Marco Aurelio fu un imperatore romano del II secolo d.C.: momento culminante (ma per certi versi anche inizio del declino) della storia dell’impero da un punto di vista politico, economico e militare.
Come la maggior parte degli imperatori della sua dinastia, quella degli Antonini, anche Marco Aurelio aderì alla filosofia stoica, dalla quale traeva forza e equilibrio interiore.
Nel celebre libro “A se stesso”, egli si rivolge appunto a se stesso, ricordandosi i precetti del buon vivere secondo la visione stoica del mondo. In questo brano emergono chiari i punti salienti di tale visione: ritirati in te stesso; non confidare nel successo e nell’adulazione altrui; ricordati che sei una minuscola e passeggera parte di un Tutto alla cui volontà è impossibile e inutile opporsi; trova la tua pace nella consapevolezza della tua piccolezza; conserva un atteggiamento razionale (cioè non farti trascinare dalle passioni) di fronte alle vicissitudini della vita. Tutte idee che ritroviamo, molto simili, in due altri autori stoici d’epoca romana: Seneca ed Epitteto. (E che hanno inoltre molte somiglianze col concetto buddista dell’illuminazione: il cosiddetto nirvana o nibbana…)
Colpisce, verso la fine del brano, una frase: “le cose esteriori non giungono mai a toccare l’animo, ma restano sempre immobili al di fuori, ogni turbamento dipende dalla nostra opinione interiore (πράγματα οὐχ ἅπτεται τῆς ψυχῆς, ἀλλ᾽ ἔξω ἕστηκεν ἀτρεμοῦντα, αἱ δὲ ὀχλήσεις ἐκ μόνης τῆς ἔνδον ὑπολήψεως)”, per la sua somiglianza con alcune affermazioni che troviamo in Epitteto, il quale proprio all’inizio del suo “Manuale” (e più volte in seguito) distingueva le cose che dipendono da noi (τὰ ἐφ᾽ ἡμῖν), ovvero appunto le nostre opinioni, da quelle che non dipendono da noi, e consigliava colui che voglia vivere bene di occuparsi delle prime ma non delle seconde.
L’”A se stesso”, una sorta di diario personale, fu probabilmente scritto in massima parte nella tenda da campo dell’imperatore, nelle notti gelide del Nord, mentre questi era impegnato nelle guerre contro le popolazioni barbariche dei Quadi e dei Marcomanni, le prime che riuscirono a tenere in scacco l’enorme macchina bellica dell’impero, determinando nel suo sistema di difesa una crepa che col tempo si sarebbe costantemente allargata…
