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Immagine del redattoreAdriano Torricelli

GLI ATENIESI PREFERISCONO I ROMANI A FILIPPO V E NE INVOCANO L’AIUTO (TITO LIVIO; LIBRO XXXI; par.30

Aggiornamento: 8 apr 2019


Introduzione al brano:


Gli Ateniesi, inorriditi dal trattamento che Filippo V di Macedonia ha riservato alle loro campagne e dopo aver salvato solo “per il rotto della cuffia” la loro città, esortano gli Etoli a scendere in guerra contro un tale re chiedendo inoltre il sostegno dei “barbari” Romani, da essi paragonati agli dei per potenza...




30. Secundum Macedonas ipsis Romanis ita concedentibus iubentibusque Athenienses, qui foeda passi iustius in crudelitatem saevitiamque regis invehi poterant, introducti sunt. deploraverunt vastationem populationemque miserabilem agrorum: neque id se queri, quod hostilia ab hoste passi forent; esse enim quaedam belli iura, quae ut facere ita pati sit fas: sata exuri, dirui tecta, praedas hominum pecorumque agi misera magis quam indigna patienti esse; verum enim vero id se queri, quod is qui Romanos alienigenas et barbaros vocet adeo omnia simul divina humanaque iura polluerit ut priore populatione cum infernis deis, secunda cum superis bellum nefarium gesserit. omnia sepulcra monumentaque diruta esse in finibus suis, omnium nudatos manes, nullius ossa terra tegi. delubra sibi fuisse quae quondam pagatim habitantes in parvis illis castellis vicisque consecrata ne in unam urbem quidem contributi maiores sui deserta reliquerint: circa ea omnia templa Philippum infestos circumtulisse ignes; semusta, truncata simulacra deum inter prostratos iacere postes templorum. qualem terram Atticam fecerit, exornatam quondam opulentamque, talem eum si liceat Aetoliam Graeciamque omnem facturum. urbis quoque suae similem deformitatem futuram fuisse, nisi Romani subvenissent. eodem enim scelere urbem colentes deos praesidemque arcis Minervam petitam, eodem Eleusine Cereris templum, eodem Piraei Iovem Minervamque; sed ab eorum non templis modo sed etiam moenibus vi atque armis repulsum in ea delubra quae sola religione tuta fuerint saevisse. itaque se orare atque obsecrare Aetolos ut miseriti Atheniensium ducibus diis immortalibus, deinde Romanis, qui secundum deos plurimum possent, bellum susciperent.




TESTO CON TRADUZIONE LETTERALE E NOTE:




N.B: per una traduzione migliore consultare le due traduzioni a questa pagina (soprattutto la seconda) http://www.latin.it/autore/livio/ab_urbe_condita/!31!liber_xxxi/30.lat?fbclid=IwAR0SlJGioY5S2im5aMm64s1440nkmbH9BdhorOot4_RrOcerunjUgn140Gk. Si tenga presente però, che il brano non è semplice nemmeno in traduzione…




30. Secundum Macedonas ipsis Romanis ita concedentibus iubentibusque Athenienses, qui foeda passi iustius in crudelitatem saevitiamque regis invehi poterant, introducti sunt.


Subito dopo (Secundum) i Macedoni, dal momento che i Romani lo consentivano e (anzi...) lo ordinavano, furono introdotti gli Ateniesi, i quali, avendo subito (passi: partic. di patior: subisco) i patti, più giustamente (iustius) avrebbero potuto (poterant: impf. indic. di possum: potevano) inveire/lasciarsi trasportare (invehi: inf. passivo di inveho: trasporto) contro la crudeltà e la ferocia del re.



Deploraverunt vastationem populationemque miserabilem agrorum: neque id se queri, quod hostilia ab hoste passi forent; esse enim quaedam belli iura, quae ut facere ita pati sit fas: sata exuri, dirui tecta, praedas hominum pecorumque agi, misera magis quam indigna patienti esse;


Deploravano (i Romani, sogg.) la devastazione e la miseria della popolazione agricola (letter.: la miserabile popolazione delle campagne): (“affermavano”, sottinteso...; Nota che da qui in poi si susseguono solo infinitive, fino alla fine del paragrafo!!!) di lamentarsi del fatto che (id se queri, quod...: letteralm.: se stessi lamentare di ciò (id): il fatto che (quod)) subissero (passi forent=passi essent) dal nemico trattamenti ostili (hostilia: letter., più ostili); (affermavano, sott.) infatti esservi alcune leggi di guerra (quaedam belli iura): le cose che (quae) è possibile (sit fas) fare, allo stesso modo (->”ut”... legato a “ita”) (è possbile) subire (pati): (affermavano, sottint.) essere cose tristi ma non ingiuste verso il perdente (misera magis quam indigna patienti: letter.: cose misere più che indegne verso il perdente (patienti: a colui che subisce), l’essere distrutte (exuri: inf. passivo da exuro,is...) le coltivazioni, l’essere demolite le abitazioni, l’essere sottratte (agi) le prede degli uomini e del bestiame.



