L’EBREO MOSÈ INVENTORE DEL GOVERNO TEOCRATICO
(Flavio Giuseppe, Contro Apione o In difesa degli Ebrei: II, XVI: 164-172)
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Un altro estratto dalla Contro Apione di Flavio Giuseppe, nel quale l’autore sottolinea come presso gli Ebrei (in particolare per l’opera riformatrice di Mosé, loro più importante leader, nonché guida nella fuga dall’Egitto) sia nata una nuova forma di governo, che andava al di là delle tre fino ad allora conosciute dai Greci e dal genere umano in generale, ovvero la monarchia (e la tirannide), l’oligarchia, la democrazia.
Mosé difatti fondò il primo governo teocratico della storia. Un governo nel quale, come scrive con mirabile sintesi Flavio Giuseppe, non è la religiosità a essere parte della virtù, bensì la virtù a essere ricompresa nella religiosità, come suo inevitabile portato (οὐ γὰρ μέρος ἀρετῆς ἐποίησεν τὴν εὐσέβειαν, ἀλλὰ ταύτης μέρη τἆλλα, λέγω δὲ τὴν δικαιοσύνην τὴν σωφροσύνην τὴν καρτερίαν τὴν τῶν πολιτῶν πρὸς ἀλλήλους ἐν ἅπασι συμφωνίαν).
Ma per fare questo, egli dovette convincere il suo popolo che Dio è uno, ingenerato, immutabile ed infinitamente più bello di ogni bellezza terrena (ἕνα αὐτὸν ἀπέφηνε καὶ ἀγένητον καὶ πρὸς τὸν ἀίδιον χρόνον ἀναλλοίωτον πάσης ἰδέας θνητῆς κάλλει διαφέροντα …), conosciuto da noi nella sua potenza, ma totalmente sconosciuto nella sua essenza profonda (καὶ δυνάμει μὲν ἡμῖν γνώριμον, ὁποῖος δὲ κατ᾽ οὐσίαν [ἐστὶν] ἄγνωστον).
Proprio per questo, tutto ciò che gli Ebrei fanno e dicono, tutte le loro preoccupazioni mondane, rimandano inesorabilmente a questo Dio, vi sono legate intrinsecamente (ἅπασαι γὰρ αἱ πράξεις καὶ διατριβαὶ καὶ λόγοι πάντες ἐπὶ τὴν πρὸς θεὸν ἡμῖν εὐσέβειαν ἀναφέρουσιν: οὐδὲν γὰρ τούτων ἀνεξέταστον οὐδὲ ἀόριστον παρέλιπεν), perché la totalità della loro attenzione è rivolta a esso; né potrebbe essere altrimenti.
D’altronde, proprio nel paragrafo successivo a questo (il XVII), l’autore mostra come gli Ebrei osservino scrupolosamente una lunga serie di norme (di nuovo, stabilite da Mosé una volta per sempre) volte a venerare e a magnificare il loro Dio, norme che peraltro essi devono osservare per tutta la vita, senza alcuna eccezione o delega di nessun tipo.
Questa è dunque la differenza fondamentale tra questo popolo e gli altri: esso vive per la certezza e nella certezza della Verità, ragion per cui non vi è posto in esso per il dubbio o per l’arbitrio individuale. L’uomo ebraico vive all’ombra del divino e in esso si riposa, trovando in esso il senso di tutti i suoi sforzi e di tutte le sue fatiche.
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Infine, Flavio Giuseppe osserva come anche i sapienti Greci siano sostanzialmente d’accordo con questa visione di Dio.
Ma – egli osserva – essi affermarono tale visione solo dopo che Mosé ebbe resa nota la sua (ταῦτα περὶ θεοῦ φρονεῖν οἱ σοφώτατοι παρ᾽ Ἕλλησιν ὅτι μὲν ἐδιδάχθησαν ἐκείνου τὰς ἀρχὰς παρασχόντος), quasi a voler dire (con evidente esagerazione) che senza l’opera di Mosé non vi sarebbe stata la filosofia greca!