TESTO GRECO:
[4.3.1] Ἀναχωρήσεις αὑτοῖς ζητοῦσιν ἀγροικίας καὶ αἰγιαλοὺς καὶ ὄρη, εἴωθας δὲ καὶ σὺ τὰ τοιαῦτα μάλιστα ποθεῖν. ὅλον δὲ τοῦτο ἰδιωτικώτατόν ἐστιν ἐξόν, ἧς ἂν ὥρας ἐθελήσῃς, ἰδιωτικώτατόν ἐστιν, ἐξόν, ἧς ἂν ὥρας ἐθελήσῃς, εἰς ἑαυτὸν ἀναχωρεῖν. οὐδαμοῦ γὰρ οὔτε ἡσυχιώτερον οὔτε ἀπραγμονέστερον ἄνθρωπος ἀναχωρεῖ ἢ εἰς τὴν ἑαυτοῦ ψυχήν, μάλισθ᾽ ὅστις ἔχει ἔνδον τοιαῦτα, εἰς ἃ ἐγκύψας ἐν πάσῃ εὐμαρείᾳ εὐθὺς γίνεται: τὴν δὲ εὐμάρειαν οὐδὲν ἄλλο λέγω ἢ εὐκοσμίαν. συνεχῶς οὖν δίδου σεαυτῷ ταύτην τὴν ἀναχώρησιν καὶ ἀνανέου σεαυτόν: βραχέα δὲ ἔστω καὶ στοιχειώδη ἃ εὐθὺς ἀπαντήσαντα ἀρκέσει εἰς τὸ πᾶσαν λύπην ἀποκλύσαι καὶ ἀποπέμψαι σε μὴ δυσχεραίνοντα ἐκείνοις ἐφ᾽ [2] ἃ ἐπανέρχῃ. τίνι γὰρ δυσχερανεῖς; τῇ τῶν ἀνθρώπων κακίᾳ; ἀναλογισάμενος τὸ κρῖμα, ὅτι τὰ λογικὰ ζῷα ἀλλήλων ἕνεκεν γέγονε καὶ ὅτι τὸ ἀνέχεσθαι μέρος τῆς δικαιοσύνης καὶ ὅτι ἄκοντες ἁμαρτάνουσι καὶ πόσοι ἤδη διεχθρεύσαντες, ὑποπτεύσαντες, μισήσαντες, διαδορατισθέντες ἐκτέτανται, τετέφρωνται, παύου ποτέ. ἀλλὰ καὶ τοῖς ἐκ τῶν ὅλων ἀπονεμομένοις δυσχερανεῖς; ἀνανεωσάμενος τὸ διεζευγμένον τό: ἤτοι πρόνοια ἢ ἄτομοι, καὶ ἐξ ὅσων ἀπεδείχθη ὅτι ὁ κόσμος ὡσανεὶ πόλις. ἀλλὰ τὰ σωματικά σου ἅψεται ἔτι; ἐννοήσας ὅτι οὐκ ἐπιμίγνυται λείως ἢ τραχέως κινουμένῳ πνεύματι ἡ διάνοια, ἐπειδὰν ἅπαξ ἑαυτὴν ἀπολάβῃ καὶ γνωρίσῃ τὴν ἰδίαν ἐξουσίαν, καὶ λοιπὸν ὅσα περὶ πόνου καὶ ἡδονῆς ἀκήκοας καὶ συγκατέθου. [3] ἀλλὰ τὸ δοξάριόν σε περισπάσει; ἀπιδὼν εἰς τὸ τάχος τῆς πάντων λήθης καὶ τὸ χάος τοῦ ἐφ᾽ ἑκάτερα ἀπείρου αἰῶνος καὶ τὸ κενὸν τῆς ἀπηχήσεως καὶ τὸ εὐμετάβολον καὶ ἄκριτον τῶν εὐφημεῖν δοκούντων καὶ τὸ στενὸν τοῦ τόπου, ἐν ᾧ περιγράφεται: ὅλη τε γὰρ ἡ γῆ στιγμὴ καὶ ταύτης πόστον γωνίδιον ἡ κατοίκησις αὕτη; καὶ ἐνταῦθα πόσοι καὶ οἷοί τινες οἱ ἐπαινεσόμενοι; [4] λοιπὸν οὖν μέμνησο τῆς ὑποχωρήσεως τῆς εἰς τοῦτο τὸ ἀγρίδιον ἑαυτοῦ καὶ πρὸ παντὸς μὴ σπῶ μηδὲ κατεντείνου, ἀλλὰ ἐλεύθερος ἔσο καὶ ὅρα τὰ πράγματα ὡς ἀνήρ, ὡς ἄνθρωπος, ὡς πολίτης, ὡς θνητὸν ζῷον. ἐν δὲ τοῖς προχειροτάτοις, εἰς ἃ ἐγκύψεις, ταῦτα ἔστω τὰ δύο: ἕν μέν, ὅτι τὰ πράγματα οὐχ ἅπτεται τῆς ψυχῆς, ἀλλ᾽ ἔξω ἕστηκεν ἀτρεμοῦντα, αἱ δὲ ὀχλήσεις ἐκ μόνης τῆς ἔνδον ὑπολήψεως: ἕτερον δέ, ὅτι πάντα ταῦτα, ὅσα ὁρᾷς, ὅσον οὐδέπω μεταβαλεῖ καὶ οὐκ ἔτι ἔσται: καὶ ὅσων ἤδη μεταβολαῖς αὐτὸς παρατετύχηκας, συνεχῶς διανοοῦ. ὁ κόσμος ἀλλοίωσις, ὁ βίος ὑπόληψις.
