(Erodoto, Storie: II; 120)
[1] ταῦτα μὲν Αἰγυπτίων οἱ ἱρέες ἔλεγον: ἐγὼ δὲ τῷ λόγῳ τῷ περὶ Ἑλένης λεχθέντι καὶ αὐτὸς προστίθεμαι, τάδε ἐπιλεγόμενος, εἰ ἦν Ἑλένη ἐν Ἰλίῳ, ἀποδοθῆναι ἂν αὐτὴν τοῖσι Ἕλλησι ἤτοι ἑκόντος γε ἢ ἀέκοντος Ἀλεξάνδρου. [2] οὐ γὰρ δὴ οὕτω γε φρενοβλαβὴς ἦν ὁ Πρίαμος οὐδὲ οἱ ἄλλοι οἱ προσήκοντες αὐτῷ, ὥστε τοῖσι σφετέροισι σώμασι καὶ τοῖσι τέκνοισι καὶ τῇ πόλι κινδυνεύειν ἐβούλοντο, ὅκως Ἀλέξανδρος Ἑλένῃ συνοικέῃ. [3] εἰ δέ τοι καὶ ἐν τοῖσι πρώτοισι χρόνοισι ταῦτα ἐγίνωσκον, ἐπεὶ πολλοὶ μὲν τῶν ἄλλων Τρώων, ὁκότε συμμίσγοιεν τοῖσι Ἕλλησι, ἀπώλλυντο, αὐτοῦ δὲ Πριάμου οὐκ ἔστι ὅτε οὐ δύο ἢ τρεῖς ἢ καὶ ἔτι πλέους τῶν παίδων μάχης γινομένης ἀπέθνησκον, εἰ χρή τι τοῖσι ἐποποιοῖσι χρεώμενον λέγειν, τούτων δὲ τοιούτων συμβαινόντων ἐγὼ μὲν ἔλπομαι, εἰ καὶ αὐτὸς Πρίαμος συνοίκεε Ἑλένῃ, ἀποδοῦναι ἂν αὐτὴν τοῖσι Ἀχαιοῖσι, μέλλοντά γε δὴ τῶν παρεόντων κακῶν ἀπαλλαγήσεσθαι. [4] οὐ μὲν οὐδὲ ἡ βασιληίη ἐς Ἀλέξανδρον περιήιε, ὥστε γέροντος Πριάμου ἐόντος ἐπ᾽ ἐκείνῳ τὰ πρήγματα εἶναι, ἀλλὰ Ἕκτωρ καὶ πρεσβύτερος καὶ ἀνὴρ ἐκείνου μᾶλλον ἐὼν ἔμελλε αὐτὴν Πριάμου ἀποθανόντος παραλάμψεσθαι, τὸν οὐ προσῆκε ἀδικέοντι τῷ ἀδελφεῷ ἐπιτρέπειν, καὶ ταῦτα μεγάλων κακῶν δι᾽ αὐτὸν συμβαινόντων ἰδίῃ τε αὐτῷ καὶ τοῖσι ἄλλοισι πᾶσι Τρωσί. [5] ἀλλ᾽ οὐ γὰρ εἶχον Ἑλένην ἀποδοῦναι, οὐδὲ λέγουσι αὐτοῖσι τὴν ἀληθείην ἐπίστευον οἱ Ἕλληνες, ὡς μὲν ἐγὼ γνώμην ἀποφαίνομαι, τοῦ δαιμονίου παρασκευάζοντος, ὅκως πανωλεθρίῃ ἀπολόμενοι καταφανὲς τοῦτο τοῖσι ἀνθρώποισι ποιήσωσι, ὡς τῶν μεγάλων ἀδικημάτων μεγάλαι εἰσὶ καὶ αἱ τιμωρίαι παρὰ τῶν θεῶν. καὶ ταῦτα μὲν τῇ ἐμοὶ δοκέει εἴρηται.
Testo online:
http://www.perseus.tufts.edu/hopper/text?doc=Hdt.+2.120.1&fromdoc=Perseus%3Atext%3A1999.01.0125
Introduzione:
Erodoto (Alicarnasso, 484 a.C. – Thurii, dopo il 430 a.C.) è considerato il primo vero storico del mondo occidentale. Tuttavia per lui, il termine ἱστορία non significava semplicemente “storia” o “indagine storica”, come noi tenderemmo a credere, bensì più in generale “ricerca”: ovvero l’attività di accertamento di notizie e informazioni ricevute dalle tradizioni, dai testi o da altre persone. Anche Erodoto, come i primi filosofi, è quindi espressione di quella temperie critica e razionalistica che si andava progressivamente affermando nel mondo greco arcaico e, ancor più, in quello classico.
