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Immagine del redattoreAdriano Torricelli

IL DISCORSO DEL PERSIANO OTANE SULLA DEMOCRAZIA

IL DISCORSO DEL PERSIANO OTANE SULLA DEMOCRAZIA

(Erodoto, Storie: III, 80)

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All’incirca alla metà del terzo libro (*Talia*) delle Storie di Erodoto, subito dopo il racconto del tentativo (fallito) dei Magi di sovvertire la monarchia persiana, si colloca il curioso resoconto di un dibattito che sarebbe avvenuto tra tre nobili persiani, i quali si chiesero quale tra le tre possibili forme di governo (democratica, oligarchica, monarchica) fosse la migliore.

Questi discorsi – sottolinea Erodoto – a taluni greci potranno sembrare incredibili (ἄπιστοι), dal momento che implicano l’esistenza di uno spirito critico in ambito politico, anche presso un popolo come quello persiano, che di un tale spirito sembrava ai greci del tutto sprovvisto, considerando la passiva e plurisecolare accettazione di una tradizione oppressiva e dispotica quale appunto quella rappresentata dalla monarchia persiana.

E di questi tre discorsi (rispettivamente di Otane, di Megabizo e di Dario: il futuro re di Persia), il più strano e incredibile è senza dubbio il primo, quello nel quale un certo Otane difende la forma di governo più distante dalle tradizioni persiane, ovvero quella democratica, che si inverava a quei tempi solo nelle città-stato greche più avanzate e moderne…

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(Si noti che quello di Erodoto è un greco ionico, grammaticalmente leggermente diverso da quello solito: attico, classico o della cosiddetta koiné ellenistica!)

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Testo originale:

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[80] -- 1 Ἐπείτε δὲ κατέστη ὁ θόρυβος καὶ ἐκτὸς πέντε ἡμερέων ἐγένετο, ἐβουλεύοντο οἱ ἐπαναστάντες τοῖσι Μάγοισι περὶ τῶν πάντων πρηγμάτων καὶ ἐλέχθησαν λόγοι ἄπιστοι μὲν ἐνίοισι Ἑλλήνων, ἐλέχθησαν δ᾽ ὦν. 2 Ὀτάνης μὲν ἐκέλευε ἐς μέσον Πέρσῃσι καταθεῖναι τὰ πρήγματα, λέγων τάδε. «Ἐμοὶ δοκέει ἕνα μὲν ἡμέων μούναρχον μηκέτι γενέσθαι. Οὔτε γὰρ ἡδὺ οὔτε ἀγαθόν. Εἴδετε μὲν γὰρ τὴν Καμβύσεω ὕβριν ἐπ᾽ ὅσον ἐπεξῆλθε, μετεσχήκατε δὲ καὶ τῆς τοῦ Μάγου ὕβριος. 3 Κῶς δ᾽ἂν εἴη χρῆμα κατηρτημένον μουναρχίη, τῇ ἔξεστι ἀνευθύνῳ ποιέειν τὰ βούλεται; καὶ γὰρ ἂν τὸν ἄριστον ἀνδρῶν πάντων, στάντα ἐς ταύτην, ἐκτὸς τῶν ἐωθότων νοημάτων στήσειε. Ἐγγίνεται μὲν γάρ οἱ ὕβρις ὑπὸ τῶν παρεόντων ἀγαθῶν, φθόνος δὲ ἀρχῆθεν ἐμφύεται ἀνθρώπῳ. 4 Δύο δ᾽ἔχων ταῦτα ἔχει πᾶσαν κακότητα· τὰ μὲν γὰρ ὕβρι κεκορημένος ἔρδει πολλὰ καὶ ἀτάσθαλα, τὰ δὲ φθόνῳ. Καίτοι ἄνδρα γε τύραννον ἄφθονον ἔδει εἶναι, ἔχοντά γε πάντα τὰ ἀγαθά. Τὸ δὲ ὑπεναντίον τούτου ἐς τοὺς πολιήτας πέφυκε· φθονέει γὰρ τοῖσι ἀρίστοισι περιεοῦσί τε καὶ ζώουσι, χαίρει δὲ τοῖσι κακίστοισι τῶν ἀστῶν, διαβολὰς δὲ ἄριστος ἐνδέκεσθαι. 5 ἀναρμοστότατον δὲ πάντων· ἤν τε γὰρ αὐτὸν μετρίως θωμάζῃς, ἄχθεται ὅτι οὐ κάρτα θεραπεύεται, ἤν τε θεραπεύῃ τις κάρτα, ἄχθεται ἅτε θωπί. Τὰ δὲ δὴ μέγιστα ἔρχομαι ἐρέων· νόμαιά τε κινέει πάτρια καὶ βιᾶται γυναῖκας κτείνει τε ἀκρίτους. 6 Πλῆθος δὲ ἄρχον πρῶτα μὲν οὔνομα πάντων κάλλιστον ἔχει, ἰσονομίην, δεύτερα δὲ τούτων τῶν ὁ μούναρχος ποιέει οὐδέν· πάλῳ μὲν ἀρχὰς ἄρχει, ὑπεύθυνον δὲ ἀρχὴν ἔχει, βουλεύματα δὲ πάντα ἐς τὸ κοινὸν ἀναφέρει. Τίθεμαι ὦν γνώμην μετέντας ἡμέας μουναρχίην τὸ πλῆθος ἀέξειν· ἐν γὰρ τῷ πολλῷ ἔνι τὰ πάντα».

