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Immagine del redattoreAdriano Torricelli

IL DIO DEI CRISTIANI NELLA TESTIMONIANZA DI TERTULLIANO

IL DIO DEI CRISTIANI NELLA TESTIMONIANZA DI TERTULLIANO

(Tertulliano – Apologeticum; XVII, XVIII: 1-4)

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Un brano dell’Apologeticum (“Apologia del Cristianesimo”) del padre della chiesa Tertulliano.

In questa orazione l'autore si propone di difendere la causa dei cristiani, ingiustamente perseguitati dello stato romano, facendo tra l’altro molte e interessanti osservazioni sulla fede dei cristiani, paragonata a quella dei loro persecutori pagani…

Nel brano che segue, molto bello e appassionato, Tertulliano descrive le virtù e i caratteri del dio in cui crede: un dio che ha creato un mondo armonioso e bello, e che è allo stesso tempo invisibile (per se stesso) e visibile (attraverso i segni che di sé lascia nel mondo); un dio quindi, che si cela e si svela allo stesso tempo!

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Ma interessante è anche il discorso che egli fa subito dopo, dove afferma che tutti (anche i pagani) hanno una conoscenza istintiva di questo dio, come dimostrano alcuni segni in apparenza trascurabili del comportamento di ogni uomo, sia o non sia egli cristiano (ad esempio il fatto che tutti affermino: 'Dio buono e grande', o 'quello che a Dio piacerà' ("Deus bonus et magnus" et "quod deus dederit") oppure ancora: 'a Dio mi affido' ("deo commendo")). Da ciò egli conclude che in realtà, prima e al di là di tutti condizionamenti culturali cui gli uomini sono sottoposti nel corso della loro vita, ogni anima sia naturalmente cristiana (O testimonium animae naturaliter Christianae)!

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Ma subito dopo – quasi a rovesciare quanto ha appena detto, ovvero che tutti siano naturalmente cristiani – egli ammonisce i suoi ascoltatori a ricercare attivamente la conoscenza del vero dio, prestando attenzione ai segni, sparsi un po’ ovunque (non in ultimo, nella letteratura!), della sua maestà giudicante (…maiestatis suae iudicantis).

Tertulliano infatti, da vero seguace di Cristo, crede in una futura resurrezione di tutti colo che sono morti sin dall’inizio dei tempi, in seguito alla quale essi saranno giudicati: e i giusti (cristiani nell’animo e nella sostanza, se non sul piano della fede esplicita) salvati, gli ingiusti invece (ovvero coloro che non hanno amato e seguito il vero e unico dio) condannati alle fiamme eterne.

Il brano infine, si conclude con una stoccata polemica contro gli scettici e i detrattori della sua religione. Infatti – ricorda Tertulliano – anche i cristiani hanno riso un tempo di “queste cose”, e ciò dal momento che nessuno nasce cristiano, e tuttavia alcuni lo diventano (Haec et nos risimus aliquando. De vestris sumus: Fiunt, non nascuntur Christiani)!

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TESTO LATINO:

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XVII. [1] Quod colimus deus unus est, qui totam molem istam cum omni instrumento elementorum corporum spirituum verbo quo iussit, ratione qua disposuit, virtute qua potuit, de nihilo expressit in ornamentum maiestatis suae, unde et Graeci nomen mundo κόσμον accommodaverunt. [2] Invisibilis est, etsi videatur; incomprehensibilis, etsi per gratiam repraesentetur; inaestimabilis, etsi humanis sensibus aestimetur; ideo verus et tantus est. Ceterum quod videri communiter, quod comprehendi, quod aestimari potest, minus est et oculis, quibus occupatur, et manibus, quibus contaminatur, et sensibus, quibus invenitur; quod vero inmensum est, soli sibi notum est. [3] Hoc est, quod deum aestimari facit, dum aestimari non capit; ita eum vis magnitudinis et notum hominibus obicit et ignotum. Et haec est summa delicti nolentium recognoscere, quem ignorare non possunt.