Da: http://www.perseus.tufts.edu/hopper/text?doc=Perseus%3Atext%3A2008.01.0641%3Abook%3D4%3Achapter%3D3%3Asection%3D1&fbclid=IwAR1OStC7jRAICibB6vZohFQ2LV4wISQ4ODKbR0Uve8pigVU1oeYGS_NsY2I
TRADUZIONE PROFESSIONALE:
Si cercano un luogo di ritiro, campagne, lidi marini e monti; e anche tu sei solito desiderare fortemente un simile isolamento. Ma tutto questo è proprio di chi non ha la minima istruzione filosofica, visto che è possibile, in qualunque momento lo desideri, ritirarti in te stesso; perché un uomo non può ritirarsi in un luogo più quieto o indisturbato della propria anima, soprattutto chi ha, dentro, principî tali che gli basta affondarvi lo sguardo per raggiungere sùbito il pieno benessere: e per benessere non intendo altro che il giusto ordine interiore. Quindi concediti continuamente questo ritiro e rinnova te stesso; e siano brevi ed elementari i principî che, appena incontrati, basteranno a purgarti da ogni nausea e a congedarti senza che tu provi fastidio per le cose a cui ritorni. Che cosa, infatti, ti infastidisce? La cattiveria degli uomini? Considerati i termini del problema - e cioè che gli esseri razionali esistono gli uni per gli altri; che la tolleranza è parte della giustizia; che sbagliano senza volerlo - e considerato quanti già, dopo aver nutrito inimicizia, sospetto, odio, giacciono trafitti, ridotti in cenere, smettila, infine! O forse il tuo fastidio è anche per la sorte che, nell'ordine universale, ti viene assegnata? Ritorna col pensiero all'alternativa: «O provvidenza o atomi», e a tutti gli argomenti con cui fu dimostrato che il cosmo è come una città. O forse ti sentirai toccato dalle cose del corpo? Torna ancora a pensare che la mente non si immischia con i movimenti dolci o aspri del soffio vitale, una volta che abbia isolato se stessa e preso cognizione del proprio potere; e poi pensa a tutto quello che hai ascoltato intorno al dolore e al piacere, e su cui hai espresso il tuo assenso. O sarà forse la preoccupazione di una misera fama a fuorviarti? Guarda la rapidità dell'oblio che investe tutto, l'abisso dell'eternità che si estende infinita in entrambe le direzioni, la vacuità della rinomanza, la volubilità e la sconsideratezza di chi sembra tributare elogi, e l'angustia del luogo in cui la fama è circoscritta. Perché tutta la terra è un punto: e quale minuscolo cantuccio della terra è questa dimora? E, qui, quanti e quali sono gli uomini che ti elogeranno? Ricorda, allora, che puoi ritirarti in questo tuo campicello, e soprattutto non agitarti e non darti troppa pena, ma sii libero e guarda la realtà da uomo, da essere umano, da cittadino, da essere mortale. E tra i principî che più dovranno stare a portata di mano quando ti ripiegherai su di essi, vi siano i due seguenti. Il primo: le cose non toccano l'anima, ma stanno immobili all'esterno, mentre i turbamenti vengono soltanto dall'opinione che si forma all'interno. Il secondo: tutto quanto vedi, tra un istante si trasformerà e non sarà più; e pensa continuamente alla trasformazione di quante cose hai assistito di persona. Il cosmo è mutamento, la vita è opinione.
Traduzione e commento:
[4.3.1] Ἀναχωρήσεις αὑτοῖς ζητοῦσιν ἀγροικίας καὶ αἰγιαλοὺς καὶ ὄρη, εἴωθας δὲ καὶ σὺ τὰ τοιαῦτα μάλιστα ποθεῖν.
Luoghi di ritiro (Ἀναχωρήσεις) per se stessi (alcuni/molti, sott.) cercano: campestri, marittimi, montani, e anche tu ti sei abituato (εἴωθας: 2^ pers. sing. ind. att. perf. da ἔθω, mi abituo) a bramare massimamente tali cose.
ὅλον δὲ τοῦτο ἰδιωτικώτατόν ἐστιν ἐξόν, ἧς ἂν ὥρας ἐθελήσῃς, εἰς ἑαυτὸν ἀναχωρεῖν.