Nel II libro delle “Storie”, nei paragrafi dal 113 al 120, egli si occupa di una questione molto spinosa: la Guerra di Troia. Basandosi sulla testimonianza di alcuni sacerdoti egizi con cui ha avuto modo di confrontarsi nel corso dei suoi viaggi, egli prende in considerazione la possibilità che Elena, dopo essere stata rapita da Paride (o Alessandro), non fosse in realtà mai giunta a Troia, in quanto gli Egizi (presso cui i Troiani erano sbarcati nel viaggio di ritorno), informati da alcuni degli uomini del seguito del comportamento scorretto di Paride, l’avevano presa in custodia con la forza in attesa di riconsegnarla a Menelao.
Le vicende narrate da Omero quindi, non corrisponderebbero alla realtà, poiché Elena venne “recuperata” dallo stesso Menelao (assieme ai suoi tesori) solo nel viaggio di ritorno verso casa, durante uno scalo in Egitto, quando ormai l’esercito greco aveva sconfitto i Troiani ed espugnato la città.
(“I Troiani tennero allora lo stesso discorso che fecero in seguito (...), che essi non avevano tra loro né Elena né le pretese ricchezze: tutte queste si trovavano in Egitto (…).
Tuttavia i Greci, convinti che volessero prendersi gioco di loro, strinsero d’assedio la città, finché la presero.
Siccome però, anche dopo averla presa, Elena non compariva e sentivano ripetersi lo stesso discorso di prima, finalmente lasciatisi persuadere, i Greci mandarono Menelao stesso alla reggia di Proteo (il re egizio che aveva preso in consegna Elena, n.d.r.).” (II; 118))
Questa lunga disamina critica, di cui però qui avanti si riporta solo l’ultimo paragrafo, in cui Erodoto riassume le proprie conclusioni, oltre che avvincente (e in certo senso meravigliosa e divertente…) è anche sintomatica dell’audacia dello scrittore di Alicarnasso, che con essa osò mettere in discussione e sconfessare la testimonianza di Omero, fondatore della letteratura nonché principale colonna portante della cultura greca.
PS: Erodoto scrive in dialetto ionico, non attico, quindi nelle note alla traduzione vi sono qua e là chiarimenti sui termini. Non tutte le espressioni ioniche però, sono state da me chiarite e ricondotte in nota ai loro corrispettivi attici, ma solo quelle che mi sono sembrate più difficili da riconoscere.
Per le altre confido nell'intuito del lettore! In alternativa si può cliccare sul singolo termine greco, aprendo la pagina indicata alla fine del testo in greco (vedi sopra), che è parte del sito www.perseus.tufts.edu.
Traduzione da libro:
120
1) Questo mi narrarono i sacerdoti egiziani; quanto a me sono d'accordo sulle notizie relative a Elena, sulla base di alcune considerazioni: se Elena si fosse trovata a Ilio l'avrebbero certamente riconsegnata ai Greci con o senza il consenso di Alessandro. 2) Senza dubbio Priamo e gli altri suoi parenti non sarebbero stati così dementi da voler rischiare la propria esistenza e quella dei loro figli nonché la sopravvivenza dell'intera città, solo perché Alessandro potesse starsene con Elena. 3) E anche ammesso che nei primi tempi la pensassero così, dopo che negli scontri con i Greci erano caduti molti Troiani e non c'era battaglia in cui non morissero almeno due o tre figli dello stesso Priamo, o magari anche di più, a basarsi sul racconto dei poemi epici, io voglio credere che, in circostanze del genere, anche se fosse stato lui in persona a vivere con Elena, Priamo l'avrebbe restituita pur di liberarsi di tutte le sventure che lo affliggevano. 4) Né il regno era destinato a passare nelle mani di Alessandro; se Priamo era vecchio non toccava lo stesso a lui governare il paese: dopo la morte di Priamo il successore designato era Ettore, più anziano e più valoroso di Paride: e a lui non si addiceva certo rimettersi alle decisioni del fratello, che era nel torto; e tanto più quando, a causa sua, grandissime disgrazie stavano cadendo su di lui personalmente e su tutti gli altri Troiani. 5) In realtà essi non erano in condizione di restituire Elena e i Greci non credevano ai Troiani benché dicessero la verità; anche perché, e questa è una mia interpretazione, così il dio aveva disposto le cose: che perendo tutti miseramente dimostrassero al mondo come a colpe grandi rispondano grandi castighi da parte degli dei. Questa almeno è la mia opinione.
