DESCRIZIONE DELLO SPARTANO AGESILAO E DELLA SUA MORTE
Cornelio Nepote - Vite degli uomini illustri; Vita di Agesilao (par. 8)
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Il commovente ritratto che, proprio alla fine della sua biografia, Cornelio Nepote fece di Agesilao, un celebre generale spartano, famoso per la sua probità – tipicamente spartana.
Agesilao viene da lui descritto come un uomo estremamente semplice e dall’aspetto perfino meschino (…basso, gracile e claudicante, e mal vestito), ma che al tempo stesso ha in sé la più grande e importante delle qualità umane: la virtù.
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TESTO LATINO:
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[8] 1. Atque hic tantus vir ut naturam fautricem habuerat in tribuendis animi virtutibus, sic maleficam nactus est in corpore fingendo. Nam et statura fuit humili et corpore exiguo et claudus altero pede. Quae res etiam nonnullam afferebat deformitatem, atque ignoti, faciem eins cum intuerentur, contemnebant; qui autem virtutes noverant, non poterant admirari satis. 2. Quod ei usu venit, cum annorum LXXX subsidio Tacho in Aegyptum isset et in acta cum suis accubuisset sine ullo tecto stratumque haberet tale, ut terra tecta esset stramentis neque huc amplius quam pellis esset iniecta, eodemque comites omnes accubuissent, vestitu humili atque obsoleto, ut eorum ornatus non modo in his regem neminem significaret, sed homines non beatissimos esse suspicionem praeberet. 3. Huius de adventu fama cum ad regios esset perlata, celeriter munera eo cuiusque generis sunt allata. His quaerentibus Agesilaum vix fides facta est unum esse ex iis, qui tum accubabant. 4. Qui cum regis verbis, quae attulerant, dedissent, ille praeter vitulinam et eiusmodi genera obsonii, quae praesens tempus desiderabat, nihil accepit; unguenta, coronas secundamque mensam servis dispertiit, cetera referri iussit. 5. Quo facto eum barbari magis etiam contempserunt, quod eum ignorantia bonarum rerum illa potissimum sumpsisse arbitrabantur. 6.Hic cum ex Aegypto reverteretur, donatus a rege Nectanabide ducentis viginti talentis, quae ille muneri populo suo daret venissetque in portum, qui Menelai vocatur, iacens inter Cyrenas et Aegyptum, in morbum implicitus decessit. 7. Ibi eum amici, quo Spartam facilius perferre possent, quod mel non habebant, cera circumfuderunt atque ita domum rettulerunt.
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TRADUZIONE LIBERA:
1 E quest'uomo tanto grande, come aveva avuto generosa la natura nella elargizione delle virtù morali, così la sperimentò maligna nelle complessione del corpo: fu di bassa statura ed esile di corpo e zoppo. Questo difetto gli dava anche una certa deformità e quelli che non lo conoscevano, quando guardavano le sue fattezze, lo disprezzavano; ma quelli che conoscevano le sue virtù, non sapevano ammirarlo abbastanza.
2 Fu quello che gli capitò quando all'età di ottant'anni si recò in Egitto in aiuto a Tacho: si era sdraiato con i suoi sulla spiaggia senza alcuna tenda e avendo per giaciglio della paglia stesa sulla nuda terra con sopra nient'altro che una pelle; sullo stesso giaciglio s'erano sdraiati anche tutti i suoi compagni con un vestito rozzo e vecchio, tanto che il loro abbigliamento non solo non indicava tra loro nessun re ma lasciava intendere che si trattasse di uomini tutt'altro che ricchi.
3 Giunta la notizia del suo arrivo ai messi del re, prontamente furono recati lì doni di ogni genere. Questi cercavano Agesilao ma a stento riuscirono a convincerli che era uno di quelli che allora riposavano distesi.
4 Essi consegnarono a nome del re, quello che avevano portato, ma lui, a parte la carne di vitello e cibi di tal genere, di cui aveva bisogno nelle presenti circostanze, non accettò nulla; gli unguenti, le corone e le seconde portate le distribuì agli schiavi, tutto il resto lo fece riportare indietro.