E fa’ inoltre notare come i filosofi greci parlassero solo a una minoranza illuminata della popolazione, mentre il loro legislatore Mosé fu capace di convincere un intero popolo di tale idea, nonché di imprimere nel comportamento di esso il segno di tali convinzioni, rendendo le azioni e i pensieri dei suoi membri concordi e in armonia tra loro (ἀλλ᾽ οἱ μὲν πρὸς ὀλίγους φιλοσοφοῦντες εἰς πλήθη δόξαις προκατειλημμένα τὴν ἀλήθειαν τοῦ δόγματος ἐξενεγκεῖν οὐκ ἐτόλμησαν, ὁ δὲ ἡμέτερος νομοθέτης ἅτε δὴ τὰ ἔργα παρέχων σύμφωνα τοῖς λόγοις οὐ μόνον τοὺς καθ᾽ αὑτὸν ἔπεισεν, ἀλλὰ καὶ τοῖς ἐξ ἐκείνων ἀεὶ γενησομένοις τὴν περὶ θεοῦ πίστιν ἐνέφυσεν ἀμετακίνητον).
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Testo greco:
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[164] οὐκοῦν ἄπειροι μὲν αἱ κατὰ μέρος τῶν ἐθῶν καὶ τῶν νόμων παρὰ τοῖς ἅπασιν ἀνθρώποις διαφοραί, * κεφαλαιωδῶς ἂν ἐπίοι τις: οἱ μὲν γὰρ μοναρχίαις, οἱ δὲ ταῖς ὀλίγων δυναστείαις, ἄλλοι δὲ [165] τοῖς πλήθεσιν ἐπέτρεψαν τὴν ἐξουσίαν τῶν πολιτευμάτων. ὁ δ᾽ ἡμέτερος νομοθέτης εἰς μὲν τούτων οὐδοτιοῦν ἀπεῖδεν, ὡς δ᾽ ἄν τις εἴποι βιασάμενος τὸν λόγον θεοκρατίαν ἀπέδειξε τὸ πολίτευμα [166] θεῷ τὴν ἀρχὴν καὶ τὸ κράτος ἀναθείς. καὶ πείσας εἰς ἐκεῖνον ἅπαντας ἀφορᾶν ὡς αἴτιον μὲν ἁπάντων ὄντα τῶν ἀγαθῶν, ἃ κοινῇ τε πᾶσιν ἀνθρώποις ὑπάρχει καὶ ὅσων ἔτυχον αὐτοὶ δεηθέντες ἐν ἀμηχάνοις, λαθεῖν δὲ τὴν ἐκείνου γνώμην οὐκ ἐνὸν οὔτε τῶν [167] πραττομένων οὐδὲν οὔθ᾽ ὧν ἄν τις παρ᾽ αὐτῷ διανοηθῇ, ἕνα αὐτὸν ἀπέφηνε καὶ ἀγένητον καὶ πρὸς τὸν ἀίδιον χρόνον ἀναλλοίωτον πάσης ἰδέας θνητῆς κάλλει διαφέροντα καὶ δυνάμει μὲν ἡμῖν γνώριμον, [168] ὁποῖος δὲ κατ᾽ οὐσίαν [ἐστὶν] ἄγνωστον. ταῦτα περὶ θεοῦ φρονεῖν οἱ σοφώτατοι παρ᾽ Ἕλλησιν ὅτι μὲν ἐδιδάχθησαν ἐκείνου τὰς ἀρχὰς παρασχόντος, ἐῶ νῦν λέγειν, ὅτι δ᾽ ἐστὶ καλὰ καὶ πρέποντα τῇ τοῦ θεοῦ φύσει καὶ μεγαλειότητι, σφόδρα μεμαρτυρήκασι: καὶ γὰρ Πυθαγόρας καὶ Ἀναξαγόρας καὶ Πλάτων οἵ τε μετ᾽ ἐκεῖνον ἀπὸ τῆς στοᾶς φιλόσοφοι καὶ μικροῦ δεῖν ἅπαντες οὕτως [169] φαίνονται περὶ τῆς τοῦ θεοῦ φύσεως πεφρονηκότες. ἀλλ᾽ οἱ μὲν πρὸς ὀλίγους φιλοσοφοῦντες εἰς πλήθη δόξαις προκατειλημμένα τὴν ἀλήθειαν τοῦ δόγματος ἐξενεγκεῖν οὐκ ἐτόλμησαν, ὁ δὲ ἡμέτερος νομοθέτης ἅτε δὴ τὰ ἔργα παρέχων σύμφωνα τοῖς λόγοις οὐ μόνον τοὺς καθ᾽ αὑτὸν ἔπεισεν, ἀλλὰ καὶ τοῖς ἐξ ἐκείνων ἀεὶ γενησομένοις [170] τὴν περὶ θεοῦ πίστιν ἐνέφυσεν ἀμετακίνητον. αἴτιον δ᾽ ὅτι καὶ τῷ τρόπῳ τῆς νομοθεσίας πρὸς τὸ χρήσιμον πάντων ἀεὶ πολὺ διήνεγκεν: οὐ γὰρ μέρος ἀρετῆς ἐποίησεν τὴν εὐσέβειαν, ἀλλὰ ταύτης μέρη τἆλλα, λέγω δὲ τὴν δικαιοσύνην τὴν σωφροσύνην τὴν καρτερίαν τὴν τῶν πολιτῶν πρὸς ἀλλήλους ἐν ἅπασι συμφωνίαν: [171] ἅπασαι γὰρ αἱ πράξεις καὶ διατριβαὶ καὶ λόγοι πάντες ἐπὶ τὴν πρὸς θεὸν ἡμῖν εὐσέβειαν ἀναφέρουσιν: οὐδὲν γὰρ τούτων ἀνεξέταστον οὐδὲ ἀόριστον παρέλιπεν. δύο μὲν γάρ εἰσιν ἁπάσης παιδείας τρόποι καὶ τῆς περὶ τὰ ἤθη κατασκευῆς, ὧν ὁ μὲν λόγῳ [172] διδασκαλικός, ὁ δὲ διὰ τῆς ἀσκήσεως τῶν ἠθῶν. οἱ μὲν οὖν ἄλλοι νομοθέται ταῖς γνώμαις διέστησαν καὶ τὸν ἕτερον αὐτῶν ὃν ἔδοξεν ἑκάστοις ἑλόμενοι τὸν ἕτερον παρέλιπον, οἷον Λακεδαιμόνιοι μὲν καὶ Κρῆτες ἔθεσιν ἐπαίδευον, οὐ λόγοις, Ἀθηναῖοι δὲ καὶ σχεδὸν οἱ ἄλλοι πάντες Ἕλληνες ἃ μὲν χρὴ πράττειν ἢ μὴ προσέτασσον διὰ τῶν νόμων, τοῦ δὲ πρὸς αὐτὰ διὰ τῶν ἔργων ἐθίζειν ὠλιγώρουν.
