IL BUFFONE FILIPPO SI AUTOINVITA AD UN SIMPOSIO
(Dal “SIMPOSIO” di Senofonte: 1.11->16)
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Il Simposio (Συμπόσιον) di Senofonte è un testo poco conosciuto, contrariamente all’omonima opera di Platone.
Eppure questi due testi hanno molte analogie tra loro:
1) parlano di un convito o simposio serale cui, ovviamente, partecipano soli uomini (cittadini ateniesi, molti dei quali nobili e ricchi);
2) tra essi compare anche (e soprattutto) il filosofo Socrate,
3) il quale condivide con i commensali le sue riflessioni sul tema dell’Amore.
Nonostante il paragone con l’opera di Platone sia abbastanza incongruo, data l'evidente superiorità di quest’ultima, anche il testo senofonteo possiede delle qualità che, se non filosofiche, sono quantomeno artistiche ed espressive: esso brilla infatti per la vivacità delle immagini e dei dialoghi, e per una certa capacità di restituire l’atmosfera allegra e non sempre raffinata di un simposio reale, non idealizzato come quello descritto da Platone.
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In questo divertente brano, il buffone Filippo, uno scroccone che spera di partecipare a molti banchetti in virtù della sua capacità di far ridere i partecipanti, si introduce non invitato, e cerca da subito (ma senza successo) di suscitare l’ilarità del pubblico.
(ὅτι μὲν γελωτοποιός εἰμι ἴστε πάντες: ἥκω δὲ προθύμως νομίσας γελοιότερον εἶναι τὸ ἄκλητον ἢ τὸ κεκλημένον ἐλθεῖν ἐπὶ τὸ δεῖπνον. -- Io sono un buffone – disse – lo sapete tutti, e mi sono affrettato a venire, ben sapendo che presentarsi a un banchetto senza invito sarebbe stato più spiritoso che venirci da invitato.)
Il magro risultato dei suoi tentativi lo getterà in una crisi che pare essere tanto esistenziale, quanto “pratica”.
(ἐπεὶ γὰρ γέλως ἐξ ἀνθρώπων ἀπόλωλεν, ἔρρει τὰ ἐμὰ πράγματα. πρόσθεν μὲν γὰρ τούτου ἕνεκα ἐκαλούμην ἐπὶ τὰ δεῖπνα, ἵνα εὐφραίνοιντο οἱ συνόντες δι᾽ ἐμὲ γελῶντες. νῦν δὲ τίνος ἕνεκα καὶ καλεῖ μέ τις; -- Se gli uomini hanno perso la voglia di ridere, io sono rovinato. Fino ad ora mi convocavano tutti perché i convitati si divertissero alle mie trovate. Ma ora? Perché mi dovrebbero invitare?)
Il buffone Filippo rappresenta un tipo umano di cui la letteratura greca, contrariamente a quella latina, è complessivamente piuttosto sguarnita, forse perché solitamente caratterizzata da un registro più intellettualistico e “alto”. Tuttavia alcune atmosfere e situazioni di questo dialogo (tra le quali quelle di questo brano) possono ricordare, seppur vagamente, quelle di una delle più famose e più caratteristiche opere della letteratura latina: il Satyricon di Petronio Arbitro.
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TESTO ORIGINALE:
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[11] ἐκεῖνοι μὲν οὖν σιωπῇ ἐδείπνουν, ὥσπερ τοῦτο ἐπιτεταγμένον αὐτοῖς ὑπὸ κρείττονός τινος. Φίλιππος δ᾽ ὁ γελωτοποιὸς κρούσας τὴν θύραν εἶπε τῷ ὑπακούσαντι εἰσαγγεῖλαι ὅστις τε εἴη καὶ δι᾽ ὅ τι κατάγεσθαι βούλοιτο, συνεσκευασμένος τε παρεῖναι ἔφη πάντα τὰ ἐπιτήδεια ὥστε δειπνεῖν τἀλλότρια, καὶ τὸν παῖδα δὲ ἔφη πάνυ πιέζεσθαι διά τε τὸ φέρειν μηδὲν καὶ διὰ τὸ ἀνάριστον εἶναι.
