IL LEGAME INCONFESSATO TRA VERRE E CECILIO (IL SUO PRESUNTO ACCUSATORE)
(Cicerone, In Cecilium divinatio: 55-58)
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Dopo avere squalificato la professionalità e la competenza di Cecilio come avvocato, Cicerone mostra le ragioni inconfessate per cui questi vorrebbe essere l’accusatore di Verre nel processo a suo carico, impedendo così ad altri di farlo.
Cecilio infatti, spiega Cicerone, ha degli “altarini” che – qualora l’accusa fosse affidata a lui anziché al suo rivale – certamente eviterebbe di sollevare, per non perdere la faccia di fronte agli ascoltatori del processo! (id quoque ad rem pertinere arbitror, qualis iniuria dicatur quae causa inimicitiarum proferatur. cognoscite ex me; nam iste eam profecto, nisi plane nihil sapit, numquam proferet).
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Ciò che Cecilio vuole nascondere del suo passato, è una squallida vicenda di abusi ai danni di una certa Agonide, una ex sacerdotessa di Venere Ericinia, alla quale Cecilio e un luogotenente di Antonio avevano arbitrariamente sottratto degli averi, suscitando così l’indignazione di Verre all’inizio del suo mandato, quando questi era ancora sotto l’influenza di un uomo virtuoso, Quinto Mucio (est adhuc, id quod vos omnis admirari video, non Verres). La vicenda aveva peraltro indotto lo stesso Verre a costringerli a restituire il maltolto alla donna.
Proprio un tale atto di onestà dell'imputato, che denuncia le malefatte di Cecilio, è ciò che quest’ultimo vorrebbe impedire che emerga durante il processo.
D’altronde, sottolinea Cicerone, Verre in seguito aveva mostrato a tutti quale fosse la sua vera natura (sed repente e vestigio ex homine tamquam aliquo Circaeo poculo factus est Verres) derubando a sua volta la povera Agonide e riappacificandosi, guarda caso, con Cecilio (altra cosa che quest’ultimo vorrebbe occultare…)
Cicerone dunque conclude chiedendosi se Cecilio sia un falso accusatore o se addirittura sia colluso con colui che dovrebbe accusare (…utrum te perfidiosum an prevaricatorem existimari mavis). E subito oltre si chiede cosa resti, dopo queste informazioni, che possa giustificare il fatto che egli sia da preferire come accusatore non solo a Cicerone ma anche a chiunque altro (quodsi ne iniuriae quidem, quae tibi ab illo facta sit, causa remanet, quid habes quod possis dicere quam ob rem non modo mihi, sed cuiquam anteponare?).
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TESTO LATINO:
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[55] at eam tibi C. Verres fecit iniuriam quae ceterorum quoque animos possit alieno incommodo commovere. minime; nam id quoque ad rem pertinere arbitror, qualis iniuria dicatur quae causa inimicitiarum proferatur. cognoscite ex me; nam iste eam profecto, nisi plane nihil sapit, numquam proferet. Agonis quaedam est Lilybitana, liberta Veneris Erycinae, quae mulier ante hunc quaestorem copiosa plane et locuples fuit. ab hac praefectus Antoni quidam symphoniacos servos abducebat per iniuriam, quibus se in classe uti velle dicebat. tum illa, ut mos in Sicilia est omnium Veneriorum et eorum qui a Venere se liberaverunt, ut praefecto illi religionem Veneris nomine obiceret, dixit et se et sua Veneris esse. [56] Vbi hoc quaestori Caecilio, viro optimo et homini aequissimo, nuntiatum est, vocari ad se Agonidem iubet; iudicium dat statim, SI PARET EAM SE ET SVA VENERIS ESSE DIXISSE. iudicant recuperatores id quod necesse erat; neque enim erat cuiquam dubium quin illa dixisset. iste in possessionem bonorum mulieris intrat, ipsam Veneri in servitutem adiudicat; deinde bona vendit, pecuniam redigit. ita dum pauca mancipia Veneris nomine Agonis ac religione retinere vult, fortunas omnis libertatemque suam istius iniuria perdidit. Lilybaeum Verres venit postea; rem cognoscit, factum improbat, cogit quaestorem suum pecuniam, quam ex Agonidis bonis redegisset, eam mulieri omnem adnumerare et reddere. [57] est adhuc, id quod vos omnis admirari video, non Verres, sed Q. Mucius. quid enim facere potuit elegantius ad hominum existimationem, aequius ad levandam mulieris calamitatem, vehementius ad quaestoris libidinem coercendam? summe haec omnia mihi videntur esse laudanda. sed repente e vestigio ex homine tamquam aliquo Circaeo poculo factus est Verres; rediit ad se atque ad mores suos; nam ex illa pecunia magnam partem ad se vertit, mulieri reddidit quantulum visum est.