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Testo tradotto:

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1 Dopo che il tumulto cessò e furono passati cinque giorni, quelli che si erano ribellati ai Magi tenevano consiglio sulla situazione generale e furono pronunciati discorsi incredibili per taluni dei Greci, ma furono tuttavia pronunciati. 2 Otane esortava a rendere i Persiani partecipi della cosa pubblica dicendo queste cose: “A me pare opportuno che nessuno divenga più nostro sovrano. Non è infatti né cosa gradevole né buona. Vedeste infatti a che punto giunse la tracotanza di Cambise ed avete provato anche la tracotanza del Mago. 3 In che modo sarebbe una cosa ben ordinata la monarchia, cui è lecito fare ciò che vuole senza darne conto? e infatti, collocato in essa, allontanerebbe dai sentimenti abituali il migliore fra tutti gli uomini. A seguito dei beni presenti, si genera infatti in lui la tracotanza mentre l’invidia è presente nell’uomo sin dall’inizio. 4 Avendo questi due vizi ha ogni malvagità; infatti alcune cose, molte e scellerate, le compie per tracotanza, altre per invidia. Eppure sarebbe necessario che un sovrano, avendo ogni bene, fosse privo di invidia. Invece per natura è il contrario di questo nei confronti dei cittadini; invidia infatti i migliori che gli stanno intorno e sono vivi, si compiace dei peggiori fra i cittadini ed è il migliore ad accogliere le calunnie. 5 La cosa però più strana di tutte: se tu infatti lo ossequi con moderazione, si adira perché non è ossequiato abbastanza, e se qualcuno lo ossequia molto, si adira perché è un adulatore. Vado quindi a dire le cose più gravi: sovverte le patrie usanze, fa violenza alle donne e uccide senza processo. 6 Invece il popolo che governa ha, per prima cosa, il nome più bello, isonomia, in secondo luogo non fa nulla di ciò che fa un sovrano; esercita a sorte le cariche, detiene un potere soggetto a rendiconto e porta ogni deliberazione in comune. Propongo dunque che noi, deposta la monarchia, eleviamo al potere il popolo; nella massa infatti c’è tutto il potere”.

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Testo greco spiegato:

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1 Ἐπείτε δὲ κατέστη ὁ θόρυβος καὶ ἐκτὸς πέντε ἡμερέων ἐγένετο, ἐβουλεύοντο οἱ ἐπαναστάντες τοῖσι Μάγοισι περὶ τῶν πάντων πρηγμάτων καὶ ἐλέχθησαν λόγοι ἄπιστοι μὲν ἐνίοισι Ἑλλήνων, ἐλέχθησαν δ᾽ ὦν.