[12] ὁ οὖν Καλλίας ἀκούσας ταῦτα εἶπεν: ἀλλὰ μέντοι, ὦ ἄνδρες, αἰσχρὸν στέγης γε φθονῆσαι: εἰσίτω οὖν. καὶ ἅμα ἀπέβλεψεν εἰς τὸν Αὐτόλυκον, δῆλον ὅτι ἐπισκοπῶν τί ἐκείνῳ δόξειε τὸ σκῶμμα εἶναι.
[13] ὁ δὲ στὰς ἐπὶ τῷ ἀνδρῶνι ἔνθα τὸ δεῖπνον ἦν εἶπεν: ὅτι μὲν γελωτοποιός εἰμι ἴστε πάντες: ἥκω δὲ προθύμως νομίσας γελοιότερον εἶναι τὸ ἄκλητον ἢ τὸ κεκλημένον ἐλθεῖν ἐπὶ τὸ δεῖπνον. κατακλίνου τοίνυν, ἔφη ὁ Καλλίας. καὶ γὰρ οἱ παρόντες σπουδῆς μέν, ὡς ὁρᾷς, μεστοί, γέλωτος δὲ ἴσως ἐνδεέστεροι.
[14] δειπνούντων δὲ αὐτῶν ὁ Φίλιππος γελοῖόν τι εὐθὺς ἐπεχείρει λέγειν, ἵνα δὴ ἐπιτελοίη ὧνπερ ἕνεκα ἐκαλεῖτο ἑκάστοτε ἐπὶ τὰ δεῖπνα. ὡς δ᾽ οὐκ ἐκίνησε γέλωτα, τότε μὲν ἀχθεσθεὶς φανερὸς ἐγένετο. αὖθις δ᾽ ὀλίγον ὕστερον ἄλλο τι γελοῖον ἐβούλετο λέγειν. ὡς δὲ οὐδὲ τότε ἐγέλασαν ἐπ᾽ αὐτῷ, ἐν τῷ μεταξὺ παυσάμενος τοῦ δείπνου συγκαλυψάμενος κατέκειτο.
[15] καὶ ὁ Καλλίας, τί τοῦτ᾽, ἔφη, ὦ Φίλιππε; ἀλλ᾽ ἢ ὀδύνη σε εἴληφε; καὶ ὃς ἀναστενάξας εἶπε: ναὶ μὰ Δί᾽, ἔφη, ὦ Καλλία, μεγάλη γε: ἐπεὶ γὰρ γέλως ἐξ ἀνθρώπων ἀπόλωλεν, ἔρρει τὰ ἐμὰ πράγματα. πρόσθεν μὲν γὰρ τούτου ἕνεκα ἐκαλούμην ἐπὶ τὰ δεῖπνα, ἵνα εὐφραίνοιντο οἱ συνόντες δι᾽ ἐμὲ γελῶντες: νῦν δὲ τίνος ἕνεκα καὶ καλεῖ μέ τις; οὔτε γὰρ ἔγωγε σπουδάσαι ἂν δυναίμην μᾶλλον ἤπερ ἀθάνατος γενέσθαι, οὔτε μὴν ὡς ἀντικληθησόμενος καλεῖ μέ τις, ἐπεὶ πάντες ἴσασιν ὅτι ἀρχὴν οὐδὲ νομίζεται εἰς τὴν ἐμὴν οἰκίαν δεῖπνον προσφέρεσθαι. καὶ ἅμα λέγων ταῦτα ἀπεμύττετό τε καὶ τῇ φωνῇ σαφῶς κλαίειν ἐφαίνετο.