[4] Vultis ex operibus ipsius tot ac talibus, quibus continemur, quibus sustinemur, quibus oblectamur, etiam quibus exterremur, vultis ex animae ipsius testimonio comprobemus? [5] Quae licet carcere corporis pressa, licet institutionibus pravis circumscripta, licet libidinibus et concupiscentiis evigorata, licet falsis deis exancillata, cum tamen resipiscit, ut ex crapula, ut ex somno, ut ex aliqua valetudine, et sanitatem suam patitur, "deum" nominat, hoc solo, quia proprie verus hic unus. "Deus bonus et magnus" et "quod deus dederit" omnium vox est. [6] Iudicem quoque contestatur illum: "Deus videt" et "deo commendo" et "deus mihi reddet". O testimonium animae naturaliter Christianae! Denique pronuntians haec non ad Capitolium, sed ad caelum respicit. Novit enim sedem dei vivi; ab illo, et inde descendit.

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XVIII. [1] Sed quo plenius et impressius tam ipsum quam dispositiones eius et voluntates adiremus, adiecit instrumentum litteraturae, si qui velit de deo inquirere et inquisito invenire et invento credere et credito deservire. [2] Viros enim iustitiae innocentia dignos deum nosse et ostendere a primordio in saeculum emisit spiritu divino inundatos, quo praedicarent deum unicum esse, qui universa condiderit, qui hominem de humo struxerit ---- hic enim est verus Prometheus ----, qui saeculum certis temporum dispositionibus et exitibus ordinavit, [3] exinde quae signa maiestatis suae iudicantis ediderit per imbres, per ignes, quas demerendo sibi disciplinas determinaverit, quae ignoratis et deser[i]tis et observatis his praemia destinarit, ut qui prodacto aevo isto iudicaturus sit suos cultores in vitae aeternae retributionem, profanos in ignem aeque perpetem et iugem, suscitatis omnibus ab initio defunctis et reformatis et recensitis ad utriusque meriti dispunctionem. [4] Haec et nos risimus aliquando. De vestris sumus: Fiunt, non nascuntur Christiani.

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TRADUZIONE LIBERA:

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CAPO 17 – (Il Dio dei Cristiani)

[1] Ciò che noi adoriamo, è un Dio unico, che tutta codesta mole, insieme a tutto il corredo di elementi, corpi, spiriti, con la parola con cui comandò, con la ragione con cui dispose, con la virtù con cui potè, dal nulla trasse fuori a ornamento della sua maestà; onde anche i Greci all'universo dettero il nome di "kòsmos".

[2] Esso è invisibile, sebbene si veda; inafferrabile, sebbene per grazia si renda presente; incomprensibile, sebbene si lasci dalle facoltà umane comprendere: per questo è vero e così grande. Il resto che comunemente si può vedere, afferrare, comprendere, minore è degli occhi da cui è abbracciato, della mano con cui viene a contatto, dei sensi da cui viene scoperto.

[3] Invece ciò che è incommensurabile, solo a se stesso è noto. Questo è ciò che Dio fa comprendere, il fatto che di essere compreso non cape; così l'immensità della sua grandezza agli uomini lo presenta noto e ignoto. E in questo sta la colpa principale di coloro che riconoscere non vogliono Colui, che ignorare non possono.

[4] Volete che lo proviamo dalle di Lui opere, tante e tali, onde siamo circondati, sostentati, allietati, spaventati anche? Volete che lo proviamo in base alla testimonianza dell'anima stessa?

[5] La quale, pur nel carcere del corpo serrata, pur da insegnamenti pravi circondata, pur da passioni e concupiscenze svigorita, pur a false divinità asservita, tuttavia, quando ritorna in sè come dopo l'ubriachezza o un sonno o qualche malattia, e il possesso riprende della sua condizione sana, fa il nome di Dio, con questa sola parola, poiché è propria del Dio vero: e 'Dio buono e grande', e 'quello che a Dio piacerà' sono le parole di tutti. Anche quale giudice lo attesta: 'Dio vede' e 'a Dio mi affido' e 'Dio me lo renderà'. O testimonianza dell'anima naturalmente cristiana! In fine, pronunciando queste parole, non al Campidoglio, ma al cielo volge lo sguardo. Conosce infatti la sede del Dio vivente: da Lui e di là essa è discesa.