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Testo tradotto:
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164. Infinite sono le distinzioni nei particolari tra i costumi e le leggi di tutti gli uomini. Si potrebbero così riassumere: alcuni hanno affidato l’autorità di governo a monarchie, altri a oligarchie, altri, ancora, alle masse. 165. Il nostro legislatore, invece, non si soffermò su nessuna di tali forme, ma determinò un governo che – forzando la lingua – si potrebbe chiamare teocrazia, riponendo in Dio il potere e la forza. 166. Persuase tutti a volgere gli occhi verso di lui, a guardarlo come causa di tutti i beni che toccano in comune a tutti gli uomini e di tutti i beni che i Giudei ottennero con le loro preghiere quando erano in difficoltà. Li convinse che nessuna azione, nessun pensiero segreto sfuggono alla sua conoscenza. 167. Mostrò che Dio è uno, ingenerato, eternamente immutabile, superiore per bellezza a ogni forma mortale, da noi conoscibile nella sua potenza, inconoscibile nella sua essenza. 168. Per il momento tralascio che queste sono anche le concezioni su Dio dei più sapienti fra i Greci che le appresero dopo che Mosé ne mostrò i principi; essi hanno chiaramente testimoniato che questa visione è bella e conviene alla natura e alla grandezza di Dio. Pitagora, Anassagora, Platone, i successivi filosofi della Stoà, e praticamente tutti, sembra che abbiano avuto questa concezione della natura di Dio. 169, Ma mentre essi con la filosofia si rivolgevano a pochi e non osavano rivelare alla massa, impedita da false credenze, la verità delle loro dottrine, il nostro legislatore, proprio perché conformava le sue azioni ai discorsi, non solo presuase i suoi contemporanei ma impresse anche nei loro discendenti per le future generazioni, una irremovibile fede in Dio. 170. Il motivo di ciò è che egli era molto superiore a tutti gli altri anche per la natura della sua legislazione che era indirizzata all’utilità; in effetti non fece della religiosità una parte della virtù, ma delle altre virtù una parte della religiosità, mi riferisco alla giustizia, alla temperanza, alla fermezza, alla concordia dei cittadini in ogni cosa. 171. Tutte le nostre azioni, le nostre preoccupazioni, i nostri discorsi mirano al culto di Dio. Nessuna di queste cose Mosé lasciò inosservata o indeterminata. In due modi si realizzano tutti i tipi di educazione e di formazione morale, il primo consiste nell’insegnamento attraverso la parola, il secondo nella pratica dei costumi. 172. Gli altri legislatori differirono nelle loro opinioni e scelsero tra i due modi citati quella che a ciascuno pareva migliore, tralasciando l’altro. Per esempio, i Lacedemoni e Cretesi educavano con i costumi non con i discorsi, mentre gli Ateniesi e quasi tutti gli altri Greci prescrivevano con le leggi le cose da fare e quelle da evitare, e non si curavano di abituare a tali norme attraverso la pratica.
