse che si danni per gli uomini, e che perciò è a partire da questi che bisogna considerare ogni cosa.




TRADUZIONE E COMMENTO




δι' ἣν δ' αἰτίαν συμβαίνει τὸ καθεύδειν, καὶ ποῖόν τι τὸ πάθος ἐστί, λεκτέον.


PER QUALE RAGIONE (=αἰτίαν: letter., causa) (=δι' ἣν δ' αἰτίαν) SI DÀ (=συμβαίνει: verbo impersonale: “va con”, “sopravviene”) IL RIPOSARE, E DI CHE TIPO (ποῖόν τι: letter., “quale qualcosa”) È L’ESPERIENZA (DI ESSO, sott.), VA DETTO (λεκτέον: agg. verb. da λέγω: dico; per esteso sarebbe: λεκτέον ἐστί).


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ἐπεὶ δὲ τρόποι πλείους τῆς αἰτίας (καὶ γὰρ τὸ τίνος ἕνεκεν, καὶ ὅθεν ἡ ἀρχὴ τῆς κινήσεως, καὶ τὴν ὕλην καὶ τὸν λόγον αἴτιον εἶναί φαμεν), πρῶτον μὲν οὖν ἐπειδὴ λέγομεν τὴν φύσιν ἕνεκά του ποιεῖν, τοῦτο δὲ ἀγαθόν τι, τὴν δ' ἀνάπαυσιν παντὶ τῷ πεφυκότι κινεῖσθαι, μὴ δυναμένῳ δ' ἀεὶ καὶ συνεχῶς κινεῖσθαι μεθ' ἡδονῆς, ἀναγκαῖον εἶναι καὶ ὠφέλιμον, τῷ δὲ ὕπνῳ αὐτῇ τῇ ἀληθείᾳ προσάπτουσι τὴν μεταφορὰν ταύτην ὡς ἀναπαύσει ὄντι ‑ ὥστε σωτηρίας ἕνεκα τῶν ζῴων ὑπάρχει.


1) ἐπεὶ δὲ τρόποι πλείους τῆς αἰτίας: POICHÉ (SONO, sott.) MOLTE (πλείους: forma contratta per : di più; plurali…) LE MODALITÀ DELLA CAUSA;

2) (καὶ γὰρ τὸ τίνος ἕνεκεν, καὶ ὅθεν ἡ ἀρχὴ τῆς κινήσεως, καὶ τὴν ὕλην καὶ τὸν λόγον αἴτιον εἶναί φαμεν): (E INFATTI AFFERMIAMO ESSERE CAUSA (αἴτιον) L’IN FUNZIONE DI QUALCOSA (τὸ τίνος ἕνεκεν) E CIÒ DA CUI (ὅθεν) L’ORIGINE DEL MOVIMENTO (PROVIENE, sott.), E LA MATERIA (τὴν ὕλην) E LA FORMA (τὸν λόγον))-> trattasi di un inciso!

3) πρῶτον μὲν οὖν ἐπειδὴ λέγομεν τὴν φύσιν ἕνεκά του ποιεῖν: POICHÉ DUNQUE IN PRIMO LUOGO (πρῶτον μὲν οὖν ἐπειδὴ) DICIAMO CHE LA NATURA (ESISTE, sott.) IN FUNZIONE DELL’OPERARE

4) τοῦτο δὲ ἀγαθόν τι: (QUESTA COSA (È, sott.) QUALCOSA DI BUONO)-> trattasi di un inciso!

5) (ἐπειδὴ λέγομεν, sottint.) τὴν δ' ἀνάπαυσιν παντὶ τῷ πεφυκότι κινεῖσθαι, μὴ δυναμένῳ δ' ἀεὶ καὶ συνεχῶς κινεῖσθαι μεθ' ἡδονῆς, ἀναγκαῖον εἶναι καὶ ὠφέλιμον: (E POICHÉ AFFERMIAMO CHE + infinit.) LA SOSPENSIONE DEL MUOVERSI (τὴν δ' ἀνάπαυσιν κινεῖσθαι) PER TUTTO CIÒ CHE È STATO GENERATO (=παντὶ τῷ πεφυκότι->part. att. perf. da φύω: sono generato, germoglio…), NON POTENDO (μὴ δυναμένῳ) SEMPRE E CONTINUAMENTE (συνεχῶς: avverbio da aggett. συνεχής) MUOVERSI CON PIACERE, È COSA NECESSARIA E BENEFICA,