[16] πάντες μὲν οὖν παρεμυθοῦντό τε αὐτὸν ὡς αὖθις γελασόμενοι καὶ δειπνεῖν ἐκέλευον, Κριτόβουλος δὲ καὶ ἐξεκάγχασεν ἐπὶ τῷ οἰκτισμῷ αὐτοῦ. ὁ δ᾽ ὡς ᾔσθετο τοῦ γέλωτος, ἀνεκαλύψατό τε καὶ τῇ ψυχῇ παρακελευσάμενος θαρρεῖν, ὅτι ἔσονται συμβολαί, πάλιν ἐδείπνει.
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Vedi anche:
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TRADUZIONE DI MARIO VITALI:
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11 E così si pranzava in silenzio, come sotto il dominio di una potenza superiore… quand’ecco bussò alla porta Filippo, il solito buffone, che, rivolto al portiere gli disse di annunciarlo e di dirgli che voleva essere invitato. “Eccomi qui – berciava – con tutto il necessario per pranzare… a spese altrui! E guardate il mio servo – continuò – è letteralmente sfinito dalla fatica di portare… niente, tranne lo stomaco… vuoto!”
12 A queste parole, “Amici – disse Callia – mi sembrerebbe brutto non concedergli almeno di mettersi al riparo; e dunque, lasciamolo entrare!”, e intanto guardava Autolico, ovviamente per vedere che effetto gli avesse fatto la sua spiritosaggine. 13 Allora Filippo, seduto sulla soglia della sala, “Io sono un buffone – disse – lo sapete tutti, e mi sono affrettato a venire, ben sapendo che presentarsi a un banchetto senza invito sarebbe stato più spiritoso che venirci da invitato”.
“E tu accomodati – disse Callia – qui sono tutti troppo seri, vedi bene; forse manca loro un po’ di allegria”.
14 E mentre il banchetto proseguiva, Filippo cercò subito di dire qualche buffonata: voleva essere all’altezza della fama che gli assicurava ogni volta un invito a pranzo. Ma nessuno rise, e lui ci rimase malissimo. Lasciò passare qualche istante, e ne lanciò un’altra: silenzio assoluto. Allora smise di mangiare, si coprì il volto col mantello e si lanciò lungo disteso sul divano.
15 E Callia: “Che c’è, Filippo, ti hanno preso le doglie?”
“Sicuro, Callia – rispose quello – e terribili per di più: se gli uomini hanno perso la voglia di ridere, io sono rovinato. Fino ad ora mi convocavano tutti perché i convitati si divertissero alle mie trovate. Ma ora? Perché mi dovrebbero invitare? Per me fare la persona seria è più difficile che diventare immortale; d’altra parte nessuno mi inviterà mai nella speranza di essere invitato a sua volta, perché tutti sanno che la mia casa non ha l’abitudine di offrire banchetti”, e intanto si soffiava il naso, e dalla voce sembrava proprio lì lì per piangere, 16 tanto che tutti presero a consolarlo:
“Vedrai che poi rideremo, ma ora mangia, via!”, mentre Critobulo si spanciava dal ridere a udire le sue lagne. Filippo, sentendolo, si scoprì il volto e, rincuorata l’anima sua che ancora ci sarebbero state battaglie pappatorie, riprese a mangiare.
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TRADUZIONE SPIEGATA:
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[11] ἐκεῖνοι μὲν οὖν σιωπῇ ἐδείπνουν, ὥσπερ τοῦτο ἐπιτεταγμένον αὐτοῖς ὑπὸ κρείττονός τινος. Φίλιππος δ᾽ ὁ γελωτοποιὸς κρούσας τὴν θύραν εἶπε τῷ ὑπακούσαντι εἰσαγγεῖλαι ὅστις τε εἴη καὶ δι᾽ ὅ τι κατάγεσθαι βούλοιτο, συνεσκευασμένος τε παρεῖναι ἔφη πάντα τὰ ἐπιτήδεια ὥστε δειπνεῖν τἀλλότρια, καὶ τὸν παῖδα δὲ ἔφη πάνυ πιέζεσθαι διά τε τὸ φέρειν μηδὲν καὶ διὰ τὸ ἀνάριστον εἶναι.