Dopo che il tumulto cessò (Ἐπείτε δὲ κατέστη ὁ θόρυβος) e furono passati cinque giorni (καὶ ἐκτὸς πέντε ἡμερέων ἐγένετο; letter.: “ed era/accadeva (καὶ ἐγένετο) (ciò…) dopo cinque giorni (ἐκτὸς πέντε ἡμερέων)), quelli che si erano ribellati ai Magi(οἱ ἐπαναστάντες τοῖσι Μάγοισι) tenevano consiglio (ἐβουλεύοντο) sulla situazione generale (περὶ τῶν πάντων πρηγμάτων) e furono pronunciati discorsi incredibili per taluni dei Greci (καὶ ἐλέχθησαν λόγοι ἄπιστοι μὲν ἐνίοισι Ἑλλήνων; ἐλέχθησαν: 3^ plur. indic. passivo aoristo di λέγω: dico), ma furono tuttavia pronunciati (ἐλέχθησαν δ᾽ ὦν->= οὖν).

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2 Ὀτάνης μὲν ἐκέλευε ἐς μέσον Πέρσῃσι καταθεῖναι τὰ πρήγματα, λέγων τάδε. «Ἐμοὶ δοκέει ἕνα μὲν ἡμέων μούναρχον μηκέτι γενέσθαι. Οὔτε γὰρ ἡδὺ οὔτε ἀγαθόν.

Otane esortava (Ὀτάνης μὲν ἐκέλευε) a rendere i Persiani partecipi della cosa pubblica (ἐς μέσον Πέρσῃσι καταθεῖναι τὰ πρήγματα: infinitiva; letter: “essere sottoposte/che fossero sottoposte (καταθεῖναι) le cose/i fatti pubblici (τὰ πρήγματα) ai Persiani (Πέρσῃσι) nel mezzo (ἐς μέσον)), dicendo queste cose (λέγων τάδε): “A me pare opportuno (Ἐμοὶ δοκέει) che nessuno divenga più nostro sovrano (ἕνα μὲν ἡμέων μούναρχον μηκέτι γενέσθαι; letteralm: “che qualcuno non più divenga…” (ἕνα μηκέτι γενέσθαι)). Non è infatti né cosa gradevole né buona (Οὔτε γὰρ ἡδὺ οὔτε ἀγαθόν).

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Εἴδετε μὲν γὰρ τὴν Καμβύσεω ὕβριν ἐπ᾽ ὅσον ἐπεξῆλθε, μετεσχήκατε δὲ καὶ τῆς τοῦ Μάγου ὕβριος.

Vedeste infatti (Εἴδετε μὲν γὰρ) a che punto (ἐπ᾽ ὅσον) giunse la tracotanza di Cambise (τὴν Καμβύσεω ὕβριν ἐπεξῆλθε; letteralm: “vedeste infatti la tracotanza di Cambise (Εἴδετε μὲν γὰρ τὴν Καμβύσεω ὕβριν), a che punto (essa…) giunse (ἐπ᾽ ὅσον ἐπεξῆλθε)) ed avete provato anche la tracotanza del Mago (μετεσχήκατε δὲ καὶ τῆς τοῦ Μάγου ὕβριος; μετεσχήκατε: 2^ plur. indic. attivo perfetto di μετέχω: partecipo, esperimento + genit.; ὕβριος=ὕβρεως: genit. sing. di ὕβρις: tracotanza).

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3 Κῶς δ᾽ἂν εἴη χρῆμα κατηρτημένον μουναρχίη, τῇ ἔξεστι ἀνευθύνῳ ποιέειν τὰ βούλεται; καὶ γὰρ ἂν τὸν ἄριστον ἀνδρῶν πάντων, στάντα ἐς ταύτην, ἐκτὸς τῶν ἐωθότων νοημάτων στήσειε.