6) (ἐπειδὴ, sottint.) τῷ δὲ ὕπνῳ αὐτῇ τῇ ἀληθείᾳ προσάπτουσι τὴν μεταφορὰν ταύτην ὡς ἀναπαύσει ὄντι: (E POICHÉ) ASSOCIANO CON VERITÀ (αὐτῇ τῇ ἀληθείᾳ) AL SONNO QUESTA traslazione/ metafora/SIMILITUDINE (τὴν μεταφορὰν ταύτην) COME (ESSO: cioè il sonno…) ESSENTE UNA PAUSA/SOSPENSIONE (ὡς ἀναπαύσει ὄντι: nota che “essente una sospensione” (ἀναπαύσει ὄντι) ha lo stesso caso, il dativo, di ὕπνῳ, a cui difatti si riferisce!)

7) ‑ ὥστε σωτηρίας ἕνεκα τῶν ζῴων ὑπάρχει: - NE CONSEGUE CHE (=ὥστε: di solito significa “tante che”, ma qui indica che quel che segue è una conseguenza di quanto detto prima) IN FUNZIONE DELLA SOPRAVVIVENZA DEGLI ANIMALI (σωτηρίας ἕνεκα τῶν ζῴων) (IL SONNO, sott.) ESISTE (ὑπάρχει= ἐστί).


-- Traduzione scorrevole: “Dal momento però che ci sono più tipi di causa (chiamiamo infatti causa: ciò in vista di cui, ciò da cui deriva il principio del movimento, la materia e l’essenza) e poiché noi affermiamo in primo luogo che la natura agisce in vista di qualcosa e che questo è un bene e che il riposo è necessario e utile a tutto ciò che per natura si muove, ma non è in grado di muoversi sempre e ininterrottamente con piacere e che inoltre si parla secondo verità del sonno quando si dice per metafora che è un riposo, ne consegue che il sonno è in vista della conservazione degli animali.”


-- Spiegazione della frase: Aristotele in sostanza dice: ci sono più tipi di cause (formale, materiale, efficiente e finale); poiché i viventi non possono muoversi senza delle pause ogni tanto, e poiché la Natura nel suo essere è guidata dall’operare dei suoi elementi (il che per i viventi significa dal muoversi, in quanto esso ne costituisce il carattere distintivo rispetto a tutti gli altri enti di natura), ne consegue che il sonno debba essere interpretato come l’espletamento di una tale pausa necessaria, ovvero che esso esista per permetterne la sopravvivenza, in quanto appunto essi necessitano periodicamente di sospensioni del movimento.

Il sonno insomma, risponde a un’esigenza di sospensione iterativa dell’azione, ed esiste in funzione della vita stessa e si giustifica alla luce di uno scopo o CAUSA FINALE: quello di conservare la vita degli organismi capaci di muovere se stessi.


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ἡ δ' ἐγρήγορσις τέλος· τὸ γὰρ αἰσθάνεσθαι καὶ τὸ φρονεῖν πᾶσι τέλος οἷς ὑπάρχει θάτερον αὐτῶν.


MA IL FINE (È, sott.) LA VEGLIA (ἐγρήγορσις); INFATTI IL SENTIRE E IL PENSARE (È, sott.) LO SCOPO PER TUTTI COLORO (πᾶσι τέλος) AI QUALI APPARTIENE (οἷς ὑπάρχει) L’UNO O L’ALTRO (θάτερον= τὸ ἕτερον: l’altro di due oppoti) DI QUELLI (cioè del sentire o del pensare).


-- Spiegazione della frase: il fine di tutti gli esseri che sentono (percepiscono) e pensano è la veglia, cioè l’esercizio o della percezione o del pensiero astratto, e certo non il sonno, il quale – come detto – è strumentale al fatto che essi esercitino l’attività per cui sono nati.


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βέλτιστα γὰρ ταῦτα, τὸ δὲ τέλος βέλτιστον.