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QUELLI DUNQUE CENAVANO IN SILENZIO, COME QUESTO ESSENDO STATO ORDINATO/ COME SE QUESTA COSA FOSSE STATA ORDINATA AD ESSI DA QUALCUNO PIÙ FORTE/DA UN’ENTITÀ SUPERIORE (ἐκεῖνοι μὲν οὖν σιωπῇ ἐδείπνουν, ὥσπερ τοῦτο ἐπιτεταγμένον αὐτοῖς ὑπὸ κρείττονός τινος). FILIPPO IL BUFFONE AVENDO BATTUTO ALLA PORTA DISSE AL PORTINAIO DI ANNUNCIARE CHI FOSSE E PERCHÉ VOLESSE ENTRARE (Φίλιππος δ᾽ ὁ γελωτοποιὸς κρούσας τὴν θύραν εἶπε τῷ ὑπακούσαντι εἰσαγγεῖλαι ὅστις τε εἴη καὶ δι᾽ ὅ τι κατάγεσθαι βούλοιτο), E PREPARANDOSI A ENTRARE DISSE LE COSE OPPORTUNE COSÌ DA/PER DIVORARE LE COSE ALTRUI/I BENI ALTRUI (συνεσκευασμένος τε παρεῖναι ἔφη πάντα τὰ ἐπιτήδεια ὥστε δειπνεῖν τἀλλότρια), E IL RAGAZZO (EGLI…) DICEVA ESSERE OPPRESSO/CHE SOFFRISSE PER IL NON PORTARE NULLA/PER IL FATTO DI VENIRE A MANI NUDE E PER L’ESSERE A DIGIUNO (καὶ τὸν παῖδα δὲ ἔφη πάνυ πιέζεσθαι διά τε τὸ φέρειν μηδὲν καὶ διὰ τὸ ἀνάριστον εἶναι).
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ἐπιτεταγμένον: partic. (medio)-passivo perfetto di ἐπι-τάσσω: ordino, impongo, comando (τάσσω: ordino, impongo; tassonomia: classificazione gerarchica di enti, in base a un ordine dato)
κρείττονός: genit. masch. sing. di κρείσσων,ονος [κρείττων,ονος]: più forte; vedi κράτος: forza
κρούσας: partic. sing. masch. aoristo att. di κρούω: batto
… ὅστις καὶ δι᾽ ὅ τι: ὅστις e ὅτι sono qui pronomi interrogativi e introducono quindi due proposiz. interrog. indirette
συνεσκευασμένος: partic. medio-(passivo) aoristo di συν-σκευάζω: allestisco; medio: mi preparo a; σκευάζω: allestisco, preparo
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[12] ὁ οὖν Καλλίας ἀκούσας ταῦτα εἶπεν: ἀλλὰ μέντοι, ὦ ἄνδρες, αἰσχρὸν στέγης γε φθονῆσαι: εἰσίτω οὖν. καὶ ἅμα ἀπέβλεψεν εἰς τὸν Αὐτόλυκον, δῆλον ὅτι ἐπισκοπῶν τί ἐκείνῳ δόξειε τὸ σκῶμμα εἶναι.
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DUNQUE/ALLORA CALLIA, AVENDO SENTITO QUESTE COSE, DISSE: “MA CERTAMENTE, O SIGNORI, (È...) COSA BRUTTA PER LA VERITÀ NEGARE UN TETTO (ὁ οὖν Καλλίας ἀκούσας ταῦτα εἶπεν: ἀλλὰ μέντοι, ὦ ἄνδρες, αἰσχρὸν στέγης γε φθονῆσαι): ENTRI DUNQUE (εἰσίτω οὖν). E ALLO STESSO TEMPO VOLGEVA LO SGUARDO A AUTOLICO, (ERA…) CHIARO CHE OSSERVANDO(LO)/POICHÉ LO OSSERVAVA A QUELLO SEMBRASSE CHE (CIÒ CHE AVEVA DETTO…) FOSSE UNA QUALCHE FACEZIA (δῆλον ὅτι ἐπισκοπῶν τί ἐκείνῳ δόξειε τὸ σκῶμμα εἶναι= ἐκείνῳ δόξειε τὸ σκῶμμα τί εἶναι).