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CAPO 18 – (Divina missione dei profeti del popolo ebreo; e della Santa Scrittura)

[1] Ma, affinché più completamente ed a fondo sia alla conoscenza di Lui, che delle sue disposizioni e volontà arrivassimo, il mezzo Egli aggiunse del documento scritto, qualora uno intorno a Dio indagare voglia e, indagatolo, trovarlo e, trovatolo, credere e, credutolo, servirlo. [2] E invero fin dai primordi uomini mandò nel mondo per la loro intemerata giustizia degni di conoscere e manifestare Dio, di spirito divino inondati, affinché predicassero che un Dio unico esiste, il quale l'universo creò e l'uomo fabbricò di terra (questo infatti è il vero Prometeo che il mondo con determinate disposizioni e successioni di stagioni ordinò); [3] inoltre, quali segni della maestà sua giudicatrice abbia con piogge e fulmini manifestato, quali leggi fissate per bene meritare di Lui, quali retribuzioni destinate all'ignoranza, al disconoscimento e all'osservanza di queste: come Colui che, compiuta codesta età, sarà per giudicare i suoi cultori, retribuendoli con la vita eterna, gli empi con il fuoco ugualmeate perpetuo e continuo, dopo avere risuscitati, rinnovati e passati in rassegna tutti, quanti dall'inizio del mondo sono morti, per valutarne il merito e il demerito.

[4] Anch'io ho riso un tempo di ciò. Provengo dai vostri. Cristiani si diventa, non si nasce.

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TRADUZIONE SPIEGATA:

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XVII. [1] Quod colimus deus unus est, qui totam molem istam cum omni instrumento elementorum corporum spirituum verbo quo iussit, ratione qua disposuit, virtute qua potuit, de nihilo expressit in ornamentum maiestatis suae, unde et Graeci nomen mundo κόσμον accommodaverunt.

Ciò che onoriamo/adoriamo è un Dio unico (Quod colimus deus unus est), che tutto questo ammasso dal nulla tirò fuori/creò (qui totam molem istam de nihilo expressit) con tutto l’apparato degli elementi, dei corpi, delle anime (cum omni instrumento elementorum corporum spirituum) col verbo con cui comandò (verbo quo iussit), con la ragione con cui dispose/ordinò (ratione qua disposuit), con la virtù con cui poté/fu in grado di (fare ciò…) (virtute qua potuit) a ornamento della sua maestà (in ornamentum maiestatis suae), da cui/per la qual cosa anche i Greci attribuirono al mondo il nome di κόσμον/cosmo/ordine e bellezza (unde et Graeci nomen mundo κόσμον accommodaverunt).

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[2] Invisibilis est, etsi videatur; incomprehensibilis, etsi per gratiam repraesentetur; inaestimabilis, etsi humanis sensibus aestimetur; ideo verus et tantus est. Ceterum quod videri communiter, quod comprehendi, quod aestimari potest, minus est et oculis, quibus occupatur, et manibus, quibus contaminatur, et sensibus, quibus invenitur; quod vero inmensum est, soli sibi notum est.

È invisibile, anche qualora appaia/anche se si manifesta (Invisibilis est, etsi videatur); incomprensibile, anche qualora attraverso la grazia sia rappresentato/anche se attraverso la grazia può essere compreso (incomprehensibilis, etsi per gratiam repraesentetur); inestimabile, anche qualora sia sperimentato dai sensi umani/anche se dai sensi dell’uomo può essere apprezzato (inaestimabilis, etsi humanis sensibus aestimetur); perciò (tale Dio…) è vero e tanto grande (ideo verus et tantus est). Il resto che/Tutto ciò che (Ceterum quod) comunemente/da tutti (communiter) può esser visto, che (può…) essere compreso, che (può…) essere sperimentato (videri potest, quod comprehendi, quod aestimari) è minore/di valore inferiore sia per gli occhi, da cui è posseduto/veduto (minus est et oculis, quibus occupatur), sia per le mani da cui è contaminato/toccato (et manibus, quibus contaminatur), sia dai sensi dai quali è trovato/conosciuto (et sensibus, quibus invenitur); ciò che davvero è immenso, a sé solo è noto (quod vero inmensum est, soli sibi notum est).

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[3] Hoc est, quod deum aestimari facit, dum aestimari non capit; ita eum vis magnitudinis et notum hominibus obicit et ignotum. Et haec est summa delicti nolentium recognoscere, quem ignorare non possunt.

Vi è questo fatto il quale/che (Hoc est, quod) fa sì che (facit) dio possa essere conosciuto (deum aestimari), mentre/anche se non permette di essere conosciuto (dum aestimari non capit)//È questo il fatto: che dio può essere conosciuto, laddove non lo si può conoscere (Hoc est, quod deum aestimari facit, dum aestimari non capit); così la forza della (sua…) grandezza (ita vis magnitudinis) lo getta davanti agli uomini/ce lo rende (eum obicit hominibus) sia noto sia ignoto (et notum et ignotum). E questa è la summa/il massimo del delitto/del peccato (Et haec est summa delicti) di coloro che non vogliono riconoscere (colui…) (nolentium recognoscere), il quale non possono ignorare (quem ignorare non possunt)//E questo è il sommo peccato di alcuni: non voler riconoscere colui che allo stesso tempo non possono ignorare (Et haec est summa delicti nolentium recognoscere, quem ignorare non possunt)!

