CLEONE DAVANTI AD ANFIPOLI
(Tucidide, Storie: Libro V, 7: 1-5)
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Cleone, capopopolo ateniese dai tratti cialtroneschi, si trova con un grosso esercito nei pressi della città di Anfipoli, il principale centro della Tracia e uno dei più importanti della Grecia asiatica. Conscio del mormorio dei soldati contro di lui (che li aveva costretti a seguirlo contro la loro volontà), egli decide di recarsi nei pressi della città, in esplorazione, ma soprattutto per distrarre i soldati dai loro sentimenti di scontento e da eventuali propositi di ribellione.
Tuttavia Cleone, troppo spaventato dal valore dell’esercito nemico (quello spartano), non si decide ad attaccare una città in apparenza sguarnita e indifesa…
Sarà difatti Brasida, il valoroso generale spartano, nascosto nei pressi della città, a uscire improvvisamente allo scoperto e a travolgere l’esercito ateniese, in una battaglia che, peraltro, costerà la vita sia a lui, sia allo stesso Cleone.
([10.9] τὸ δὲ δεξιὸν τῶν Ἀθηναίων ἔμενέ [τε] μᾶλλον, καὶ ὁ μὲν Κλέων, ὡς τὸ πρῶτον οὐ διενοεῖτο μένειν, εὐθὺς φεύγων καὶ καταληφθεὶς ὑπὸ Μυρκινίου πελταστοῦ ἀποθνῄσκει... - Il fianco destro ateniese resisteva di più, e Cleone, poiché dall’inizio aveva deciso di non resistere, fuggendo ed essendo colto da un peltasta mircinio cade ucciso).
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Testo originale:
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[1] ὁ δὲ Κλέων τέως μὲν ἡσύχαζεν, ἔπειτα ἠναγκάσθη ποιῆσαι ὅπερ ὁ Βρασίδας προσεδέχετο. [2] τῶν γὰρ στρατιωτῶν ἀχθομένων μὲν τῇ ἕδρᾳ, ἀναλογιζομένων δὲ τὴν ἐκείνου ἡγεμονίαν πρὸς οἵαν ἐμπειρίαν καὶ τόλμαν μετὰ οἵας ἀνεπιστημοσύνης καὶ μαλακίας γενήσοιτο καὶ οἴκοθεν ὡς ἄκοντες αὐτῷ ξυνῆλθον, αἰσθόμενος τὸν θροῦν καὶ οὐ βουλόμενος αὐτοὺς διὰ τὸ ἐν τῷ αὐτῷ καθημένους βαρύνεσθαι, ἀναλαβὼν ἦγεν. [3] καὶ ἐχρήσατο τῷ τρόπῳ ᾧπερ καὶ ἐς τὴν Πύλον εὐτυχήσας ἐπίστευσέ τι φρονεῖν: ἐς μάχην μὲν γὰρ οὐδὲ ἤλπισέν οἱ ἐπεξιέναι οὐδένα, κατὰ θέαν δὲ μᾶλλον ἔφη ἀναβαίνειν τοῦ χωρίου, καὶ τὴν μείζω παρασκευὴν περιέμενεν, οὐχ ὡς τῷ ἀσφαλεῖ, ἢν ἀναγκάζηται, περισχήσων, ἀλλ᾽ ὡς κύκλῳ περιστὰς βίᾳ αἱρήσων τὴν πόλιν. [4] ἐλθών τε καὶ καθίσας ἐπὶ λόφου καρτεροῦ πρὸ τῆς Ἀμφιπόλεως τὸν στρατὸν αὐτὸς ἐθεᾶτο τὸ λιμνῶδες τοῦ Στρυμόνος καὶ τὴν θέσιν τῆς πόλεως ἐπὶ τῇ Θρᾴκῃ ὡς ἔχοι. [5] ἀπιέναι τε ἐνόμιζεν, ὁπόταν βούληται, ἀμαχεί: καὶ γὰρ οὐδὲ ἐφαίνετο οὔτ᾽ ἐπὶ τοῦ τείχους οὐδεὶς οὔτε κατὰ πύλας ἐξῄει, κεκλῃμέναι τε ἦσαν πᾶσαι. ὥστε καὶ μηχανὰς ὅτι οὐκ ἀνῆλθεν ἔχων, ἁμαρτεῖν ἐδόκει: ἑλεῖν γὰρ ἂν τὴν πόλιν διὰ τὸ ἐρῆμον.