5 Per questo comportamento, i barbari lo disprezzarono ancora di più, perché ritenevano che egli avesse preferito quei cibi, ignorando le vivande raffinate.
6 Aveva ricevuto in compenso dal re Nectanabide duecentoventi talenti per farne dono al suo popolo, ma nel suo viaggio di ritorno dall'Egitto, arrivato al porto che è detto di Menelao, situato tra Cirene e l'Egitto, cadde malato e mori.
7 Lì gli amici, perché lo potessero trasportare più facilmente a Sparta, dato che non avevano il miele, lo spalmarono tutto di cera e così lo riportarono in patria
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Testo con traduzione e note:
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[8] Atque hic tantus vir ut naturam fautricem habuerat in tribuendis animi virtutibus, sic maleficam nactus est in corpore fingendo.
E quest’uomo tanto grande(tantus) come (ut…) aveva avuto una Natura favorevole (fautrix) nell’attribuzione delle virtù dell’animo (=in tribuendis animi virtutibus: letter., nelle virtù dell’animo da attribuire), così (…sic) (la…) incontrò/ebbe(nactus: perf. da nanciscor, eris, nactus, nancisci: incontro) maligna nel plasmarne il corpo (=in corpore fingendo: letter., nel corpo da plasmare).
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Nam et statura fuit humili et corpore exiguo et claudus altero pede.
Infatti e fu di statura umile e di corpo gracile e claudicante da un (altero; da alter: aggett. che significa “uno dei due”) piede.
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Quae res etiam nonnullam afferebat deformitatem, atque ignoti, faciem eius cum intuerentur, contemnebant; qui autem virtutes noverant, non poterant admirari satis.
La quale cosa(Quae res) (gli…) conferiva una qualche/piccolo (nonnullam) deformità, e coloro che non lo conoscevano (ignoti), vedendo la sua figura, non (gli…) davano peso (contemnebant); coloro che però (qui autem) avevan conosciuto (noverant: piuccheperf. ind. da nosco,is, novi, notum, ere: conoscere) le (sue…) virtù, non potevano ammirar(le) a sufficienza.
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2 Quod ei usu venit, cum annorum LXXX subsidio Tacho in Aegyptum isset et in acta cum suis accubuisset sine ullo tecto stratumque haberet tale, ut terra tecta esset stramentis neque huc amplius quam pellis esset iniecta, eodemque comites omnes accubuissent, vestitu humili atque obsoleto, ut eorum ornatus non modo in his regem neminem significaret, sed homines non beatissimos esse suspicionem praeberet.
La quale cosa (Quod) gli avvenne (=ei usu venit: letter., a lui venne all’uso: ovverò lo sperimentò, ne fece esperienza), quando a ottant’anni (=annorum LXXX) era andato (cum + cong.; isset: piuccheperf. cong. di eo,is, ivi/ii, itum, ire: andare) in Egitto in aiuto (subsidio) a Taco (Tacho: da Tachus,i), e nell’azione/nell’impresa militare (=in acta) quando con i suoi (uomini…) si era sdraiato(accubuisset: piuccheperf. cong. di accumbo,is, cubui, cubitum, ere: mettersi sdraiato) senza alcun (ullo) riparo sulla testa (tecto) e aveva una coperta/un pavimento tale che (ut + cong.: propos. consecutiva) la terra con della paglia era la sua abitazione, né lì/in quel luogo (huc) (essa era…) coperta (inecta: part. perf. da inicio,is, ieci, iectum, ere: gettare) meglio che (=amplius quam: letter., più ampiamente che) con delle pelli, (e…) tutti i compagni nello stesso luogo si erano sdraiati, con un vestito umile e vecchio, tanto che (ut + cong. ha anche qui un valore consecutivo: spiega cioè la conseguenza di quel che si è detto prima), equipaggiato in quel modo (eorum: letter., di quelle cose), non solo dava ad intendere tra loro (in his) nessun re (+ esse, sottint.: esservi…), ma che suscitava il sospetto (suspicionem praeberet) che fossero uomini non privilegiati/nobili/importanti.