(Traduzione di Francesca Calabi)
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Testo greco spiegato:
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[164] οὐκοῦν ἄπειροι μὲν αἱ κατὰ μέρος τῶν ἐθῶν καὶ τῶν νόμων παρὰ τοῖς ἅπασιν ἀνθρώποις διαφοραί, * κεφαλαιωδῶς ἂν ἐπίοι τις: οἱ μὲν γὰρ μοναρχίαις, οἱ δὲ ταῖς ὀλίγων δυναστείαις, ἄλλοι δὲ [165] τοῖς πλήθεσιν ἐπέτρεψαν τὴν ἐξουσίαν τῶν πολιτευμάτων.
NON DUNQUE (SONO…) INFINITE LE DIFFERENZE (οὐκοῦν ἄπειροι μὲν διαφοραί) SECONDO LA PARTE/DA LUOGO A LUOGO DEI COSTUMI E DELLE LEGGI PRESSO TUTTI GLI UOMINI (αἱ κατὰ μέρος τῶν ἐθῶν καὶ τῶν νόμων παρὰ τοῖς ἅπασιν ἀνθρώποις), SOMMARIAMENTE DIREBBE QUALCUNO/SI POTREBBE DIRE IN QUESTO MODO (κεφαλαιωδῶς ἂν ἐπίοι τις): ALCUNI INFATTI HANNO AFFIDATO LA LICENZA/IL POTERE DEGLI AFFARI POLITICI (οἱ μὲν γὰρ ἐπέτρεψαν τὴν ἐξουσίαν τῶν πολιτευμάτων) ALLE MONARCHIE/ALLA MONARCHIA, ALTRI AI POTERI/AL POTERE DI POCHI ((οἱ μὲν…) μοναρχίαις, οἱ δὲ ταῖς ὀλίγων δυναστείαις,), ALTRI ANCORA ALLE FOLLE (ἄλλοι δὲ τοῖς πλήθεσιν).
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ὁ δ᾽ ἡμέτερος νομοθέτης εἰς μὲν τούτων οὐδοτιοῦν ἀπεῖδεν, ὡς δ᾽ ἄν τις εἴποι βιασάμενος τὸν λόγον θεοκρατίαν ἀπέδειξε τὸ πολίτευμα [166] θεῷ τὴν ἀρχὴν καὶ τὸ κράτος ἀναθείς.
MA IL NOSTRO NOMOTETA/LEGISLATORE VERSO (QUALCUNA…) DI QUESTE (FORME DI GOVERNO…) PER NULLA (ὁ δ᾽ ἡμέτερος νομοθέτης εἰς μὲν τούτων οὐδοτιοῦν) VOLSE LO SGUARDO (ἀπεῖδεν), COME QUALCUNO DIREBBE/SI POTREBBE DIRE (ὡς δ᾽ ἄν τις εἴποι) AVENDO FORZATO IL CONCETTO/INVENTANDO UN NUOVO CONCETTO (βιασάμενος τὸν λόγον) LA TEOCRAZIA DESIGNÒ COME FORMA DI GOVERNO (θεοκρατίαν ἀπέδειξε τὸ πολίτευμα) AVENDO POSTO IN DIO (θεῷ ἀναθείς) IL COMANDO E IL POTERE (τὴν ἀρχὴν καὶ τὸ κράτος).
