POLITICA E RETORICA AD ATENE E IN GRECIA
(Plutarco, Consigli politici; par. 5: pag. 802: C - F)
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Un brano ironico e divertente, tratto dai Consigli politici di Plutarco, in cui si evidenzia l’importanza dell'eloquenza come strumento per ottenere il successo politico e piegare il popolo ai propri fini.
Quest'ultimo infatti (dice ironicamente Plutarco), al contrario del lupo deve effettivamente “essere preso per le orecchie”, se si desidera dominarlo e guidarlo (δῆμον δὲ καὶ πόλιν ἐκ τῶν ὦτων ἄγειν δεῖ μάλιστα…).
Peraltro, ricorda Plutarco sulla scorta di Tucidide, la gloriosa “democrazia” ateniese non fu, in realtà, nient’altro che il dominio di un singolo uomo (Pericle), il quale grazie alla sua abilità con le parole riusciva a indurre i propri concittadini a fare ciò che desiderava, cosa che andava da una parte a sua gloria, dall’altra a vantaggio di essi (τοῦτο δ᾽ οὐκ αὐτῷ μόνον ἐκείνῳ δόξαν ἀλλὰ καὶ τῇ πόλει σωτηρίαν ἔφερε).
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TESTO GRECO:
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802 – C …διὰ τοῦτ᾽ ἦν ἡ κατὰ Περικλέα πολιτεία “λόγῳ μέν,” ὥς φησι Θουκυδίδης, “δημοκρατία, ἔργῳ δ᾽ ὑπὸ τοῦ πρώτου ἀνδρὸς ἀρχὴ” διὰ τὴν τοῦ λόγου δύναμιν. ἐπεὶ καὶ Κίμων ἀγαθὸς ἦν καὶ Ἐφιάλτης καὶ Θουκυδίδης, ἀλλ᾽ ἐρωτηθεὶς οὗτος ὑπ᾽ Ἀρχιδάμου τοῦ βασιλέως τῶν Σπαρτιατῶν πότερον αὐτὸς ἢ Περικλῆς παλαίει βέλτιον “οὐκ ἂν εἰδείη τις” εἶπεν “ ὅταν γὰρ ἐγὼ καταβάλω παλαίων, ἐκεῖνος λέγων μὴ πεπτωκέναι νικᾷ καὶ πείθει τοὺς θεωμένους.” τοῦτο δ᾽ οὐκ αὐτῷ μόνον ἐκείνῳ δόξαν ἀλλὰ καὶ τῇ πόλει σωτηρίαν ἔφερε: πειθομένη γὰρ αὐτῷ τὴν ὑπάρχουσαν εὐδαιμονίαν ἔσῳζε, τῶν δ᾽ ἐκτὸς ἀπείχετο.
D Νικίας δὲ τὴν αὐτὴν προαίρεσιν ἔχων, πειθοῦς δὲ τοιαύτης ἐνδεὴς ὧν καὶ καθάπερ ἀμβλεῖ χαλινῷ τῷ λόγῳ πειρώμενος ἀποστρέφειν τὸν δῆμον, οὐ κατέσχεν οὐδ᾽ ἐκράτησεν, ἀλλ᾽ ᾧχετο βίᾳ φερόμενος εἰς Σικελίαν καὶ συνεκτραχηλιζόμενος. τὸν μὲν οὖν λύκον οὔ φασι τῶν ὤτων κρατεῖν, δῆμον δὲ καὶ πόλιν ἐκ τῶν ὦτων ἄγειν δεῖ μάλιστα, μή, καθάπερ ἔνιοι τῶν ἀγυμνάστων περὶ λόγον, λαβὰς ἀμούσους καὶ ἀτέχνους ζητοῦντες ἐν τοῖς πολλοῖς τῆς γαστρὸς ἕλκουσιν εὐωχοῦντες ἢ τοῦ βαλλαντίου διδόντες, ἢ πυρρίχας τινὰς ἢ μονομάχων θεάματα παρασκευάζοντες ἀεὶ δημαγωγοῦσι, μᾶλλον δὲ δημοκοποῦσι.