Tutto questo è massimamente sciocco, essendo possibile (ἐξόν: partic. con valore di accusat. assoluto da ἔξειμι) in qualsiasi ora (ὥρας: letter., a/nell’ora) che tu volessi (ἂν ἐθελήσῃς), ritirarti in te stesso.
οὐδαμοῦ γὰρ οὔτε ἡσυχιώτερον οὔτε ἀπραγμονέστερον ἄνθρωπος ἀναχωρεῖ ἢ εἰς τὴν ἑαυτοῦ ψυχήν, μάλισθ᾽ ὅστις ἔχει ἔνδον τοιαῦτα, εἰς ἃ ἐγκύψας ἐν πάσῃ εὐμαρείᾳ εὐθὺς γίνεται: τὴν δὲ εὐμάρειαν οὐδὲν ἄλλο λέγω ἢ εὐκοσμίαν.
Da nessuna parte (οὐδαμοῦ) un uomo si ritira (né) più tranquillamente (né) più facilmente che nella sua anima, soprattutto (μάλισθα) colui che possiede in sé tali idee che rivolgendovisi (letter., volgendosi alle quali: εἰς ἃ ἐγκύψας->partic. aor. da ἐγκύπτω) subito ritorna in piena serenità; la serenità null’altro considero che il buon ordine (εὐκοσμίαν).
συνεχῶς οὖν δίδου σεαυτῷ ταύτην τὴν ἀναχώρησιν καὶ ἀνανέου σεαυτόν:
Dunque ininterrottamente rivolgi (lett., dai a) te stesso a questa introspezione e innalza (ἀνανέου: 2^ sing. imper. medio pres. da ἀνανεύω) te stesso.
βραχέα δὲ ἔστω καὶ στοιχειώδη ἃ εὐθὺς ἀπαντήσαντα ἀρκέσει εἰς τὸ πᾶσαν λύπην ἀποκλύσαι καὶ ἀποπέμψαι σε μὴ δυσχεραίνοντα ἐκείνοις ἐφ᾽ [2] ἃ ἐπανέρχῃ.
Brevi e elementari siano le cose che, venendoti subito incontro, saranno in grado (ἀρκέσει) di fermare la sofferenza (interiore…) e mandar(la) via da te, non avendo in uggia (δυσχεραίνοντα->riferito a βραχέα καὶ στοιχειώδη) quelle cose dalle quali (ἐκείνοις ἐφ᾽ ἃ) (tu invece…) rifuggi (ἐπανέρχῃ: 2^ sing. att. indic. da ἐπ-αν-έρχομαι).
τίνι γὰρ δυσχερανεῖς; τῇ τῶν ἀνθρώπων κακίᾳ;
Cosa infatti hai in uggia? La cattiveria degli uomini?
ἀναλογισάμενος τὸ κρῖμα, ὅτι τὰ λογικὰ ζῷα ἀλλήλων ἕνεκεν γέγονε καὶ ὅτι τὸ ἀνέχεσθαι μέρος τῆς δικαιοσύνης καὶ ὅτι ἄκοντες ἁμαρτάνουσι καὶ πόσοι ἤδη διεχθρεύσαντες, ὑποπτεύσαντες, μισήσαντες, διαδορατισθέντες ἐκτέτανται, τετέφρωνται, παύου ποτέ.
Tenendo presente (ἀναλογισάμενος: part. att. futuro da ἀναλογίζομαι) la sentenza secondo cui (ὅτι: che) gli esseri viventi dotati di ragione (λογικὰ ζῷα) sono nati gli uni per gli altri (ἀλλήλων ἕνεκεν) e secondo cui (ὅτι) sopportare (è, sott.) parte della giustizia e che inconsapevoli (essi: cioè la gran parte degli uomini) errano e quanti (πόσοι) già sono morti (ἐκτέτανται) dopo esser stati nemici dichiarati di qualcuno (διεχθρεύσαντες), dopo aver nutrito sospetti, dopo aver odiato e dopo aver combattuto, allora ti calmerai (παύου: letter., ti calmi: 2^ sing. indic. medio pres. da παύω).