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καὶ πείσας εἰς ἐκεῖνον ἅπαντας ἀφορᾶν ὡς αἴτιον μὲν ἁπάντων ὄντα τῶν ἀγαθῶν (ἃ κοινῇ τε πᾶσιν ἀνθρώποις ὑπάρχει καὶ ὅσων ἔτυχον αὐτοὶ δεηθέντες ἐν ἀμηχάνοις), λαθεῖν δὲ τὴν ἐκείνου γνώμην οὐκ ἐνὸν οὔτε τῶν [167] πραττομένων οὐδὲν οὔθ᾽ ὧν ἄν τις παρ᾽ αὐτῷ διανοηθῇ, ἕνα αὐτὸν ἀπέφηνε καὶ ἀγένητον καὶ πρὸς τὸν ἀίδιον χρόνον ἀναλλοίωτον πάσης ἰδέας θνητῆς κάλλει διαφέροντα καὶ δυνάμει μὲν ἡμῖν γνώριμον, [168] ὁποῖος δὲ κατ᾽ οὐσίαν [ἐστὶν] ἄγνωστον.
E AVENDO CONVINTO (I SUOI CONNAZIONALI…) A GUARDARE TUTTI A QUELLO/A DIO (καὶ πείσας εἰς ἐκεῖνον ἅπαντας ἀφορᾶν) COME ESSENTE/IN QUANTO (ὡς μὲν ὄντα) CAUSA/ORIGINE DI TUTTE LE COSE OTTIME/MIGLIORI (αἴτιον ἁπάντων τῶν ἀγαθῶν) (LE QUALI SIA SORGONO/SONO IN COMUNE A TUTTI GLI UOMINI (ἃ κοινῇ τε πᾶσιν ἀνθρώποις ὑπάρχει) SIA DELLE QUALI ESSI STESSI CAPITAVANO/LE QUALI ESSI STESSI OTTENEVANO (καὶ ὅσων ἔτυχον αὐτοὶ) AVENDO(NE) BISOGNO NELLE DIFFICOLTÀ (δεηθέντες ἐν ἀμηχάνοις; δεηθέντες: partic. aoristo medio (forma passiva) di δέομαι: ho bisogno di…, sono carente…)), (E AVENDOLI CONVINTI CHE…: καὶ πείσας…) NON CIÒ CHE È NÉ NESSUNA DELLE COSE FATTE (DAGLI UOMINI…) (οὐκ ἐνὸν οὔτε τῶν πραττομένων οὐδὲν) SI NASCONDE/SFUGGE ALLA CONOSCENZA DI QUELLO/DI DIO (λαθεῖν δὲ τὴν ἐκείνου γνώμην) NÉ DELLE QUALI/NÉ LE COSE DELLE QUALI (οὔθ᾽ ὧν: forma contratta per delle cose le quali) QUALCUNO/CHIUNQUE ABBIA PENSIERO PRESSO DI LUI/A LUI (POSSONO SUGGIRE…) (ἄν τις παρ᾽ αὐτῷ διανοηθῇ), DIMOSTRÒ (ESSERE/CHE ERA…) EGLI UNICO E INGENERATO (ἕνα αὐτὸν ἀπέφηνε καὶ ἀγένητον) E PER IL TEMPO INFINITO/PER L’ETER NITÀ IMMUTABILE (καὶ πρὸς τὸν ἀίδιον χρόνον ἀναλλοίωτον) E DISTINGUENTESI/CHE SI DISTINGUE PER BELLEZZA DA OGNI IDEA MORTALE (πάσης ἰδέας θνητῆς κάλλει διαφέροντα) E CONOSCIBILE A NOI PER POTENZA/ATTRAVERSO LA SUA POTENZA (καὶ δυνάμει μὲν ἡμῖν γνώριμον), QUANTO SECONDO L’ESSENZA (È…) INCONOSCIBILE (ὁποῖος δὲ κατ᾽ οὐσίαν [ἐστὶν] ἄγνωστον).