[58] hic tu si laesum te a Verre esse dicis, patiar et concedam; si iniuriam tibi factam quereris, defendam et negabo; denique de iniuria quae tibi facta sit neminem nostrum graviorem iudicem esse oportet quam te ipsum, cui facta dicitur. si tu cum illo postea in gratiam redisti, si domi illius aliquotiens fuisti, si ille apud te postea cenavit, utrum te perfidiosum an prevaricatorem existimari mavis? video esse necesse alterutrum, sed ego tecum in eo non pugnabo quo minus utrum velis eligas.
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TESTO TRADOTTO:
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(55) Ma, dirai, l’ingiustizia che Gaio Verre ti ha fatto è tale che anche tutti gli altri possono essere impressionati dal danno a loro estraneo. Niente affatto, perché credo che sia pertinente alla questione anche la specie dell’ingiustizia che viene presentata come causa dell’inimicizia. Ve lo spiego io, dato che costui, se non è del tutto insensato, certamente non la paleserà mai. Agonide è una donna di Marsala, liberta di Venere Ericinia, che prima della questura di costui era senz’altro agiata e facoltosa. Un ufficiale di Antonio intendeva portarle via illegalmente degli schiavi suonatori che diceva di voler utilizzare per la flotta. Allora essa, come usano fare in Sicilia i servi di Venere e quelli che sono liberti di Venere, nell’intento di suscitare in quell’ufficiale il rispetto religioso con il nome di Venere, dichiarò che lei stessa e le sue proprietà appartenevano a Venere. (56) Quando ciò fu riferito al questore Cecilio, questi, ottimo funzionario e della massima equità, fa convocare Agonide e subito pronuncia la formula giudiziale: SE RISULTA CHE LEI STESSA HA DICHIARATO CHE LEI STESSA E LE SUE PROPRIETÀ APPARTENGONO A VENERE. I periti sentenziano ciò che era inevitabile, poiché non v’era alcun dubbio che essa lo avesse dichiarato. Costui entra in possesso dei beni della donna, aggiudica lei a Venere in schiavitù; poi ne vende i beni, ne realizza danaro. Così Agonide, mentre voleva conservare alcuni schiavi servendosi del nome di Venere e del rispetto religioso, perdette tutti i suoi beni e la libertà personale per colpa di costui. In seguito Verre giunse a Marsala: si informa della faccenda, disapprova ciò che è avvenuto, costringe il suo questore a rendere conto del denaro che aveva ricavato dai beni di Agonide e restituirlo tutto alla donna. (57) Fino a questo punto non è Verre, ma Quinto Mucio: vedo che tutti ne siete stupiti. Infatti, che azione avrebbe potuto compiere più opportuna per ottenere la stima della gente, più equa per alleviare la disgrazia della donna, più efficace per reprimere l’arbitrio del questore? Tutto ciò a me sembra degno della massima lode. Ma improvvisamente, come per effetto di qualche bevanda di Circe, subito si trasformò da uomo in Verr…o [=è un gioco di parole: Verre-verro], ritornò a se stesso e alle sue abitudini: di quel denaro spazzò via per sé una gran parte e alla donna restituì quel poco che gli parve bene. (58) A questo punto se dici di essere stato danneggiato da Verre, lo ammetterò e mi arrenderò; ma se lamenti che ti è stata fatta ingiustizia, lo respingerò e mi opporrò. Infine, dell’ingiustizia che ti sarebbe stata fatta nessuno di noi deve essere giudice più autorevole che tu stesso a cui, a quanto si afferma, è stata fatta. Se in seguito ti sei riconciliato con lui, se sei stato qualche volta a casa sua, se poi è venuto a cena da te, preferisci essere considerato ona persona sleale o un accusatore in collusione con la difesa? Vedo che l’una e l’altra alternativa si presenta inevitabile, ma io non disputerò con te per impedirti di scegliere quale preferisci.