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[4] Vultis ex operibus ipsius tot ac talibus, quibus continemur, quibus sustinemur, quibus oblectamur, etiam quibus exterremur, vultis ex animae ipsius testimonio comprobemus?

Volete che (Vultis (ut…+ cong.) ) dalle sue opere, tanto grandi e tali/tanto gloriose (ex operibus ipsius tot ac talibus), da cui siamo circondati, da cui siamo sostenuti/tenuti in vita, da cui siamo dilettati, (quibus continemur, quibus sustinemur, quibus oblectamur) da cui anche/inoltre siamo atterriti/spaventati (etiam quibus exterremur), volete che proviamo (la sua esistenza…) (vultis (ut…) comprobemus) dal testimonio/dalla prova della sua anima (ex animae ipsius testimonio)?//Volete che proviamo la sua esistenza dalle sue opere, tanto grandi e magnifiche, che ci circondano, ci sostengono, ci dilettano e talvolta ci atterriscono, o che la proviamo dai segni della sua misericordia (Vultis ex operibus ipsius tot ac talibus, quibus continemur, quibus sustinemur, quibus oblectamur, etiam quibus exterremur, vultis ex animae ipsius testimonio comprobemus?)?

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[5] Quae licet carcere corporis pressa, licet institutionibus pravis circumscripta, licet libidinibus et concupiscentiis evigorata, licet falsis deis exancillata, cum tamen resipiscit, ut ex crapula, ut ex somno, ut ex aliqua valetudine, et sanitatem suam patitur, "deum" nominat, hoc solo, quia proprie verus hic unus. "Deus bonus et magnus" et "quod deus dederit" omnium vox est.

La quale, sebbene (Quae licet) compressa dalla prigione del corpo, sebbene circondata/limitata da ordinamenti ingiusti (carcere corporis pressa, licet institutionibus pravis circumscripta), sebbene svigorita da libidini e concupiscenze (licet libidinibus et concupiscentiis evigorata), sebbene sottomessa a falsi dei (licet falsis deis exancillata), quando tuttavia rinsavisce (cum tamen resipiscit), come dalla crapula, come dal sonno, come da una qualche malattia (ut ex crapula, ut ex somno, ut ex aliqua valetudine), e trova la sua salute/sanità (et sanitatem suam patitur), “dio” grida: questo soltanto ("deum" nominat, hoc solo), poiché propriamente vero (è…) questo unico (dio…) (quia proprie verus hic unus). “Dio buono e grande” e “ciò che dio abbia dato/ha voluto dare” è una voce/un’esclamazione di tutti/comune ("Deus bonus et magnus" et "quod deus dederit" omnium vox est)!

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[6] Iudicem quoque contestatur illum: "Deus videt" et "deo commendo" et "deus mihi reddet". O testimonium animae naturaliter Christianae! Denique pronuntians haec non ad Capitolium, sed ad caelum respicit. Novit enim sedem dei vivi; ab illo, et inde descendit.

Anche/Inoltre invoca quel giudice (Iudicem quoque contestatur illum): “Dio vede” e “A dio (mi…) affido” e “Dio mi ricompenserà”. ("Deus videt" et "deo commendo" et "deus mihi reddet") O testimonianza di un’anima naturalmente cristiana (O testimonium animae naturaliter Christianae)! Insomma, pronunciando queste cose non al Campidoglio, ma al cielo (essa…) guarda (Denique pronuntians haec non ad Capitolium, sed ad caelum respicit)! Ha conosciuto difatti la sede del dio vivo (Novit enim sedem dei vivi); da quello/da quel dio (ab illo), e da lì (et inde) è discesa/è nata (descendit).

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XVIII. [1] Sed quo plenius et impressius tam ipsum quam dispositiones eius et voluntates adiremus, adiecit instrumentum litteraturae, si qui velit de deo inquirere et inquisito invenire et invento credere et credito deservire.