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στέγης γε φθονῆσαι: φθονέω: invidio, vedo di malocchio, rifiuto, nego; φθονέω στέγης: nego o rifiuto un tetto
εἰσίτω: 3^ sing. imperat. di εἴσ-ειμι: vado dentro, entro; εἶμι: vado, εἰμί: sono; imperativo di εἶμι: vado: ἴθι ἴτω - ἴτε ἴτων; imperat. di εἰμί: sono: ἴσθι ἔστω - ἔστε ἔστων
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[13] ὁ δὲ στὰς ἐπὶ τῷ ἀνδρῶνι ἔνθα τὸ δεῖπνον ἦν εἶπεν: ὅτι μὲν γελωτοποιός εἰμι ἴστε πάντες: ἥκω δὲ προθύμως νομίσας γελοιότερον εἶναι τὸ ἄκλητον ἢ τὸ κεκλημένον ἐλθεῖν ἐπὶ τὸ δεῖπνον. κατακλίνου τοίνυν, ἔφη ὁ Καλλίας. καὶ γὰρ οἱ παρόντες σπουδῆς μέν, ὡς ὁρᾷς, μεστοί, γέλωτος δὲ ἴσως ἐνδεέστεροι.
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QUELLO STANDO/RESTANDO NELL’ANDRONE, DOVE ERA/SI SVOLGEVA IL PRANZO, DISSE (δὲ στὰς ἐπὶ τῷ ἀνδρῶνι ἔνθα τὸ δεῖπνον ἦν εἶπεν): “CHE SONO UN BUFFONE (LO…) SAPETE TUTTI (ὅτι μὲν γελωτοποιός εἰμι ἴστε πάντες); SONO GIUNTO PRONTAMENTE AVENDO RITENUTO ESSERE PIÙ RISIBILE/DIVERTENTE (ἥκω δὲ προθύμως νομίσας γελοιότερον εἶναι) IL VENIRE NON CHIAMATO CHE (IL VENIRE…) CHIAMATO AL PRANZO/AL BANCHETTO (τὸ ἄκλητον ἢ τὸ κεκλημένον ἐλθεῖν ἐπὶ τὸ δεῖπνον; γελοιότερον εἶναι τὸ ἄκλητον (ἐλθεῖν) ἢ τὸ κεκλημένον ἐλθεῖν: nota che ἄκλητον e κεκλημένον si riferisce al verbo ἐλθεῖν). “ACCOMODATI DUNQUE”, DISSE CALLIA (κατακλίνου τοίνυν, ἔφη ὁ Καλλίας). E INFATTI I PRESENTI (SONO…) DI SOLLECITUNE/SERIETÀ DA UNA PARTE, COME VEDRESTI/COME PUOI VEDERE, PIENI (καὶ γὰρ οἱ παρόντες σπουδῆς μέν, ὡς ὁρᾷς, μεστοί), DI RISO/DIVERTIMENTO DALL’ALTRA EGUALMENTE/PARIMENTI (SONO…) PIÙ BISOGNOSI (γέλωτος δὲ ἴσως ἐνδεέστεροι)/GLI INVITATI DIFATTI, COME PUOI VEDERE, SONO PIENI DI SOLLECITUDINE, MA IN REALTÀ AVREBBERO PIÙ BISOGNO DI DIVERTIMENTO.