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(Traduzione di Nino Marinone)
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TESTO SPIEGATO:
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[55] at eam tibi C. Verres fecit iniuriam quae ceterorum quoque animos possit alieno incommodo commovere. minime; nam id quoque ad rem pertinere arbitror, qualis iniuria dicatur quae causa inimicitiarum proferatur. cognoscite ex me; nam iste eam profecto, nisi plane nihil sapit, numquam proferet. Agonis quaedam est Lilybitana, liberta Veneris Erycinae, quae mulier ante hunc quaestorem copiosa plane et locuples fuit. ab hac praefectus Antoni quidam symphoniacos servos abducebat per iniuriam, quibus se in classe uti velle dicebat. tum illa, ut mos in Sicilia est omnium Veneriorum et eorum qui a Venere se liberaverunt, ut praefecto illi religionem Veneris nomine obiceret, dixit et se et sua Veneris esse.
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[55] at eam tibi C. Verres fecit iniuriam quae ceterorum quoque animos possit alieno incommodo commovere.
MA VERRE TI FECE ESSA/QUESTA INGIURIA (at tibi C. Verres fecit eam iniuriam) CHE POTREBBE TURBARE ANCHE GLI ANIMI DEGLI ALTRI CON UNA DISGRAZIA (LORO…) ALIENA (quae quoque animos ceterorum possit commovere alieno incommodo).
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minime; nam id quoque ad rem pertinere arbitror, qualis iniuria dicatur quae causa inimicitiarum proferatur.
IN MODO MINIMO (minime); INFATTI ANCHE QUESTA COSA RITENGO ESSERE PERTINENTE CON LA COSA/IL NOSTRO ARGOMENTO (nam id quoque ad rem pertinere arbitror): QUALE INGIURIA SIA DETTA/DEBBA ESSERE CONSIDERATA (QUELLA) CHE (qualis iniuria dicatur (ea…) quae) È OSTENTATA COME LA CAUSA DELLE INIMICIZIE/DEVE ESSERE MOSTRATA COME LA VERA CAUSA DELLA LORO INIMICIZIA (causa inimicitiarum proferatur).
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cognoscite ex me; nam iste eam profecto, nisi plane nihil sapit, numquam proferet.
CONOSCETE(LA) DA ME (cognoscite ex me); INFATTI COSTUI ESSA CHIARAMENTE (nam iste eam profecto), SE NON/A MENO CHE NON EVIDENTEMENTE SAPPIA NULLA/A MENO CHE NON SIA UN PERFETTO SCIOCCO (nisi plane nihil sapit), MA (LO…) DIREBBE (numquam proferet).
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Agonis quaedam est Lilybitana, liberta Veneris Erycinae, quae mulier ante hunc quaestorem copiosa plane et locuples fuit.
VI È UNA CERTA AGONIDE LILIBITANA, LIBERTA DI VENERE ERICINA (Agonis quaedam est Lilybitana, liberta Veneris Erycinae), CHE FU UNA DONNA CHIARAMENTE RICCA E AGIATA (quae mulier copiosa plane et locuples fuit) PRIMA DI QUESTO QUESTORE (ante hunc quaestorem).
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ab hac praefectus Antoni quidam symphoniacos servos abducebat per iniuriam, quibus se in classe uti velle dicebat.
DA QUESTA UN CERTO SOVRINTENDENTE DI ANTONIO TOGLIEVA/TOLSE DEI SERVI MUSICISTI CON L’INGIURIA/L’INGANNO (ab hac quidam praefectus Antoni abducebat symphoniacos servos per iniuriam), I QUALI SÉ/LUI STESSO DI VOLERE USARE DICEVA//DICEVA DI VOLER UTILIZZARE NELLA/PER LA (SUA…) FLOTTA (quibus dicebat se velle uti in classe; utor,eris…: uso qualcosa (complemento ogg.=ablativo)).