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3 Huius de adventu fama cum ad regios esset perlata, celeriter munera eo cuiusque generis sunt allata.
Quando fu giunta ai sovrano la fama dell’arrivo di costui (Huius de adventu), velocemente a lui vennero mandati (sunt allata=sunt adlata: perf. passivo da adfero/affero, fers, tuli, latum, ferre: mando) regali di ogni genere (cuiusque generis).
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His quaerentibus Agesilaum vix fides facta est unum esse ex iis, qui tum accubabant.
Quelli che cercavano Agesilao a mala pena (vix) credevano che (=His quaerentibus Agesilaum fides vix facta est: letter., Ai cercanti Agesilao a stento era fatta la fede che…) fosse uno di quelli, che lì (tum) si erano sdraiati.
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4 Qui cum regis verbis, quae attulerant, dedissent, ille praeter vitulinam et eiusmodi genera obsonii, quae praesens tempus desiderabat, nihil accepit; unguenta, coronas secundamque mensam servis dispertiit, cetera referri iussit.
Avendo portato (cum dedissent) quelli/costoro (=Qui: letter., i quali, riferito al soggetto della frase precedente) assieme ai messaggi dei re (cum regis verbis) (altre…) cose che (=quae: relativa che sottintende “ea”; quindi “le cose che”) avevano portato (attulerant: piuccheperf. indic. di adfero…) (per lui…), egli nulla accettò (nihil accepit) oltre a (praeter) la carne di vitello e generi di cibo di questo tipo (genera obsonii eiusmodi) che il momento di allora (=praesens: “presente”, ma tale rispetto al tempo della vicenda) richiedeva; gli unguenti, le corone e il pasto aggiuntivo (secondam mensam) distribuì(dispertiit: perf. ind. da dispertio,is, ivi/ii, itum, ire: dividere, spartire tra) tra i servi, le cose rimanenti ordinò di ramandar(le).
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5 Quo facto eum barbari magis etiam contempserunt, quod eum ignorantia bonarum rerum illa potissimum sumpsisse arbitrabantur.
Per il qual fatto (Quo facto) ancor più i barbari lo sminuirono, poiché ritenevano che lui avesse assunto (sumpsisse: inf. passato da sumo,is, sumpsi, sumptum, ere: assumere) soprattutto(potissimum) quelle cose (cioè, quei cibi…) per ignoranza delle cose raffinate (bonarum rerum).
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6 Hic cum ex Aegypto reverteretur, donatus a rege Nectanabide ducentis viginti talentis, quae ille muneri populo suo daret venissetque in portum, qui Menelai vocatur, iacens inter Cyrenas et Aegyptum, in morbum implicitus decessit.
Quando questi (Hic) ritornava dall’Egitto, dopo aver ricevuto in dono (=donatus) dal re Nectanabide duecentoventi talenti(ducentis viginti talentis), i quali egli voleva dare (=daret: imperf. cong., esprimente una volontà) in dono al suo popolo, e (+ cum, sottint.; quando…) fu giunto (venisset) al porto, che di Menelao è detto (=Menelai vocatur), ammalandosi (iacens: part. pres. da iace,es, iacui, iaciturus, ere: giacere; essere abbattuto, ammalato) tra Cirene e l’Egitto, essendo stato colpito da un male (in morbum implicitus: lett., in un morbo avvolto; implicitus: part. perf. da implico,as, avi, atus, are: avvolgo) morì.
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7 Ibi eum amici, quo Spartam facilius perferre possent, quod mel non habebant, cera circumfuderunt atque ita domum rettulerunt.
Lì (ovvero, sulla nave…) gli amici, affinché(=quo: preposizione che può significare, tra l’altro, anche “affinché”, specie in presenza di un comparativo) più facilmente potessero portar(lo) a Sparta(perferre Spartam), poiché non avevano miele, con la cera lo ricoprirono e così (lo…) riportarono (rettulerunt: perf. indic. da refero, fers, tuli, latum, ferre: ri-porto) a casa (domum).
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