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στὰς: partic. aoristo attivo di ἵστημι: sto
ἥκω: “sono giunto”
ἄκλητον: “non chiamato”: alfa privativo + κλ->radice di καλέω: chiamo
κεκλημένον: partic. (medio)-passivo perfetto di καλέω
κατακλίνου: 2^ sing. imperat. medio-(passivo) di κατα-κλίνω: depongo; medio: mi adagio; κλίνω: inclino, piego
ἐνδεέστεροι: nomin. masch. plur. dell’aggett. compattivo ἐν-δεής,ες: bisognoso; δέομαι: ho bisogno
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[14] δειπνούντων δὲ αὐτῶν ὁ Φίλιππος γελοῖόν τι εὐθὺς ἐπεχείρει λέγειν, ἵνα δὴ ἐπιτελοίη ὧνπερ ἕνεκα ἐκαλεῖτο ἑκάστοτε ἐπὶ τὰ δεῖπνα. ὡς δ᾽ οὐκ ἐκίνησε γέλωτα, τότε μὲν ἀχθεσθεὶς φανερὸς ἐγένετο. αὖθις δ᾽ ὀλίγον ὕστερον ἄλλο τι γελοῖον ἐβούλετο λέγειν. ὡς δὲ οὐδὲ τότε ἐγέλασαν ἐπ᾽ αὐτῷ, ἐν τῷ μεταξὺ παυσάμενος τοῦ δείπνου συγκαλυψάμενος κατέκειτο.
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E CENANDO QUELLI/MENTRE SI CENAVA, FILIPPO SUBITÒ PRESE A DIRE QUALCOSA DI SPIRITOSO (δειπνούντων δὲ αὐτῶν [->genit. assol.] ὁ Φίλιππος γελοῖόν τι εὐθὺς ἐπεχείρει λέγειν), AFFINCHÉ COMPISSE/PER FARE (LE COSE…) (ἵνα δὴ ἐπιτελοίη) A CAUSA DELLE QUALI (ὧνπερ ἕνεκα) VENIVA CHIAMATO OGNI VOLTA AI PRANZI/ BANCHETTI (ἐκαλεῖτο ἑκάστοτε ἐπὶ τὰ δεῖπνα). POICHÉ TUTTAVIA NON MOSSE IL RISO, ALLORA ESSENDOSI ANGUSTIATO (EGLI…) DIVENNE CHIARO/DIVENNE CHIARO CHE ERA ANGUSTIATO (ὡς δ᾽ οὐκ ἐκίνησε γέλωτα, τότε μὲν ἀχθεσθεὶς φανερὸς ἐγένετο). DI NUOVO POCO DOPO DECISE DI DIRE QUALCOS’ALTRO DI DIVERTENTE (αὖθις δ᾽ ὀλίγον ὕστερον ἄλλο τι γελοῖον ἐβούλετο λέγειν). MA POICHÉ NEMMENO ALLORA RISERO PER QUESTO, ESSENDOSI FERMATO NEL MEZZO DEL BANCHETTO (ὡς δὲ οὐδὲ τότε ἐγέλασαν ἐπ᾽ αὐτῷ, παυσάμενος ἐν τῷ μεταξὺ τοῦ δείπνου) DOPO ESSERSI VELATO SI MISE A GIACERE (συγκαλυψάμενος κατέκειτο).