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tum illa, ut mos in Sicilia est omnium Veneriorum et eorum qui a Venere se liberaverunt, ut praefecto illi religionem Veneris nomine obiceret, dixit et se et sua Veneris esse.
ALLORA ELLA, COME COSTUME IN SICILIA È DI TUTTE/TRA TUTTE LE SACERDOTESSE DI VENERE (tum illa, ut mos in Sicilia est omnium Veneriorum) E DI COLORO CHE DA VENERE SI LIBERARONO (et eorum qui a Venere se liberaverunt), AFFINCHÉ GETTASSE CONTRO/PER CONTROBATTERE CON LA RELIGIONE (ut obiceret religionem) IN NOME DI VENERE A QUEL SOVRAINTENDENTE (illi praefecto Veneris nomine), DISSE SIA SE STESSA SIA LE SUE COSE DI VENERE (dixit et se et sua Veneris esse).
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[56] Vbi hoc quaestori Caecilio, viro optimo et homini aequissimo, nuntiatum est, vocari ad se Agonidem iubet; iudicium dat statim, SI PARET EAM SE ET SVA VENERIS ESSE DIXISSE. iudicant recuperatores id quod necesse erat; neque enim erat cuiquam dubium quin illa dixisset. iste in possessionem bonorum mulieris intrat, ipsam Veneri in servitutem adiudicat; deinde bona vendit, pecuniam redigit. ita dum pauca mancipia Veneris nomine Agonis ac religione retinere vult, fortunas omnis libertatemque suam istius iniuria perdidit. Lilybaeum Verres venit postea; rem cognoscit, factum improbat, cogit quaestorem suum pecuniam, quam ex Agonidis bonis redegisset, eam mulieri omnem adnumerare et reddere.
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[56] Vbi hoc quaestori Caecilio, viro optimo et homini aequissimo, nuntiatum est, vocari ad se Agonidem iubet; iudicium dat statim, SI PARET EAM SE ET SVA VENERIS ESSE DIXISSE.
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QUANDO QUESTA COSA AL QUESTRORE CECILIO, UOMO OTTIMO E UOMO IMPARZIALISSIMO, FU RIFERITO, COMANDA (SUBITO…) ESSERE CHIAMATA/CONDOTTA A SÉ/DA LUI AGONIDE (Vbi hoc quaestori Caecilio, viro optimo et homini aequissimo, nuntiatum est, vocari ad se Agonidem iubet); UN GIUDIZIO DÀ IMMEDIATAMENTE (iudicium dat statim), (CHIEDE…) SE PARE/È ACCERTATO (AGONIDE) AVER DETTO (DIXISSE) SE STESSA E LE SUE COSE ESSERE DI VENERE/CHE LEI E LE SUE PROPRIETÀ SONO DI VENERE (SI PARET EAM SE ET SVA VENERIS ESSE).
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iudicant recuperatores id quod necesse erat; neque enim erat cuiquam dubium quin illa dixisset.
GLI ARBITRI GIUDICANO LA COSA CHE ERA NECESSARIA (iudicant recuperatores id quod necesse erat)/I GIUDICI DECRETANO CHE LA COSA FOSSE AVVENUTA CERTAMENTE; NEMMENO INFATTI ESISTEVA PER QUALCUNO UN DUBBIO/PER NESSUNO DI ESSI INFATTI VI ERA DUBBIO (neque enim erat cuiquam dubium) CHE ELLA (LO…) AVESSE DETTO (quin illa dixisset).
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iste in possessionem bonorum mulieris intrat, ipsam Veneri in servitutem adiudicat; deinde bona vendit, pecuniam redigit.
EGLI [=IL PREFETTO DI ANTONIO] ENTRA IN POSSESSO DEI BENI DELLA DONNA (iste in possessionem bonorum mulieris intrat), ELLA (EGLI…) AGGIUDICA/ASSEGNA (ipsam adiudicat) A VENERE IN SERVITÙ/AL SERVIZIO DI VENERE (Veneri in servitutem); QUINDI/POI I (SUOI…) BENI VENDE, IL (SUO…) PATRIMONIO MONETARIO RACCOGLIE/FA SUO (deinde bona vendit, pecuniam redigit).