Verum enim vero id se queri, quod is qui Romanos alienigenas et barbaros vocet adeo omnia simul divina humanaque iura polluerit ut priore populatione cum infernis deis, secunda cum superis bellum nefarium gesserit.


Infatti in verità (Verum enim vero) (affermavano, sottint.) di lamentarsi del fatto che (id se queri, quod...) colui che (is qui) chiamerebbe (vocet) i Romani forestieri (alienigenas) e barbari, a tal punto (adeo... ->ut) avesse imbrattato le leggi al tempo stesso umane e divine, da (ut + cong.: proposiz. di tipo consecutivo) aver condotto una guerra nefasta con una prima popolazione, ovvero gli dei inferi (bellum gesserit (cum) priore populatione (:) cum infernis deis) e con una seconda, cioè con quelli celesti. (Nota l’uso del congiuntivo: “qui vocet”; “adeo polluerit”: per sottolineare che il discorso è da attribuire agli Ateniesi...)



Omnia sepulcra monumentaque diruta esse in finibus suis, omnium nudatos manes, nullius ossa terra tegi.


(Affermavano, sottint.) essere stati distrutti i sepolcri e i monumenti nei propri confini, depredati i cadaveri, di nessuno essere (più...) ricoperte dalla terra le ossa.



Delubra sibi fuisse quae quondam pagatim habitantes in parvis illis castellis vicisque consecrata ne in unam urbem quidem contributi maiores sui deserta reliquerint:


(Affermavano, sottint.) di aver avuto in passato (sibi fuisse: letter., esser stato a se stessi->gli Ateniesi) dei santuari che, un tempo (quondam) venerati (consacrati) in ogni villaggio (=pagatim: da pagus,i), i loro antenati abitanti (habitantes... maiores sui) in quei piccoli villaggi (castellum) e villaggetti (vicum), neppure (ne... quidem) una volta confluiti (contributi) in un’unica grande città (in unam urbem), avevano lasciato deserti (Nota una volta di più, l’uso del congiuntivo...: reliquerint).



circa ea omnia templa Philippum infestos circumtulisse ignes; semusta, truncata simulacra deum inter prostratos iacere postes templorum.


(Affermavano, sottint.) Filippo (invece...) aver appiccato (circumtulisse: inf. passato da cirum-fero: diffondo) fuochi malefici (infestos: ostili...) attorno a tutti questi templi; (e affermavano, sott.) giacere tra le porte abbattute dei templi (inter prostratos postes templorum) le immagini degli dei, mezzo incenerite (semiusta) e mutilate.



Qualem terram Atticam fecerit, exornatam quondam opulentamque, talem eum si liceat Aetoliam Graeciamque omnem facturum.


(Affermavano che, sott.) egli (eum: sogg. sottinteso dell’infinitiva, riferito a Filippo) avrebbe fatto (facturum esse) (nel caso gli fosse stato possibile (si liceat)) l’Etolia e la Grecia tutta, quale aveva fatto (nota l’uso del congiuntivo: fecerit) la terra Attica.



Urbis quoque suae similem deformitatem futuram fuisse, nisi Romani subvenissent.


(Affermavano che, sott.) anche una simile distruzione sarebbe stata in seguito (futuram fuisse) propria della loro città, se i Romani non fossero arrivati (subvenissent: cong. piuccheperf.-> proposiz. dipendente passata rispetto a una reggente già al passato: vedi regole della Consecutio temporum!)



Eodem enim scelere urbem colentes deos praesidemque arcis Minervam petitam, eodem Eleusine Cereris templum, eodem Piraei Iovem Minervamque; sed ab eorum non templis modo sed etiam moenibus vi atque armis repulsum in ea delubra quae sola religione tuta fuerint saevisse.


Infatti (affermavano che, sott.) con la stessa scelleratezza sarebbe stata aggredita (=petitam esse) la città, (nonché...) gli dei abitanti (in essa, sott.) (=colentes deos) e Minerva custode della cittadella (presidem arcis Minervam), con la stessa (scelleratezza, sott.) il tempio eleusino di Cerere, con la stessa (scelleratezza, sott.) Giove e Minerva del Pireo; ma (affermavano che, sott.) (egli: “eum”, soggetto sottinteso dell’infinitiva, e cioè Filippo), respinto dalla forza e dalle armi di quelli (=i Romani) (repulsum ad eorum vi atque armis) non solo dai templi ma anche dalle mura (repulsum-> “non templis modo sed etiam moenibus”), incrudelisse contro quei santuari che dalla sola religione fossero protetti (=tuta: letteralm., sicuri; riferito a quae delubra).



Itaque se orare atque obsecrare Aetolos ut miseriti Atheniensium ducibus diis immortalibus, deinde Romanis, qui secundum deos plurimum possent, bellum susciperent.


E così (affermavano di, sottint.) (loro/se stessi, sogg.: “se”) pregare e scongiurare gli Etoli, affinché, misericordiosi (miseriti: partic. da misereor: ho pietà) degli Ateniesi, prendessero su di sé/iniziassero (susciperent) la guerra assieme agli dei immortali come guide, e poi (deinde) ai Romani, che dopo gli dei potevano moltissimo (plurimum).


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