INFATTI QUESTE COSE (SONO, sott.) OTTIME (βέλτιστος->superlativo di ἀγαθός), E IL FINE (IN NATURA, sott.) (È, sott.) UNA COSA OTTIMA.


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ἔτι δὲ ἀναγκαῖον ἑκάστῳ τῶν ζῴων ὑπάρχειν τὸν ὕπνον.


INOLTRE COSA NECESSARIA (È, sott.) L’APPARTENERE IL SONNO A CIASCUNO DEI VIVENTI.


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λέγω δ' ἐξ ὑποθέσεως τὴν ἀνάγκην, ὅτι εἰ ζῷον ἔσται ἔχον τὴν αὑτοῦ φύσιν, ἐξ ἀνάγκης τινὰ ὑπάρχειν αὐτῷ δεῖ, καὶ τούτων ὑπαρχόντων ἕτερα ὑπάρχειν.


DICO “NECESSITÀ” (τὴν ἀνάγκην) PER IPOTESI, POICHÉ SE UN VIVENTE AVRÀ (ἔσται ἔχον: letteralm., “sarà avente”) UNA PROPRIA NATURA, È NECESSARIO (δεῖ, che regge infinitiva) PER NECESSITÀ CHE GLI APPARTENGA UN QUALCOSA, E CHE ALTRE COSE APPARTENGANO (A ESSO) DA QUESTE APPARTENENTI(GLI) (=τούτων ὑπαρχόντων).


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ἔτι δὲ ποίας κινήσεως καὶ πράξεως ἐν τοῖς σώμασι γιγνομένης συμβαίνει τό τε ἐγρηγορέναι καὶ τὸ καθεύδειν τοῖς ζῴοις, μετὰ ταῦτα λεκτέον.


DOPO QUESTE COSE BISOGNA DIRE (μετὰ ταῦτα λεκτέον (ἐστί)) ANCORA (ἔτι) DA QUALE MOVIMENTO E FATTORE CHE SONO NEI CORPI (ποίας κινήσεως καὶ πράξεως ἐν τοῖς σώμασι γιγνομένης) GIUNGE/DERIVA IL VEGLIARE E IL DORMIRE AGLI ANIMALI.


-- Spiegazione della frase: Qui Aristotele allude alla causa meccanica, ovvero a quella che lui chiama “CAUSA EFFICIENTE”: non cioè il fine o lo scopo di una data cosa, ma ciò che la rende concreta e reale, che dà ad essa un essere fisico, materiale… Si noterà che questa seconda causa viene introdotta nel discorso solo dopo la precedente, e ciò non a caso: laddove studiamo un organismo infatti, la domanda in merito a cosa serva un qualcosa precede (almeno in linea di principio) quella su come concretamente quel qualcosa possa soddisfare una tale finalità.


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τοῖς μὲν οὖν ἄλλοις ζῴοις καθάπερ τοῖς ἐναίμοις ὑποληπτέον εἶναι τὰ αἴτια τοῦ πάθους ἢ ταὐτὰ ἢ τὰ ἀνάλογον, τοῖς δ' ἐναίμοις ἅπερ τοῖς ἀνθρώποις· ὥστε ἐκ τούτων πάντα θεωρητέον.


BISOGNA ASSUMERE (ὑποληπτέον (ἐστί): ὑποληπτέον è aggettivo verbale di ὑπο-λαμβάνω: prendo, assumo) DUNQUE, ESSERE LE CAUSE DELL’AFFEZIONE (cioè della veglia e del sonno, sottint.) O LE STESSE (ταὐτὰ= τὰ αὐτά) O ANALOGHE (τὰ ἀνάλογον: letter., esse-> τὰ, cosa analoga-> ἀνάλογον) PER GLI ALTRI ANIMALI PROPRIO COME (καθάπερ) PER GLI ANIMALI COL SANGUE (ἐναίμοις), E (bisogna assumere essere le cause dell’affezione, sottint.) PER GLI ANIMALI COL SANGUE LE STESSE CHE (ἅπερ) (SONO, sott.) PER GLI UOMINI: TANTO CHE (ὥστε) DA QUESTI (=dall’indagine sugli uomini) È POSSIBILE VEDERE (θεωρητέον (ἐστί): è da vedersi) TUTTE LE COSE (intendi: INERENTI IL SONNO E LA VEGLIA…).