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ἀχθεσθεὶς: partic. aoristo (forma passiva con valore attivo) di ἄχθομαι: sono afflitto, soffro
… ἕνεκα: a causa di…, dove l’oggetto è preposto anziché postposto
παυσάμενος: partic. aoristo att. di παύω: cesso di, smetto di
συγκαλυψάμενος: partic. aoristo medio di συγ-καλύπτω: avvolgo con (συν), nacondo; medio: mi avvolgo con, mi copro; καλύπτω: copro, nascondo
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[15] καὶ ὁ Καλλίας, τί τοῦτ᾽, ἔφη, ὦ Φίλιππε; ἀλλ᾽ ἢ ὀδύνη σε εἴληφε; καὶ ὃς ἀναστενάξας εἶπε: ναὶ μὰ Δί᾽, ἔφη, ὦ Καλλία, μεγάλη γε: ἐπεὶ γὰρ γέλως ἐξ ἀνθρώπων ἀπόλωλεν, ἔρρει τὰ ἐμὰ πράγματα. πρόσθεν μὲν γὰρ τούτου ἕνεκα ἐκαλούμην ἐπὶ τὰ δεῖπνα, ἵνα εὐφραίνοιντο οἱ συνόντες δι᾽ ἐμὲ γελῶντες: νῦν δὲ τίνος ἕνεκα καὶ καλεῖ μέ τις; οὔτε γὰρ ἔγωγε σπουδάσαι ἂν δυναίμην μᾶλλον ἤπερ ἀθάνατος γενέσθαι, οὔτε μὴν ὡς ἀντικληθησόμενος καλεῖ μέ τις, ἐπεὶ πάντες ἴσασιν ὅτι ἀρχὴν οὐδὲ νομίζεται εἰς τὴν ἐμὴν οἰκίαν δεῖπνον προσφέρεσθαι. καὶ ἅμα λέγων ταῦτα ἀπεμύττετό τε καὶ τῇ φωνῇ σαφῶς κλαίειν ἐφαίνετο.
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E CALLIA “COSA (È…) QUESTO?/CHE SUCCEDE?” DISSE “O FILIPPO (καὶ ὁ Καλλίας, τί τοῦτ᾽, ἔφη, ὦ Φίλιππε): FORSE LA TRISTEZZA TI HA PRESO? (ἀλλ᾽ ἢ [->Ma o…=Forse che?] ὀδύνη σε εἴληφε)” E IL QUALE/QUELLO GEMENDO DISSE: “CERTO PER ZEUS” DISSE “CALLIA, PURE GRANDE; DA QUANDO IL RISO DAGLI UOMINI ROVINÒ/È SCAPPATO (καὶ ὃς ἀναστενάξας εἶπε: ναὶ μὰ Δί᾽, ἔφη, ὦ Καλλία, μεγάλη γε: ἐπεὶ γὰρ γέλως ἐξ ἀνθρώπων ἀπόλωλεν), BARCOLLANO I MIEI AFFARI/TRABALLA LA MIA VITA (ἔρρει τὰ ἐμὰ πράγματα). PRIMA CERTAMENTE INFATTI A CAUSA DI ESSO ERO CHIAMATO AI BANCHETTI , AFFINCHÈ FOSSERO RALLEGRATI I CONVITATI RIDENDO PER ME/A CAUSA MIA (πρόσθεν μὲν γὰρ τούτου ἕνεκα ἐκαλούμην ἐπὶ τὰ δεῖπνα, ἵνα εὐφραίνοιντο οἱ συνόντες δι᾽ ἐμὲ γελῶντες); ORA PERÒ A CAUSA DI COSA (νῦν δὲ τίνος ἕνεκα) E CHI MI CHIAMA (καὶ καλεῖ μέ τις)? NÉ INFATTI IO POTREI DARMI DA FARE/IMPEGNARMI/ESSERE SERIO PIÙ CHE (οὔτε γὰρ ἔγωγε ἂν δυναίμην σπουδάσαι μᾶλλον ἤπερ) DIVENTARE IMMORTALE (ἀθάνατος γενέσθαι), NÉ IN VERITÀ QUALCUNO MI CHIAMA (οὔτε μὴν ὡς καλεῖ μέ τις) IN QUANTO CHIAMATO (IO…) DI RIMANDO (ὡς ἀντικληθησόμενος)/NÉ QUALCUNO MI INVITA PERCHÉ IO L'ABBIA A MIA VOLTA INVITATO, POICHÉ TUTTI SANNO CHE (ἐπεὶ πάντες ἴσασιν ὅτι) NEMMENO È RITENUTO/SI RITIENE RIGUARDO ALLA MIA CASA (οὐδὲ νομίζεται εἰς τὴν ἐμὴν οἰκίαν) (ESSERVI…) IL POTERE/LA CAPACITÀ (ἀρχὴν; infinitiva con verbo sottinteso) DI DARE UN PRANZO (δεῖπνον προσφέρεσθαι). E ALLO STESSO TEMPO, DICENDO QUESTE COSE (καὶ ἅμα λέγων ταῦτα), SI SOFFIAVA IL NASO E (ἀπεμύττετό τε καὶ) DALLA VOCE SEMBRAVA CHIARAMENTE PIANGERE (τῇ φωνῇ ἐφαίνετο σαφῶς κλαίειν).