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Testo tradotto:
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7. Cleone si tenne fermo per qualche ora, ma poi di necessità si risolse a manovrare come Brasida s'attendeva. L'inattività spiaceva alle truppe, tra cui si cominciavano a sibilare malignità sulla tempra del proprio comandante: e sorgeva naturale alle labbra il confronto tra la perizia e l'ardimento che rifulgevano nel campo avverso e la goffa, imbelle replica che dal proprio vi si opponeva; e il ricordo di quanto fosse ripugnante uscire da Atene per mettersi agli ordini di costui. Il rumore giunse anche alle orecchie di Cleone, che volendo dissipare la noia accumulata nei suoi uomini per la lunga sosta nel medesimo punto tolse il campo e ordinò l'avanzata. Impiegò la tattica che gli aveva garantito un successo felice a Pilo, infondendogli fiducia nei suoi lumi di stratega. Saliva in direzione della città ma si diceva certo che nessuno sarebbe uscito in armi a contendergli il campo. Si trattava piuttosto di una ricognizione dei luoghi, per ingannare l'attesa di rinforzi più potenti: non in vista di inchiodare e schiacciare senza rischi il nemico, se fosse stato costretto a impegnarsi in un combattimento, ma per cingere la città e stroncarne a viva forza le difese. Giunto sul terreno fermò l'esercito su un rilievo fortificato di fronte ad Anfipoli e Cleone in persona si spinse a perlustrare come lo Strimone impaludava le zone prossime ad Anfipoli e come si presentasse la situazione della città verso la Tracia. Pensava che la ritirata gli fosse sempre aperta, a suo talento, senz'obbligo di battersi. Poiché nessuno si faceva vivo sugli spalti, né si notavano indizi di reazione alle porte, tutte sbarrate. Sicché ormai gli pareva una mossa falsa l'essersi fatto sotto senza la scorta degli ordigni d'assedio: osservava la città disarmata rammaricandosi che, in pochi colpi, avrebbe potuto esser sua.
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Testo in greco spiegato:
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[1] ὁ δὲ Κλέων τέως μὲν ἡσύχαζεν, ἔπειτα ἠναγκάσθη ποιῆσαι ὅπερ ὁ Βρασίδας προσεδέχετο.
CLEONE INTANTO RESTAVA TRANQUILLO (ὁ δὲ Κλέων τέως μὲν ἡσύχαζεν), POICHÉ ERA STATO COSTRETTO A FARE (ἔπειτα ἠναγκάσθη ποιῆσαι) CIÒ CHE BRASIDA ASPETTAVA/SI ASPETTAVA (ὅπερ ὁ Βρασίδας προσεδέχετο).
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[2] τῶν γὰρ στρατιωτῶν ἀχθομένων μὲν τῇ ἕδρᾳ, ἀναλογιζομένων δὲ τὴν ἐκείνου ἡγεμονίαν πρὸς οἵαν ἐμπειρίαν καὶ τόλμαν μετὰ οἵας ἀνεπιστημοσύνης καὶ μαλακίας γενήσοιτο καὶ οἴκοθεν ὡς ἄκοντες αὐτῷ ξυνῆλθον, αἰσθόμενος τὸν θροῦν καὶ οὐ βουλόμενος αὐτοὺς διὰ τὸ ἐν τῷ αὐτῷ καθημένους βαρύνεσθαι, ἀναλαβὼν ἦγεν.