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ταῦτα περὶ θεοῦ φρονεῖν οἱ σοφώτατοι παρ᾽ Ἕλλησιν ὅτι μὲν ἐδιδάχθησαν ἐκείνου τὰς ἀρχὰς παρασχόντος, ἐῶ νῦν λέγειν, ὅτι δ᾽ ἐστὶ καλὰ καὶ πρέποντα τῇ τοῦ θεοῦ φύσει καὶ μεγαλειότητι, σφόδρα μεμαρτυρήκασι: καὶ γὰρ Πυθαγόρας καὶ Ἀναξαγόρας καὶ Πλάτων οἵ τε μετ᾽ ἐκεῖνον ἀπὸ τῆς στοᾶς φιλόσοφοι καὶ μικροῦ δεῖν ἅπαντες οὕτως [169] φαίνονται περὶ τῆς τοῦ θεοῦ φύσεως πεφρονηκότες.
(IL FATTO CHE…) QUESTE COSE I PIÙ SAGGI PRESSO GLI ELLENI (INSEGNARONO…) A PENSARE SU DIO (ταῦτα περὶ θεοῦ φρονεῖν οἱ σοφώτατοι παρ᾽ Ἕλλησιν) POICHÉ/DAL MOMENTO CHE ERANO STATI ISTRUITI (ὅτι μὲν ἐδιδάχθησαν) QUELLO AVENDO PRESENTATO I (SUOI…) PRINCIPI/DOPO CHE MOSÉ EBBE MOSTRATO A TUTTI I (SUOI…) PRINCIPI (ἐκείνου τὰς ἀρχὰς παρασχόντος: genitivo assoluto), TRALASCIO ORA DI DIRE (ἐῶ νῦν λέγειν), E IL FATTO CHE SONO COSE BELLE E CONVENIENTI ALLA NATURA E ALLA GRANDEZZA DI DIO (ὅτι δ᾽ ἐστὶ καλὰ καὶ πρέποντα τῇ τοῦ θεοῦ φύσει καὶ μεγαλειότητι), ESSI CON FORZA (LO…) HANNO TESTIMONIATO (σφόδρα μεμαρτυρήκασι); E INFATTI PITAGORA E ANASSAGORA E PLATONE (καὶ γὰρ Πυθαγόρας καὶ Ἀναξαγόρας καὶ Πλάτων) E I FILOSOFI DOPO QUELLO DALLA/DELLA STOÀ (οἵ τε φιλόσοφοι μετ᾽ ἐκεῖνον ἀπὸ τῆς στοᾶς) E QUASI (καὶ μικροῦ δεῖν; μικροῦ δεῖν: espressione gergale che significa “quasi”; letteralm.: “col mancare poco”) TUTTI (GLI ALTRI…) APPAIONO AVENTI PENSATO/AVERE PENSATO COSÌ/IN QUESTO MODO (ἅπαντες οὕτως φαίνονται πεφρονηκότες) INTORNO ALLA NATURA DI DIO (περὶ τῆς τοῦ θεοῦ φύσεως).
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ἀλλ᾽ οἱ μὲν πρὸς ὀλίγους φιλοσοφοῦντες εἰς πλήθη δόξαις προκατειλημμένα τὴν ἀλήθειαν τοῦ δόγματος ἐξενεγκεῖν οὐκ ἐτόλμησαν, ὁ δὲ ἡμέτερος νομοθέτης ἅτε δὴ τὰ ἔργα παρέχων σύμφωνα τοῖς λόγοις οὐ μόνον τοὺς καθ᾽ αὑτὸν ἔπεισεν, ἀλλὰ καὶ τοῖς ἐξ ἐκείνων ἀεὶ γενησομένοις [170] τὴν περὶ θεοῦ πίστιν ἐνέφυσεν ἀμετακίνητον.