ἀλλὰ καὶ τοῖς ἐκ τῶν ὅλων ἀπονεμομένοις δυσχερανεῖς;
Ma hai in uggia anche le cose distribuite dal Tutto (ἐκ τῶν ὅλων: letter., dalle totalità: cioè dall’insieme delle cose)?
ἀνανεωσάμενος τὸ διεζευγμένον τό: ἤτοι πρόνοια ἢ ἄτομοι, καὶ ἐξ ὅσων ἀπεδείχθη ὅτι ὁ κόσμος ὡσανεὶ πόλις.
Qui e nei prossimi periodi sarà sottintesa la reggente: παύου ποτέ-> allora ti calmerai… || Ricordando (ἀνανεωσάμενος, sempre un part. futuro) l’alternativa (διεζευγμένον: part.medio-pass.perfetto da διαζεύγνυμι: distinguo): di certo (vi è, sott.) Provvidenza o (vi sono, sott.) atomi [ovvero: una ragione pianificatrice o la pura necessità meccanica], e (ricordando…) da quante cose è stato mostrato (ἀπεδείχθη: 3^ sing. ind. pass. aor. da ἀποδείκνυμι) che il cosmo (è, sott.) come se fosse (ὡσ-ἄν-εὶ) una città (, allora ti calmerai, sott.).
ἀλλὰ τὰ σωματικά σου ἅψεται ἔτι;
Ma le cose corporee ti feriranno?
ἐννοήσας ὅτι οὐκ ἐπιμίγνυται λείως ἢ τραχέως κινουμένῳ πνεύματι ἡ διάνοια, ἐπειδὰν ἅπαξ ἑαυτὴν ἀπολάβῃ καὶ γνωρίσῃ τὴν ἰδίαν ἐξουσίαν, καὶ λοιπὸν ὅσα περὶ πόνου καὶ ἡδονῆς ἀκήκοας καὶ συγκατέθου.
Considerando (ἐννοήσας: part. aoristo att. da ἐννοέω) che il pensiero non si mescola con lo spirito, mosso in modo piano o in modo aspro, qualora una volta abbia compreso (ἀπολάβῃ: 3^ sing. cong. att. aoristo da ἀπολαμβάνω) se stesso e conosca (perciò…) la propria natura (τὴν ἰδίαν ἐξουσίαν), e infine (λοιπὸν) (considerando, sott.) quante cose hai sperimentato sul dolore e sul piacere e (vi) hai assentito (συγκατέθου=συγκα(τα)τέθου: 2^ sing. medio aor. (II o forte) ind. da συγκατατίθημι) (, allora ti calmerai, sott.).
[3] ἀλλὰ τὸ δοξάριόν σε περισπάσει;
Ma la fama ti preoccuperà?
ἀπιδὼν εἰς τὸ τάχος τῆς πάντων λήθης καὶ τὸ χάος τοῦ ἐφ᾽ ἑκάτερα ἀπείρου αἰῶνος καὶ τὸ κενὸν τῆς ἀπηχήσεως καὶ τὸ εὐμετάβολον καὶ ἄκριτον τῶν εὐφημεῖν δοκούντων καὶ τὸ στενὸν τοῦ τόπου, ἐν ᾧ περιγράφεται:
Guardando (ἀπιδὼν: part. att. aor. (II o forte) da ἀφοράω) alla velocità con cui sono dimenticate tutte le cose (εἰς τὸ τάχος τῆς πάντων λήθης: letter., alla velocità dell’oblio di tutte le cose) e all’immensità (τὸ χάος) del tempo infinito rispetto a tutte le cose (ἐφ᾽ ἑκάτερα: dal punto di vista di tutte le cose, destinate a perire) e alla futilità della notorietà (ἀπήχησις: eco, risonanza) e alla mutevolezza e indecisione di quelli che ritengono di dire le cose giuste e all’angustia del luogo in cui sei circoscritto (περιγράφεται) (, allora ti calmerai, sott.);
ὅλη τε γὰρ ἡ γῆ στιγμὴ καὶ ταύτης πόστον γωνίδιον ἡ κατοίκησις αὕτη; καὶ ἐνταῦθα πόσοι καὶ οἷοί τινες οἱ ἐπαινεσόμενοι;
infatti tutta la terra (è, sott.) un punto e la stessa (tua…) casa quale (πόστον: quanto piccolo?) angolino (è, sott.) di questa? E qui quanti (πόσοι) e quali (οἷοί: quali/di che tipo) (sono, sott.) coloro che (ti) loderanno (τινες οἱ ἐπαινεσόμενοι)?