Da http://ilcrepuscolo.altervista.org/php5/index.php?title=Biblioteca:Erodoto%2C_Le_Storie%2C_Libro_II
TRADUZIONE E COMMENTO:
[1] ταῦτα μὲν Αἰγυπτίων οἱ ἱρέες ἔλεγον: ἐγὼ δὲ τῷ λόγῳ τῷ περὶ Ἑλένης λεχθέντι καὶ αὐτὸς προστίθεμαι, τάδε ἐπιλεγόμενος, εἰ ἦν Ἑλένη ἐν Ἰλίῳ, ἀποδοθῆναι ἂν αὐτὴν τοῖσι Ἕλλησι ἤτοι ἑκόντος γε ἢ ἀέκοντος Ἀλεξάνδρου.
Queste cose mi dissero i sacerdoti (ἱρέες) egizi; io riporto il discorso (da essi...) fatto sui Greci, aggiungendo questa cosa: che se Elena era in Ilio, di certo, sarebbe stata data ai Greci, volente o non volente Alessandro.
[2] οὐ γὰρ δὴ οὕτω γε φρενοβλαβὴς ἦν ὁ Πρίαμος οὐδὲ οἱ ἄλλοι οἱ προσήκοντες αὐτῷ, ὥστε τοῖσι σφετέροισι σώμασι καὶ τοῖσι τέκνοισι καὶ τῇ πόλι κινδυνεύειν ἐβούλοντο, ὅκως Ἀλέξανδρος Ἑλένῃ συνοικέῃ.
Infatti non così stupido (φρενοβλαβὴς) era Priamo, né i suoi congiunti, da voler (οὕτω... ὥστε ἐβούλοντο: consecutiva) mettere in pericolo se stessi (σφετέροισι=σφετέροις... letter.: i propri corpi) e i propri figli e la città, coabitando (ὅκως=ὅπως: poiché... συνοικέῃ) con Elena moglie di Alessandro.
[3] εἰ δέ τοι καὶ ἐν τοῖσι πρώτοισι χρόνοισι ταῦτα ἐγίνωσκον, ἐπεὶ πολλοὶ μὲν τῶν ἄλλων Τρώων, ὁκότε συμμίσγοιεν τοῖσι Ἕλλησι, ἀπώλλυντο, αὐτοῦ δὲ Πριάμου οὐκ ἔστι ὅτε οὐ δύο ἢ τρεῖς ἢ καὶ ἔτι πλέους τῶν παίδων μάχης γινομένης ἀπέθνησκον, εἰ χρή τι τοῖσι ἐποποιοῖσι χρεώμενον λέγειν, τούτων δὲ τοιούτων συμβαινόντων ἐγὼ μὲν ἔλπομαι, εἰ καὶ αὐτὸς Πρίαμος συνοίκεε Ἑλένῃ, ἀποδοῦναι ἂν αὐτὴν τοῖσι Ἀχαιοῖσι, μέλλοντά γε δὴ τῶν παρεόντων κακῶν ἀπαλλαγήσεσθαι.
Se anche nei primi tempi credevano a queste cose, dopo che da una parte (μὲν) molti dei Troiani (degli altri Troiani, lett.), qualora si scontrassero coi Greci, venivano annientati, e dall'altra (δὲ) non vi era volta che (οὐκ ἔστι ὅτε: letter., non esiste il fatto che) non morivano due tre o anche più (πλέους: nom. plur. da πλείων: maggiore; forma contratta per πλέονες) dei figli dello stesso Priamo, se dobbiamo riportare ciò che è detto (χρεώμενον=χραόμενος; χρώμενος; da χράομαι: proferisco) dai poeti epici (τοῖσι ἐποποιοῖσι), dal momento che questi incontravano un tale trattamento (τοιούτων: tali cose), io penso (ἔλπομαι) che, anche se lo stesso Priamo fosse stato marito (συνοίκεε: imperf. ionico di συνοικέω) di Elena, ella sarebbe stata data ai Greci, in modo da liberare (μέλλοντά ἀπαλλαγήσεσθαι: letter., "stante ella per liberare"; μάλλω + infinito futuro!; ἀπαλλαγήσεσθαι=infinito medio futuro da ἀπαλλάσσω: allontano) (i Troiani, sott.) dai mali presenti.