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ἔρρει: ἔρρω: erro, vago senza una meta, barcollo, traballo…
σπουδάσαι: inf. aoristo att. di σπουδάζω: mi do da fare, mi occupo, mi preoccupo di…; vedi σπουδή: impegno, sollecitudine, serietà
μᾶλλον ἤπερ: “più che”…; ἤπερ= ἤ = congiunz. disgiuntiva “o…”; congiunz. comparativa “…che”, latino quam
ἴσασιν: 3ì plur. indic. att. di οἴδα: ho visto, quindi: conosco, so
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[16] πάντες μὲν οὖν παρεμυθοῦντό τε αὐτὸν ὡς αὖθις γελασόμενοι καὶ δειπνεῖν ἐκέλευον, Κριτόβουλος δὲ καὶ ἐξεκάγχασεν ἐπὶ τῷ οἰκτισμῷ αὐτοῦ. ὁ δ᾽ ὡς ᾔσθετο τοῦ γέλωτος, ἀνεκαλύψατό τε καὶ τῇ ψυχῇ παρακελευσάμενος θαρρεῖν, ὅτι ἔσονται συμβολαί, πάλιν ἐδείπνει.
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TUTTI DUNQUE E LO INCORAGGIAVANO IN QUANTO DI NUOVO STANTI PER RIDERE/DICENDO CHE AVREBBERO RISO DI NUOVO AI SUOI SCHERZI (πάντες μὲν οὖν παρεμυθοῦντό τε αὐτὸν ὡς αὖθις γελασόμενοι->il partic. futuro (“stanti per ridere”) dà il senso di qualcosa che deve accadere in futuro) E (GLI…) CHIEDEVANO DI MANGIARE (καὶ δειπνεῖν ἐκέλευον), E CRITOBULO SCOPPIÒ A RIDERE PER IL LAMENTO DI QUELLO (Κριτόβουλος δὲ καὶ ἐξεκάγχασεν ἐπὶ τῷ οἰκτισμῷ αὐτοῦ). E QUELLO COME VIDE IL RISO (ὁ δ᾽ ὡς ᾔσθετο τοῦ γέλωτος), SI SCOPRÌ E (ἀνεκαλύψατό τε καὶ) NELL’ANIMA CONSIGLIANDOSI DI AVERE CORAGGIO/RECUPERANDO FIDUCIA NELL’ANIMO (τῇ ψυχῇ παρακελευσάμενος θαρρεῖν), POICHÉ VI SARANNO INCONTRI/POICHÉ VI SAREBBERO STATI ALTRI INVITI A CENA (ὅτι ἔσονται συμβολαί), DI NUOVO CENAVA (πάλιν ἐδείπνει).
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ἐξεκάγχασεν: 3^ sing. indic. attivo aoristo di ἐκ-καγχάζω: scoppio a ridere; καγχάζω: rido
ᾔσθετο: 3^ sing. indic. imperfetto di αἰσθάνομαι: percepisco, avverto
παρακελευσάμενος θαρρεῖν: “esortandosi ad essere coraggioso”; παρακελευσάμενος: partic. medio aoristo da παρα-κελέυω: prescrivo, medio: mi incoraggio, mi esorto; κελέυω: incoraggio, esorto; θαρρέω: sono coraggioso
συμβολαί: “incontri”, da: σύν (con, assieme) + βάλλω (getto, mi getto, vado)
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