[4] λοιπὸν οὖν μέμνησο τῆς ὑποχωρήσεως τῆς εἰς τοῦτο τὸ ἀγρίδιον ἑαυτοῦ καὶ πρὸ παντὸς μὴ σπῶ μηδὲ κατεντείνου, ἀλλὰ ἐλεύθερος ἔσο καὶ ὅρα τὰ πράγματα ὡς ἀνήρ, ὡς ἄνθρωπος, ὡς πολίτης, ὡς θνητὸν ζῷον.
Quindi ricorda (μέμνησο: 2^ sing. imper.medio-pass.perfetto da μιμνήσκω: ricordo) per l’avvenire (λοιπὸν=εἰς τὸν λοιπὸν χρόνον) di ritirarti in questo tuo campicello interiore (εἰς τοῦτο τὸ ἀγρίδιον ἑαυτοῦ) (…μέμνησο τῆς ὑποχωρήσεως τῆς εἰς τοῦτο τὸ ἀγρίδιον ἑαυτοῦ: letter., ricorda del ritiro verso questo campicello di te stesso) e innanzitutto (πρὸ παντὸς) non scuoterti (σπῶ: 2^ sing. imper. pres. att. da σπάω) e non sforzarti (κατεντείνου: 2^ sing. imper. pres. da κατεντείνομαι), ma sii (ἔσο) libero e osserva i fatti da (come/in qualità di) uomo forte (ἀνήρ), da essere umano (ἄνθρωπος), da cittadino, da essere mortale.
ἐν δὲ τοῖς προχειροτάτοις, εἰς ἃ ἐγκύψεις, ταῦτα ἔστω τὰ δύο:
Nelle cose molto immediate, a cui ti accosterai, siano (vere…) queste due cose:
ἕν μέν, ὅτι τὰ πράγματα οὐχ ἅπτεται τῆς ψυχῆς, ἀλλ᾽ ἔξω ἕστηκεν ἀτρεμοῦντα, αἱ δὲ ὀχλήσεις ἐκ μόνης τῆς ἔνδον ὑπολήψεως:
la prima (ἕν μέν: una da una parte): che i fatti non toccano l’anima, ma (ne) restano (ἕστηκεν: 3^ sing. att. ind. perf. da ἵστημι) fuori immobili, ma (la toccano, sottint.) i fastidi (provenienti…) dalla sola opinione interiore (ἔνδον: dentro);
ἕτερον δέ, ὅτι πάντα ταῦτα, ὅσα ὁρᾷς, ὅσον οὐδέπω μεταβαλεῖ καὶ οὐκ ἔτι ἔσται: καὶ ὅσων ἤδη μεταβολαῖς αὐτὸς παρατετύχηκας, συνεχῶς διανοοῦ.
La seconda (ἕτερον δέ,: l’altra dall’altra parte): (“che”=ὅτι, ma non si traduce: la proposizione in oggetto infatti è sia una dichiarativa sia una interrogativa indiretta (ὅσον->”quanto?”), ma questa seconda sfumatura di senso in italiano prevale…) quanto tutte queste cose, le quali vedi, tra non molto (οὐδέπω) muteranno e non saranno più; e in quante trasformazioni tu stesso già ti sei imbattuto (ὅσων μεταβολαῖς παρατετύχηκας: letter., in trasformazioni di quante cose ti sei imbattuto->παρατετύχηκας: 2^ sing. ind. att. perfetto da παρα-τυγχάνω), pensa (διανοοῦ: 2^ sing. imper. pres. att. da δια-νοέω) costantemente.
ὁ κόσμος ἀλλοίωσις, ὁ βίος ὑπόληψις.
Il cosmo (è, sott.) cambiamento, la vita opinione.
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