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ita dum pauca mancipia Veneris nomine Agonis ac religione retinere vult, fortunas omnis libertatemque suam istius iniuria perdidit.
COSÌ MENTRE POCHE PROPRIETÀ COL NOME E CON LA RELIGIONE/IL CULTO DI VENERE (ita dum pauca mancipia nomine ac religione Veneris) AGONIDE VUOLE/VOLEVA CONSERVARE (Agonis retinere vult), TUTTE LE FORTUNE E LA SUA LIBERTÀ PER L’INGIURIA/L’INGANNO DI QUESTI PERSE (fortunas omnes (=omnis) libertatemque suam istius iniuria perdidit).
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Lilybaeum Verres venit postea; rem cognoscit, factum improbat, cogit quaestorem suum pecuniam, quam ex Agonidis bonis redegisset, eam mulieri omnem adnumerare et reddere.
AL LILIBEO VERRE GIUNSE IN SEGUITO (Lilybaeum Verres venit postea); LA COSA CONOBBE/VENNE A SAPERE, IL FATTO DISAPPROVA (rem cognoscit, factum improbat), DISPONE CHE IL SUO QUESTORE ANNUMERI/QUANTIFICHI E RESTITUISCA (cogit quaestorem suum adnumerare et reddere) LA PECUNIA/L’AMMONTARE MONETARIO CHE DAI BENI DI AGONIDE AVESSE AMMASSATO/AVEVA AMMASSATO (pecuniam, quam ex Agonidis bonis redegisset).
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[57] est adhuc, id quod vos omnis admirari video, non Verres, sed Q. Mucius. quid enim facere potuit elegantius ad hominum existimationem, aequius ad levandam mulieris calamitatem, vehementius ad quaestoris libidinem coercendam? summe haec omnia mihi videntur esse laudanda. sed repente e vestigio ex homine tamquam aliquo Circaeo poculo factus est Verres; rediit ad se atque ad mores suos; nam ex illa pecunia magnam partem ad se vertit, mulieri reddidit quantulum visum est.
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[57] est adhuc, id quod vos omnis admirari video, non Verres, sed Q. Mucius.
È FINO A QUI (est adhuc) – COSA CHE VOI TUTTI VEDO GUARDARE CON MERAVIGLIA/COSA DI CUI TUTTI VI MERAVIGLIATE! (id quod vos omnis admirari video) – NON VERRE, MA Q. MUCIO (non Verres, sed Q. Mucius).
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quid enim facere potuit elegantius ad hominum existimationem, aequius ad levandam mulieris calamitatem, vehementius ad quaestoris libidinem coercendam?
COSA INFATTI POTÈ/POTEVA FARE DI PIÙ NOBILE VERSO/PER LA STIMA DEGLI UOMINI (quid enim facere potuit elegantius ad existimationem hominum), DI PIÙ IMPARZIALE PER SOLLEVARE/CONFERTARE LA DISGRAZIA DELLA DONNA (aequius ad levandam mulieris calamitatem), DI PIÙ DECISO PER REPRIMERE LA SFRENATEZZA DEL QUESTORE (vehementius ad coercendam libidinem quaestoris)?
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summe haec omnia mihi videntur esse laudanda.
SOMMAMENTE/IN SOMMO GRADO TUTTE QUESTE COSE MI SEMBRANO ESSERE DA LODARE (summe haec omnia mihi videntur esse laudanda).
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sed repente e vestigio ex homine tamquam aliquo Circaeo poculo factus est Verres; rediit ad se atque ad mores suos; nam ex illa pecunia magnam partem ad se vertit, mulieri reddidit quantulum visum est.
MA IMPROVVISAMENTE FU FATTO/VENNE ALLA LUCE VERRE (sed repente factus est Verres) DALL’IMPRONTA DELL’UOMO/NELLA SUA VERA NATURA (e vestigio ex homine) COME PER UNA QUALCHE POZIONE CIRCEA/DELLA MAGA CIRCE (tamquam aliquo Circaeo poculo); RITORNÒ A SE STESSO E AI SUOI COSTUMI; INFATTI DA/DI QUEL PATRIMONIO MONETARIO GRAN PARTE A SE (LA…) VOLSE (rediit ad se atque ad mores suos; nam ex illa pecunia magnam partem ad se vertit), ALLA DONNA RESTITUÌ QUANTO POCO/QUEL POCO CHE (mulieri reddidit quantulum) GLI SEMBRAVA IL CASO (DI FARE…) (visum est: 3^ sing. di videor, eris…: “sembro”; ma anche: “sembro opportuno/giusto”).