-- Spiegazione della frase: Aristotele assume che tutti gli animali dormano e stiano svegli, che quelli sanguigni siano in questo analoghi (o simili) a quelli non sanguigni, che l’uomo in quanto animale sanguigno non si distingua dagli altri animali sanguigni. Ne conclude che conoscere le cause del sonno e della veglia nell’uomo significhi conoscere quelle di quegli stessi fenomeni in tutti gli altri animali.




CONCLUSIONI DELLA RICERCA (458; 25-30)


Nell’ultima frase del suo scritto sul “sonno e la veglia”, lo Stagirita riassume velocemente i risultati della sua ricerca. Anche qui si vede chiaramente come causa efficiente e finale siano tra loro complementari. Il sonno nasce infatti dalla compressione del primo organo di senso (…per ragioni spiegate nel corso dello scritto, e qui brevemente riassunte) (CAUSA EFFICIENTE) e “insorge per necessità” avendo come scopo il riposo e la conservazione (CAUSA FINALE).



TESTO GRECO:



τί μὲν οὖν τὸ αἴτιον τοῦ καθεύδειν εἴρηται, ὅτι ἡ [ὑπὸ] τοῦ σωματώδους τοῦ ἀναφερομένου ὑπὸ τοῦ συμφύτου θερμοῦ ἀντιπερίστασις ἀθρόως ἐπὶ τὸ πρῶτον αἰσθητήριον· καὶ τί ἐστιν ὁ ὕπνος, ὅτι τοῦ πρώτου αἰσθητηρίου κατάληψις πρὸς τὸ μὴ δύνασθαι ἐνεργεῖν, ἐξ ἀνάγκης μὲν γινόμενος (οὐ γὰρ ἐνδέχεται ζῷον εἶναι μὴ συμβαινόντων τῶν ἀπεργαζομένων αὐτό), ἕνεκα δὲ σωτηρίας· σῴζει γὰρ ἡ ἀνάπαυσις.



TRADUZIONE E COMMENTO:



È STATO DETTO (εἴρηται) COSA (SIA, sott.) LA CAUSA DEL DORMIRE: IL FATTO CHE (ὅτι) (VI È; sott.) LA COMPRESSIONE IN MASSA (ἀντιπερίστασις ἀθρόως) DELLA MATERIA CORPOREA PORTATA VERSO L’ALTO (τοῦ σωματώδους τοῦ ἀναφερομένου) PER L’EFFETTO DEL CALORE INTERNO (ὑπὸ τοῦ συμφύτου θερμοῦ) SUL PRIMO ORGANO DI SENSO (ἐπὶ τὸ πρῶτον αἰσθητήριον); E (È STATO DETTO, sott.) COSA È IL SONNO: IL FATTO CHE (ὅτι) (VI È; sott.) L’ARRESTO DEL PRIMO ORGANO DI SENSO CHE DETERMINA (πρὸς τὸ: letter., “verso il”…) IL NON POTER (ESSO…) AGIRE, INSORGENDO (γινόμενος: riferito a ὕπνος) (ESSO: il sonno) PER NECESSITÀ AL FINE DELLA SOPRAVVIVENZA (ἕνεκα δὲ σωτηρίας) (NON È POSSIBILE (ἐνδέχεται) INFATTI CHE IL VIVENTE SIA/ESISTA SE NON SOPRAVVENEGONO (μὴ συμβαινόντων) LE COSE CHE LO PORTANO A TERMINE (τῶν ἀπεργαζομένων αὐτό; συμβαινόντων τῶν ἀπεργαζομένων è chiaramente un genitivo assoluto); INFATTI LA SOSPENSIONE (cioè appunto il sonno) (LO…) SALVA/FA SOPRAVVIVERE.


TRADUZIONE LIBERA: Si è detto dunque quale sia la causa del dormire, ossia la compressione e scambio di posto in massa della sostanza solida sollevata in alto dal calore connaturato in direzione del primo organo di senso, e che cosa sia il sonno, cioè l’imprigionamento del primo organo di senso relativamente alla sua impossibilità di agire, e che esso insorge di necessità, perché non è possibile che l’animale sia se non hanno luogo i fattori che lo producono; il riposo infatti assicura conservazione.


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