I SOLDATI ESSENDO ANGUSTIATI DALLA POSIZIONE/POICHÉ I SOLDATI ERANO AFFLITI DALL’INAZIONE (τῶν γὰρ στρατιωτῶν ἀχθομένων μὲν τῇ ἕδρᾳ), E PONDERANDO IL SUO (=DI CLEONE) COMANDO CONTRO QUANTA/QUALE ESPERIENZA E CORAGGIO SAREBBE ANDATO/SI SAREBBE SCONTRATO (ἀναλογιζομένων δὲ τὴν ἐκείνου ἡγεμονίαν πρὸς οἵαν ἐμπειρίαν καὶ τόλμαν γενήσοιτο) CON QUALE IMPERIZIA E MOLLEZZA (μετὰ οἵας ἀνεπιστημοσύνης καὶ μαλακίας)//DAL MOMENTO CHE RAGIONAVANO SUL FATTO CHE IL COMANDO DI CLEONE, LA SUA IMPERIZIA E MOLLEZZA, SI SAREBBERO DOVUTI SCONTRARE CON IL VALORE E IL CORAGGIO DI UN TALE NEMICO (ἀναλογιζομένων δὲ τὴν ἐκείνου ἡγεμονίαν πρὸς οἵαν ἐμπειρίαν καὶ τόλμαν μετὰ οἵας ἀνεπιστημοσύνης καὶ μαλακίας γενήσοιτο), E (DAL MOMENTO CHE RAGIONAVANO CHE…) DA CASA NON VOLENDO (καὶ οἴκοθεν ὡς ἄκοντες) ERANO PARTITI CON QUELLO (=CLEONE) (αὐτῷ ξυνῆλθον), PERCEPENDO (CLEONE…) LO STREPITO/IL LAMENTO (SERPEGGIANTE…) (αἰσθόμενος τὸν θροῦν) E NON VOLENDO QUELLI ESSERE OPPRESSI (καὶ οὐ βουλόμενος αὐτοὺς βαρύνεσθαι) PER IL RIMANERE IN QUELLO/QUELLA SITUAZIONE (διὰ τὸ ἐν τῷ αὐτῷ καθημένους)//VOLENDO EVITARE CHE TRA QUELLI CRESCESSE IL MALCONTENTO RESTANDO IN TALE SITUAZIONE (καὶ οὐ βουλόμενος αὐτοὺς διὰ τὸ ἐν τῷ αὐτῷ καθημένους βαρύνεσθαι), COMANDÒ DI AVANZARE (ἀναλαβὼν ἦγεν).
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[3] καὶ ἐχρήσατο τῷ τρόπῳ ᾧπερ καὶ ἐς τὴν Πύλον εὐτυχήσας ἐπίστευσέ τι φρονεῖν: ἐς μάχην μὲν γὰρ οὐδὲ ἤλπισέν οἱ ἐπεξιέναι οὐδένα, κατὰ θέαν δὲ μᾶλλον ἔφη ἀναβαίνειν τοῦ χωρίου, καὶ τὴν μείζω παρασκευὴν περιέμενεν, οὐχ ὡς τῷ ἀσφαλεῖ, ἢν ἀναγκάζηται, περισχήσων, ἀλλ᾽ ὡς κύκλῳ περιστὰς βίᾳ αἱρήσων τὴν πόλιν.
E UTILIZZÒ IL MODO IN CUI/E SI COMPORTÒ COME QUANDO (καὶ ἐχρήσατο τῷ τρόπῳ ᾧπερ->περ è un semplice rafforzativo del pronome relativo ᾧ!), AVENDO AVUTO FORTUNA CONTRO PILO (ἐς τὴν Πύλον εὐτυχήσας), ANCHE (ALLORA…) CREDETTE DI AVER COMPRESO QUALCOSA/AVEVA CREDUTO CHE LA VITTORIA FOSSE DOVUTA AL UN SUO ACUME TATTICO (καὶ ἐπίστευσέ τι φρονεῖν); ALLA BATTAGLIA INFATTI (NEMMENO) SPERAVA (ἐς μάχην μὲν γὰρ οὐδὲ ἤλπισέν) CHE CONTRO QUELLO/DI LUI SAREBBE USCITO NESSUNO (οἱ ἐπεξιέναι οὐδένα; οἰ=αὐτῷ)//SPERAVA INFATTI CHE NESSUNO OSASSE SFIDARLO IN BATTAGLIA (ἐς μάχην μὲν γὰρ οὐδὲ ἤλπισέν οἱ ἐπεξιέναι οὐδένα), E UN MAGGIORE/ULTERIORE EQUIPAGGIAMENTO ATTENDEVA//ED ERA IN ATTESA DI RINFORZI (καὶ τὴν μείζω παρασκευὴν περιέμενεν), NON PER CIRCONDARE (IL NEMICO…) CON SICUREZZA (οὐχ ὡς τῷ ἀσφαλεῖ περισχήσων; περισχήσων: partic. futuro attivo di περι-έχω: sto attorno, circondo, nota che il partic. futuro indica volontà, intenzionalità; τῷ ἀσφαλεῖ: con sicurezza; ὡς in relazione al partic. indica soggettività della proposizione: credendo lui di…), QUALORA (VI…) FOSSE COSTRETTO/FOSSE STATO ATTACCATO (ἢν ἀναγκάζηται; ἢν= ἐάν= εἰ ἄν: “se” con sfumatura eventuale: “qualora”), MA PER PRENDERE LA CITTÀ CON LA FORZA (ἀλλ᾽ ὡς βίᾳ αἱρήσων τὴν πόλιν) STANOVI INTORNO CON UN CERCHIO/CIRCOLARMENTE (κύκλῳ περιστὰς).