MA QUELLI DA UNA PARTE (ἀλλ᾽ οἱ μὲν), PUR FILOSOFANDO DAVANTI A POCHI (πρὸς ὀλίγους φιλοσοφοῦντες), NON OSAVANO PORTARE (ἐξενεγκεῖν οὐκ ἐτόλμησαν) LA VERITÀ DEL DOGMA/DELLA DOTTRINA DAVANTI ALLE FOLLE (εἰς πλήθη τὴν ἀλήθειαν τοῦ δόγματος) COSTRETTE A OPINIONI/DA SEMPRE INCHIODATE A FALSE VERITÀ (δόξαις προκατειλημμένα->partic. accus. masch. plurale nuetro perfetto medio-passivo di προ-κατα-λαμβάνω: costringo), IL NOSTRO NOMOTETA/LEGISLATORE DALL’ALTRA (ὁ δὲ ἡμέτερος νομοθέτης σύμφωνα τοῖς λόγοις) CONVINSE NON SOLO QUELLI PRESSO DI LUI/ I SUOI CONTEMPORANEI (οὐ μόνον τοὺς καθ᾽ αὑτὸν ἔπεισεν) PROPRIO PRESENTANDO LE (SUE…) AZIONI (ἅτε δὴ τὰ ἔργα παρέχων; ἅτε è qui un rafforzativo, equivale al “quippe” latino: “proprio perché…, in quanto che…”) COERENTI/IN SINTONIA COI DISCORSI (σύμφωνα τοῖς λόγοις), MA ANCHE INFUSE (ἀλλὰ καὶ ἐνέφυσεν) IN QUELLI CHE DERIVERANNO SEMPRE DA QUELLI /NEI LORO DISCEDENTI PER SEMPRE (τοῖς ἐξ ἐκείνων ἀεὶ γενησομένοις) LA FEDE IN DIO (τὴν περὶ θεοῦ πίστιν).
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αἴτιον δ᾽ ὅτι καὶ τῷ τρόπῳ τῆς νομοθεσίας πρὸς τὸ χρήσιμον πάντων ἀεὶ πολὺ διήνεγκεν: οὐ γὰρ μέρος ἀρετῆς ἐποίησεν τὴν εὐσέβειαν, ἀλλὰ ταύτης μέρη τἆλλα, λέγω δὲ τὴν δικαιοσύνην τὴν σωφροσύνην τὴν καρτερίαν τὴν τῶν πολιτῶν πρὸς ἀλλήλους ἐν ἅπασι συμφωνίαν: [171] ἅπασαι γὰρ αἱ πράξεις καὶ διατριβαὶ καὶ λόγοι πάντες ἐπὶ τὴν πρὸς θεὸν ἡμῖν εὐσέβειαν ἀναφέρουσιν: οὐδὲν γὰρ τούτων ἀνεξέταστον οὐδὲ ἀόριστον παρέλιπεν.
IL MOTIVO (FU…) CHE ANCHE, SECONDO IL MODO DELLA LEGISLAZIONE VERSO L’UTILE/ANCHE QUANTO AL MODO IN CUI LA SUA LEGISLAZIONE PORTAVA ALL’UTILE (αἴτιον δ᾽ ὅτι καὶ τῷ τρόπῳ τῆς νομοθεσίας πρὸς τὸ χρήσιμον), TRA TUTTI (I LEGISLATORI…) SEMPRE MOLTO SI DISTINSE (πάντων ἀεὶ πολὺ διήνεγκεν; πάντων: genitivo partitivo; διήνεγκεν: 3^ sing. indic. aoristo attivo di διαφέρω: mi distinguo); NON FECE/RESE DIFATTI LA SANTITÀ/VENERAZIONE DI DIO (οὐ γὰρ ἐποίησεν τὴν εὐσέβειαν) UNA PARTE DELLA VIRTÙ (μέρος ἀρετῆς), MA DI QUESTA/DELLA SANTITÀ (RESE…) LE ALTRE COSE/VIRTÙ UNA PARTE (ἀλλὰ ταύτης μέρη τἆλλα), E DICO/INTENDO (CON CIÒ…) LA GIUSTIZIA, LA SAGGEZZA, LA SOPPORTAZIONE (λέγω δὲ τὴν δικαιοσύνην τὴν σωφροσύνην τὴν καρτερίαν), LA CONCORDIA DEI CITTADINI GLI UNI CON GLI ALTRI IN TUTTE LE COSE (τὴν συμφωνίαν ἐν ἅπασι τῶν πολιτῶν πρὸς ἀλλήλους); TUTTE INFATTI LE (NOSTRE…) AZIONI E OCCUPAZIONI E DISCORSI (ἅπασαι γὰρ αἱ πράξεις καὶ διατριβαὶ καὶ λόγοι), TUTTI (CI…) ELEVANO VERSO LA SANTITÀ/VENERAZIONE (πάντες ἐπὶ τὴν εὐσέβειαν ἀναφέρουσιν) VERSO IL NOSTRO DIO (πρὸς θεὸν ἡμῖν);INFATTI NULLA DI QUESTE COSE/NESSUNA DI QUESTE COSE (οὐδὲν γὰρ τούτων) RIMANE INESAMINATA E INDETERMINATA (ἀνεξέταστον οὐδὲ ἀόριστον παρέλιπεν).