Ma perché/affinché più pienamente e più profondamente (Sed quo plenius et impressius) tanto lui quanto le sue disposizioni e volontà avessimo raggiunto/potessimo conoscere (tam ipsum quam dispositiones eius et voluntates adiremus), (egli ci…) ha gettato/ha portato lo strumento della letteratura (adiecit instrumentum litteraturae), se/qualora qualcuno (si qui; qui=quis: qualcuno) voglia su dio investigare (velit de deo inquirere) e investigato(lo) trovar(lo) (et inquisito invenire; inquisito: ablativo assoluto, “essendo stato oggetto di ricerca”; idem per gli altri participi invento e credito) e trovato(lo) creder(vi) (et invento credere) e creduto(lo) servir(lo) (et credito deservire).

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[2] Viros enim iustitiae innocentia dignos deum nosse et ostendere a primordio in saeculum emisit spiritu divino inundatos, quo praedicarent deum unicum esse, qui universa condiderit, qui hominem de humo struxerit ---- hic enim est verus Prometheus ----, qui saeculum certis temporum dispositionibus et exitibus ordinavit,

Infatti per l’innocenza/la purezza della (loro…) giustizia (enim iustitiae innocentia) sin dall’inizio nel mondo/in questo mondo (dio…) mandò (a primordio in saeculum emisit) uomini degni/capaci di avere conosciuto/comprendere dio (viros dignos deum nosse) e mostrar(lo) (et ostendere), inondati dallo spirito divino (spiritu divino inundatos), col/attraverso il quale predicassero che dio è unico/uno solo (quo praedicarent deum unicum esse), il quale (=dio) pose assieme/creò tutte le cose (qui universa condiderit), che l’uomo dalla terra costruì (qui hominem de humo struxerit) – questi infatti è il vero Prometeo (hic enim est verus Prometheus) – che il secolo/mondo (qui saeculum) ordinò con certe/sicure disposizioni temporali e termini/periodi (certis temporum dispositionibus et exitibus ordinavit),

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[3] exinde quae signa maiestatis suae iudicantis ediderit per imbres, per ignes, quas demerendo sibi disciplinas determinaverit, quae ignoratis et deser[i]tis et observatis his praemia destinarit, ut qui prodacto aevo isto iudicaturus sit suos cultores in vitae aeternae retributionem, profanos in ignem aeque perpetem et iugem, suscitatis omnibus ab initio defunctis et reformatis et recensitis ad utriusque meriti dispunctionem.

…e inoltre (->col quale predicassero, sottinteso; vedi sopra: “quo praedicarent”…) quali segni della sua maestà giudicante avesse partorito/dato (exinde quae signa maiestatis suae iudicantis ediderit) attraverso i temporali, attraverso i fulmini (per imbres, per ignes), quali leggi avesse determinato (quas disciplinas determinaverit) per sé per essere meritato/per ricevere la sua approvazione (demerendo sibi), quali premi avesse destinato (quae praemia destinarit) per questi/per gli uomini ignorati e abbandonati (da tutti…) (his ignoratis et deser[i]tis et observatis), affinché qualcuno/chiunque possa in seguito giudicare/vedere (ut qui(=quis) iudicaturus sit) in questo secolo avanzato (prodacto aevo isto) i suoi seguaci nella retribuzione della vita eterna (suos cultores in retributionem vitae aeternae)//come i suoi fedeli siano destinati al premio della vita eterna (suos cultores in vitae aeternae retributionem), i profani/coloro che non credono in lui (profanos) (siano destinati invece…) a un fuoco perpetuo e inesauribile (in ignem aeque perpetem et iugem), essendo stati risvegliati tutti sin dall’inizio (dei tempi…) i defunti (suscitatis omnibus ab initio defunctis) ed essendo stati ricostituiti e giudicati (et reformatis et recensitis) per il conto di ciascuno dei due compensi (ad dispunctionem utriusque meriti)//dopo che saranno risvegliati e ricostituiti nei loro corpi tutti i defunti dall’inizio dei tempi, e giudicati secondo il conto di entrambi i compensi che loro spettano (=quello per il bene e quello per il male fatto!...) (suscitatis omnibus ab initio defunctis et reformatis et recensitis ad utriusque meriti dispunctionem).

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[4] Haec et nos risimus aliquando. De vestris sumus: Fiunt, non nascuntur Christiani.

Queste cose/idee anche noi deridemmo un tempo (Haec et nos risimus aliquando). Siamo dei vostri (De vestris sumus): Divengono/Si diventa, non nascono/non si nasce cristiani (Fiunt, non nascuntur Christiani).


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