In che modo (Κῶς=Πῶς) sarebbe una cosa ben ordinata la monarchia (δ᾽ἂν εἴη χρῆμα κατηρτημένον μουναρχίη; κατηρτημένον: neutro sing. partic. passivo perfetto di καταρτάω/καταρτέω: ordino), cui (τῇ=ᾗ) è lecito fare (ἔξεστι ποιέειν) ciò che vuole (τὰ βούλεται; τὰ=ἇ: “le cose che”) senza darne conto (ἀνευθύνῳ)? e infatti, collocato in essa (καὶ γὰρ, στάντα ἐς ταύτην), allontanerebbe dai sentimenti abituali (στήσειε ἂν ἐκτὸς τῶν ἐωθότων νοημάτων) il migliore fra tutti gli uomini (τὸν ἄριστον ἀνδρῶν πάντων).

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Ἐγγίνεται μὲν γάρ οἱ ὕβρις ὑπὸ τῶν παρεόντων ἀγαθῶν, φθόνος δὲ ἀρχῆθεν ἐμφύεται ἀνθρώπῳ.

A seguito dei beni presenti (ὑπὸ τῶν παρεόντων ἀγαθῶν), si genera infatti in lui la tracotanza (Ἐγγίνεται μὲν γάρ οἱ ὕβρις; οἱ=αὐτῷ) mentre (δὲ) l’invidia è presente nell’uomo (φθόνος ἐμφύεται ἀνθρώπῳ) sin dall’inizio (ἀρχῆθεν).

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4 Δύο δ᾽ἔχων ταῦτα ἔχει πᾶσαν κακότητα· τὰ μὲν γὰρ ὕβρι κεκορημένος ἔρδει πολλὰ καὶ ἀτάσθαλα, τὰ δὲ φθόνῳ. Καίτοι ἄνδρα γε τύραννον ἄφθονον ἔδει εἶναι, ἔχοντά γε πάντα τὰ ἀγαθά.

Avendo questi due vizi (Δύο δ᾽ἔχων ταῦτα) ha ogni malvagità (ἔχει πᾶσαν κακότητα); infatti alcune cose (τὰ μὲν γὰρ), molte e scellerate (πολλὰ καὶ ἀτάσθαλα), le compie per tracotanza (κεκορημένος ἔρδει; letteralm.: “(le…) compie (ἔρδει) essendo stato saziato/per sazietà (κεκορημένος: nomin. sing. masch. del partic. pass. perf. di κορέννυμι: sazio)), altre per invidia (τὰ δὲ φθόνῳ). Eppure sarebbe necessario (Καίτοι ἔδει) che un sovrano (ἄνδρα γε τύραννον), avendo ogni bene (ἔχοντά γε πάντα τὰ ἀγαθά), fosse privo di invidia (ἄφθονον εἶναι).

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Τὸ δὲ ὑπεναντίον τούτου ἐς τοὺς πολιήτας πέφυκε· φθονέει γὰρ τοῖσι ἀρίστοισι περιεοῦσί τε καὶ ζώουσι, χαίρει δὲ τοῖσι κακίστοισι τῶν ἀστῶν,.

Invece (δὲ) per natura è (πέφυκε) il contrario di questo (Τὸ ὑπεναντίον τούτου) nei confronti dei cittadini(ἐς τοὺς πολιήτας); invidia infatti i migliori che gli stanno intorno (φθονέει γὰρ τοῖσι ἀρίστοισι περιεοῦσί) e che sono vivi (τε καὶ ζώουσι), si compiace dei peggiori fra i cittadini(χαίρει δὲ τοῖσι κακίστοισι τῶν ἀστῶν) ed è il migliore ad accogliere (δὲ ἄριστος ἐνδέκεσθαι->=infinito di ἐνδέχομαι, ovvero di ἐνδέκομαι nella forma ionica!) le calunnie (διαβολὰς).