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[4] ἐλθών τε καὶ καθίσας ἐπὶ λόφου καρτεροῦ πρὸ τῆς Ἀμφιπόλεως τὸν στρατὸν αὐτὸς ἐθεᾶτο τὸ λιμνῶδες τοῦ Στρυμόνος καὶ τὴν θέσιν τῆς πόλεως ἐπὶ τῇ Θρᾴκῃ ὡς ἔχοι.
ESSENDO GIUNTO E AVENDO POSTO SU UNA CRESTA SALDA/SU UN’ALTURA SICURA L’ESERCITO (ἐλθών τε καὶ καθίσας ἐπὶ λόφου καρτεροῦ πρὸ τῆς Ἀμφιπόλεως τὸν στρατὸν) EGLI STESSO CONTEMPLAVA IL PALUDOSO/LA NATURA PALUDOSA DELLO STRIMONE (αὐτὸς ἐθεᾶτο τὸ λιμνῶδες τοῦ Στρυμόνος; τὸ λιμνῶδες: aggettivo neutro sing.: “il paludoso”) E LA POSIZIONE DELLA CITTÀ SULLA TRACIA (καὶ τὴν θέσιν τῆς πόλεως ἐπὶ τῇ Θρᾴκῃ) COME (LA CITTÀ DI ANFIPOLI…) L’AVESSE (ὡς ἔχοι)//E LA POSIZIONE STRATEGICA DELLA CITTÀ NELLA REGIONE DELLA TRACIA (καὶ τὴν θέσιν τῆς πόλεως ἐπὶ τῇ Θρᾴκῃ ὡς ἔχοι).
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[5] ἀπιέναι τε ἐνόμιζεν, ὁπόταν βούληται, ἀμαχεί: καὶ γὰρ οὐδὲ ἐφαίνετο οὔτ᾽ ἐπὶ τοῦ τείχους οὐδεὶς οὔτε κατὰ πύλας ἐξῄει, κεκλῃμέναι τε ἦσαν πᾶσαι. ὥστε καὶ μηχανὰς ὅτι οὐκ ἀνῆλθεν ἔχων, ἁμαρτεῖν ἐδόκει: ἑλεῖν γὰρ ἂν τὴν πόλιν διὰ τὸ ἐρῆμον.
E DI FUGGIRE/DI POTER FUGGIRE RITENEVA (ἀπιέναι τε ἐνόμιζεν), QUALORA VOLESSE (ὁπόταν βούληται), SENZA DARE BATTAGLIA (ἀμαχεί->=avverbio); E INFATTI NÉ SI MOSTRAVA SUL MURO NESSUNO (καὶ γὰρ οὐδὲ ἐφαίνετο οὔτ᾽ ἐπὶ τοῦ τείχους οὐδεὶς) NÉ PRESSO LE PORTE USCIVA (NESSUNO…) (οὔτε κατὰ πύλας ἐξῄει), E ERANO CHIUSE TUTTE (LE PORTE…) (κεκλῃμέναι τε ἦσαν πᾶσαι; κεκλῃμέναι: partic. passivo perf. di κλείω: chiudo). TANTO CHE (ὥστε) POICHÉ NON ANDAVA CONTRO (IL NEMICO…)/ATTACCAVA (ὅτι οὐκ ἀνῆλθεν) PUR AVENDO ANCHE DELLE MACCHINE/DEI MEZZI (PER FARLO…) (καὶ μηχανὰς ἔχων), SEMBRAVA SBAGLIARE/APPARIVA (A TUTTI, A LUI…?) CHE COSÌ SBAGLAVA (ἁμαρτεῖν ἐδόκει); (APPARIVA CHIARO…) INFATTI CHE AVREBBE POTUTO PRENDERE LA CITTÀ (ἑλεῖν γὰρ ἂν τὴν πόλιν; ἑλεῖν ἂν: è un’infinitiva con valore eventuale retta da ἐδόκει: sembrava) PER LA SOLITUDINE/IN QUANTO ABBANDONATA E PRIVA DI DIFESE (διὰ τὸ ἐρῆμον; τὸ ἐρῆμον: aggettivo sostantivato: “il solitario”, ovvero “la solitarietà”).
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