[4] οὐ μὲν οὐδὲ ἡ βασιληίη ἐς Ἀλέξανδρον περιήιε, ὥστε γέροντος Πριάμου ἐόντος ἐπ᾽ ἐκείνῳ τὰ πρήγματα εἶναι, ἀλλὰ Ἕκτωρ καὶ πρεσβύτερος καὶ ἀνὴρ ἐκείνου μᾶλλον ἐὼν ἔμελλε αὐτὴν Πριάμου ἀποθανόντος παραλάμψεσθαι, τὸν οὐ προσῆκε ἀδικέοντι τῷ ἀδελφεῷ ἐπιτρέπειν, καὶ ταῦτα μεγάλων κακῶν δι᾽ αὐτὸν συμβαινόντων ἰδίῃ τε αὐτῷ καὶ τοῖσι ἄλλοισι πᾶσι Τρωσί.
Nemmeno di certo (οὐ μὲν οὐδὲ) la sovranità (βασιληίη=βασίλεια) andava ad Alessandro (=Paride), in modo da (ὥστε) far passare (εἶναι=essere) tutte le questioni su quello, dal momento che Priamo era vecchio (γέροντος Πριάμου ἐόντος), ma Ettore e più anziano e più uomo di quello (μᾶλλον ἀνὴρ ἐκείνου) stava per riceverla (αὐτὴν: essa) da Priamo, dopo che questi fosse morto (Πριάμου ἀποθανόντος: lett., Priamo essendo morto), e non conveniva (προσῆκε: forma impersonale di προσήκω: essere opportuno; 3^ sing. imperfetto) che quello (τὸν: soggetto dell'infinitiva, riferito a Ettore) trasmettesse (la sovranità) all'ingiusto fratello (ἀδικέοντι τῷ ἀδελφεῷ), e i grandi mali che questi portava con sé (ταῦτα μεγάλων κακῶν δι᾽ αὐτὸν συμβαινόντων: queste cose dei grandi mali che si accompagnavano a quello->Paride) (regalasse, sott.) e a se stesso (ἰδίῃ τε αὐτῷ; ἰδίῃ=forma irregolare di ἴδιος: privato, proprio) e a tutti gli altri Troiani.
[5] ἀλλ᾽ οὐ γὰρ εἶχον Ἑλένην ἀποδοῦναι, οὐδὲ λέγουσι αὐτοῖσι τὴν ἀληθείην ἐπίστευον οἱ Ἕλληνες, ὡς μὲν ἐγὼ γνώμην ἀποφαίνομαι, τοῦ δαιμονίου παρασκευάζοντος, ὅκως πανωλεθρίῃ ἀπολόμενοι καταφανὲς τοῦτο τοῖσι ἀνθρώποισι ποιήσωσι, ὡς τῶν μεγάλων ἀδικημάτων μεγάλαι εἰσὶ καὶ αἱ τιμωρίαι παρὰ τῶν θεῶν. καὶ ταῦτα μὲν τῇ ἐμοὶ δοκέει εἴρηται.
Ma non potevano (εἶχον: avevano la possibilità di...) ridare Elena, né i Greci credevano (letter., credevano la verità: ἐπίστευον τὴν ἀληθείην) a loro che (a essi ciò, sott.) dicevano, come sto mostrando (γνώμην ἀποφαίνομαι: mostro la conclusione/il giudizio), poiché gli dei disponevano (in tal modo gli eventi, sott.) (τοῦ δαιμονίου παρασκευάζοντος, gen. assol.: il divino disponendo), affinché (ὅκως=ὅπως) distruggendo(li) completamente (πανωλεθρίῃ->con piena distruzione ἀπολόμενοι->partic. medio aoristo nom. plur. da ἀπόλλυμι: distruggo) rendessero chiaro questo agli uomini, che grandi da parte degli dei sono i soccorsi contro le grandi ingiustizie. E queste cose qui (τῇ: articolo femm. dat. sing., con valore avverbiale) ho scritto (εἴρηται: 3^ sing. ind. medio/pass. perfetto da λέγω) (le quali, sott.) a me appaiono vere (δοκέει=δοκεῖ).
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