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5 ἀναρμοστότατον δὲ πάντων· ἤν τε γὰρ αὐτὸν μετρίως θωμάζῃς, ἄχθεται ὅτι οὐ κάρτα θεραπεύεται, ἤν τε θεραπεύῃ τις κάρτα, ἄχθεται ἅτε θωπί.

La cosa però più strana di tutte (ἀναρμοστότατον δὲ πάντων): se tu infatti lo ossequi con moderazione (ἤν τε γὰρ αὐτὸν μετρίως θωμάζῃς), si adira perché non è ossequiato abbastanza (ἄχθεται ὅτι οὐ κάρτα θεραπεύεται; κάρτα: avverbio, “fortemente”), e se qualcuno lo ossequia molto (ἤν τε θεραπεύῃ τις κάρτα), si adira perché è un adulatore (ἄχθεται ἅτε θωπί; ἅτε= “visto che…”; θωπί=θωπέι).

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Τὰ δὲ δὴ μέγιστα ἔρχομαι ἐρέων· νόμαιά τε κινέει πάτρια καὶ βιᾶται γυναῖκας κτείνει τε ἀκρίτους.

Vado quindi a dire le cose più gravi (Τὰ δὲ δὴ μέγιστα ἔρχομαι ἐρέων->=partic. (ionico) di εἴρομαι, ionico: ἐρέομαι: interrogo, dico; ἔρχομαι ἐρέων: “vengo dicendo”): sovverte le patrie usanze (νόμαιά τε κινέει πάτρια), fa violenza alle donne(καὶ βιᾶται γυναῖκας) e uccide senza processo (κτείνει τε ἀκρίτους-> letteralm. “non giudicati, non processati”, ovviamente intendi “gli uomini”).

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6 Πλῆθος δὲ ἄρχον πρῶτα μὲν οὔνομα πάντων κάλλιστον ἔχει, ἰσονομίην, δεύτερα δὲ τούτων τῶν ὁ μούναρχος ποιέει οὐδέν· πάλῳ μὲν ἀρχὰς ἄρχει, ὑπεύθυνον δὲ ἀρχὴν ἔχει, βουλεύματα δὲ πάντα ἐς τὸ κοινὸν ἀναφέρει.

Invece il popolo che governa ha (Πλῆθος δὲ ἄρχον), per prima cosa (πρῶτα), il nome più bello, isonomia (μὲν οὔνομα πάντων, ἰσονομίην), in secondo luogo (δεύτερα δὲ) non fa nulla di ciò che fa un sovrano (τούτων τῶν ὁ μούναρχος ποιέει οὐδέν; esteso: τούτων τῶν/=ὧν/=ἅ (di tutte le cose le quali) ὁ μούναρχος ποιέει (il monarca fa) οὐδέν ποιέει (nulla fa)); esercita a sorte le cariche (πάλῳ μὲν ἀρχὰς ἄρχει), detiene un potere soggetto a rendiconto (ὑπεύθυνον δὲ ἀρχὴν ἔχει) e porta ogni deliberazione in comune(βουλεύματα δὲ πάντα ἐς τὸ κοινὸν ἀναφέρει).

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Τίθεμαι ὦν γνώμην μετέντας ἡμέας μουναρχίην τὸ πλῆθος ἀέξειν· ἐν γὰρ τῷ πολλῷ ἔνι τὰ πάντα».

Propongo dunque (Τίθεμαι ὦν γνώμην) che noi (ἡμέας…), deposta la monarchia (μετέντας μουναρχίην; μετέντας: acc. masch. plur. partic. aoristo di μετ-ίημι: scaccio), eleviamo al potere il popolo (…τὸ πλῆθος ἀέξειν->=αὐξάνειν: accrescere, aumentare); nella massa infatti c’è tutto il potere” (ἐν γὰρ τῷ πολλῷ ἔνι τὰ πάντα; ἐν τῷ πολλῷ ἔνι: letteralm: “nel molto uno/unico”, ovvero “solo nella molteplicità/nella massa”).

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