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[58] hic tu si laesum te a Verre esse dicis, patiar et concedam; si iniuriam tibi factam quereris, defendam et negabo; denique de iniuria quae tibi facta sit neminem nostrum graviorem iudicem esse oportet quam te ipsum, cui facta dicitur. si tu cum illo postea in gratiam redisti, si domi illius aliquotiens fuisti, si ille apud te postea cenavit, utrum te perfidiosum an prevaricatorem existimari mavis? video esse necesse alterutrum, sed ego tecum in eo non pugnabo quo minus utrum velis eligas.
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[58] hic tu si laesum te a Verre esse dicis, patiar et concedam; si iniuriam tibi factam quereris, defendam et negabo; denique de iniuria quae tibi facta sit neminem nostrum graviorem iudicem esse oportet quam te ipsum, cui facta dicitur.
ALLORA SE TU DICI (hic si tu dicis) (TU) ESSERE STATO DANNEGGIATO DA/DI ESSERE STATO VITTIMA DI VERRE (laesum te a Verre esse), SOPPORTERÒ E (TE LO…) CONCEDERÒ (patiar et concedam); SE UN’INGIURIA/UN INGANNO A TE FATTO LAMENTI, (MI…) DIFENDERÒ E NEGHERÒ (LA COSA…) (si iniuriam tibi factam quereris, defendam et negabo); INFINE, RIGUARDO A UN’INGIURIA CHE A TE SAREBBE STATA FATTA (denique de iniuria quae tibi facta sit) NESSUNO DI NOI STESSI/TRA NOI È INEVITABILE CHE SIA IL GIUDICE PIÙ SEVERO/QUALIFICATO (neminem nostrum oportet esse graviorem iudicem) CHE/DI TE STESSO, AL QUALE DICI (L’INGIURIA…) (ESSERE STATA…=ESSE) FATTA (quam te ipsum, cui facta dicitur).
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si tu cum illo postea in gratiam redisti, si domi illius aliquotiens fuisti, si ille apud te postea cenavit, utrum te perfidiosum an prevaricatorem existimari mavis?
SE TU CON LUI IN SEGUITO RITORNASTI IN GRAZIA/AMICIZIA, SE A CASA DI QUELLO/SUA ALLE VOLTE FOSTI/ANDASTI (si tu cum illo postea in gratiam redisti, si domi illius aliquotiens fuisti; domi: caso locativo: a casa), SE EGLI PRESSO DI TE/A CASA TUA IN SEGUITO CENÒ (si ille apud te postea cenavit), PREFERISCI ESSERE (TU) CONSIDERATO (mavis te existimari; mavis: 2^ sing. indic. presente di malo: preferisco) MAGARI SLEALE OPPURE PREVARICATORE (utrum perfidiosum an prevaricatorem; utrum… an: “o… o”)?
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video esse necesse alterutrum, sed ego tecum in eo non pugnabo quo minus utrum velis eligas.
VEDO/MI ACCORGO ESSERE NECESSARIA UNA DELLE DUE COSE (video esse necesse alterutrum), MA IO CON TE SU QUESTO CON COMBATTERÒ/DISCUTERÒ (sed ego tecum in eo non pugnabo): QUANTO MENO (quo minus: “con quanta minore disperazione/disagio”; quo: ha valore interrogat.: quanto? ) (TU…) VOGLIA (velis) CHE TU SCELGA/SCEGLIERE UNO DEI DUE (ut (tu…) eligas utrum: si tratta di proposiz. consecutiva: "vuoi affinché/che (velis (ut)) tu elegga/scelga uno dei due (eligas utrum)")// QUALE DELLE DUE POSSIBILITÀ SCEGLIERESTI MENO A MALINCUORE (quo minus utrum velis eligas).
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