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δύο μὲν γάρ εἰσιν ἁπάσης παιδείας τρόποι καὶ τῆς περὶ τὰ ἤθη κατασκευῆς, ὧν ὁ μὲν λόγῳ [172] διδασκαλικός, ὁ δὲ διὰ τῆς ἀσκήσεως τῶν ἠθῶν.
DUE INFATTI SONO I MODI DI TUTTA/DI OGNI EDUCAZIONE E DI (OGNI…) ISTITUZIONE/APPRONTAMENTO DEI COSTUMI (δύο μὲν γάρ εἰσιν ἁπάσης παιδείας τρόποι καὶ τῆς κατασκευῆς περὶ τὰ ἤθη), DEI QUALI L’UNO COL DISCORSO IL MAESTRO (IMPARTISCE…) (ὧν ὁ μὲν λόγῳ διδασκαλικός), L’ALTRO CON L’ESERCIZIO DEI COSTUMI (ὁ δὲ διὰ τῆς ἀσκήσεως τῶν ἠθῶν).
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οἱ μὲν οὖν ἄλλοι νομοθέται ταῖς γνώμαις διέστησαν καὶ τὸν ἕτερον αὐτῶν ὃν ἔδοξεν ἑκάστοις ἑλόμενοι τὸν ἕτερον παρέλιπον, οἷον Λακεδαιμόνιοι μὲν καὶ Κρῆτες ἔθεσιν ἐπαίδευον, οὐ λόγοις, Ἀθηναῖοι δὲ καὶ σχεδὸν οἱ ἄλλοι πάντες Ἕλληνες ἃ μὲν χρὴ πράττειν ἢ μὴ προσέτασσον διὰ τῶν νόμων, τοῦ δὲ πρὸς αὐτὰ διὰ τῶν ἔργων ἐθίζειν ὠλιγώρουν.
GLI ALTRI NOMOTETI/LEGISLATORI DUNQUE DIFFERIVANO PER OPINIONI/NELL’IDEA DEL GIUSTO (οἱ μὲν οὖν ἄλλοι νομοθέται ταῖς γνώμαις διέστησαν) E L’UNO PRENDENDO L’UNO DI ESSI/UNO DI QUESTI DUE MODI EDUCATIVI (καὶ ἑλόμενοι τὸν ἕτερον αὐτῶν; ἕτερον=alter latino: l’altro tra due, ovvero uno dei due) IL QUALE PAREVA GIUSTO A TUTTI/A CIASCUNO DI ESSI (ὃν ἔδοξεν ἑκάστοις), L’ALTRO TRALASCIAVANO (τὸν ἕτερον παρέλιπον), COME (οἷον) I LACEDEMONI E I CRETESI EDUCAVANO ATTRAVERSO I COSTUMI, NON ATTRAVERSO I DISCORSI (Λακεδαιμόνιοι μὲν καὶ Κρῆτες ἔθεσιν ἐπαίδευον, οὐ λόγοις), MA GLI ATENIESI E QUASI TUTTI GLI ALTRI ELLENI (LE COSE…) CHE BISOGNA FARE E NON (FARE…) (Ἀθηναῖοι δὲ καὶ σχεδὸν οἱ ἄλλοι πάντες Ἕλληνες ἃ μὲν χρὴ πράττειν ἢ μὴ) ORDINAVANO ATTRAVERSO LE LEGGI (προσέτασσον διὰ τῶν νόμων), MA TRASCURAVANO DI ABITUARE A ESSE ATTRAVERSO LE OPERE (τοῦ δὲ πρὸς αὐτὰ διὰ τῶν ἔργων ἐθίζειν ὠλιγώρουν).
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