E δημαγωγία γὰρ ἡ διὰ λόγου πειθομένων ἐστίν, αἱ δὲ τοιαῦται τιθασεύσεις τῶν ὄχλων οὐδὲν ἀλόγων ζῴων ἄγρας καὶ βουκολήσεως διαφέρουσιν.
(https://archive.org/details/plutarchsmoralia10plut_0/page/178/mode/2up)
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TRADUZIONE LIBERA:
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Per questo, il reggimento politico sotto Pericle, “a parole”, come dice Tucidide, era democrazia, ma di fatto era il dominio del primo cittadino. Del resto anche Cimone, Efialte e Tucidide erano uomini di valore: ma quando quest’ultimo fu interrogato dal re di Sparta, Archidamo, se fosse migliore lui o Pericle a fare la lotta: “Non si può sapere”, rispose, “perché quando io lottando lo butto giù, lui comincia a dire di non essere caduto, convince gli spettatori ed è lui a vincere.”
Questo tuttavia procurava non soltanto gloria a lui, ma anche salvezza alla città, perché, dandogli ascolto, riusciva a conservare il benessere di cui godeva allora, e si teneva lontana dalle faccende esterne.
Nicia pur avendo la medesima propensione, ma assai scarso di tale forza di convinzione, col suo dire, quasi con morso allentato cercò di fare cambiare orientamento al popolo, ma non fu in grado di trattenerlo e dominarlo, ma si ridusse a essere trasportato a viva forza in Sicilia e a rompersi il collo egli stesso. Dicono che non si può dominare il lupo afferrandolo per le orecchie, ma la città e il popolo conviene guidare per gli orecchi, e non come fanno alcuni non esperti nel parlare, che cercando nelle moltitudini prese rozze e senz’arte, la trascinano per la gola, offrendo banchetti, o per la borsa, dando elargizioni, o allestendo danze lascive o spettacoli di gladiatori, sempre lo guidano a loro talento o meglio lo lusingano. Guidare il popolo è proprio delle moltitudini convinte dalla parola, mentre altri tentativi di addomesticare le plebi in nulla differiscono dalla caccia e dal pascolo delle bestie senza ragione.
(Traduzione di Gino Giardini)
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TRADUZIONE SPIEGATA:
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διὰ τοῦτ᾽ ἦν ἡ κατὰ Περικλέα πολιτεία “λόγῳ μέν,” ὥς φησι Θουκυδίδης, “δημοκρατία, ἔργῳ δ᾽ ὑπὸ τοῦ πρώτου ἀνδρὸς ἀρχὴ” διὰ τὴν τοῦ λόγου δύναμιν.
PER QUESTO (διὰ τοῦτο) LA FORMA DI ORGANIZZAZIONE POLITICA SOTTO PERICLE (ἡ κατὰ Περικλέα πολιτεία) ERA SECONDO LA PAROLA/A PAROLE DA UNA PARTE (ἦν λόγῳ μέν), COME DICE TUCIDIDE (ὥς φησι Θουκυδίδης), UNA DEMOCRAZIA, MA SECONDO L’OPERA/NEI FATTI (δημοκρατία, ἔργῳ δ᾽) LA GUIDA SOTTO IL PRIMO UOMO/DEL PRIMO CITTADINO (᾽ ὑπὸ τοῦ πρώτου ἀνδρὸς ἀρχὴ) PER LA FORZA DEL (SUO…) DISCORSO/PER LA SUA ELOQUENZA (διὰ τὴν τοῦ λόγου δύναμιν).
Per questo, il reggimento politico sotto Pericle, “a parole”, come dice Tucidide, era democrazia, ma di fatto era il dominio del primo cittadino.
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ἐπεὶ καὶ Κίμων ἀγαθὸς ἦν καὶ Ἐφιάλτης καὶ Θουκυδίδης, ἀλλ᾽ ἐρωτηθεὶς οὗτος ὑπ᾽ Ἀρχιδάμου τοῦ βασιλέως τῶν Σπαρτιατῶν πότερον αὐτὸς ἢ Περικλῆς παλαίει βέλτιον “οὐκ ἂν εἰδείη τις” εἶπεν “ὅταν γὰρ ἐγὼ καταβάλω παλαίων, ἐκεῖνος λέγων μὴ πεπτωκέναι νικᾷ καὶ πείθει τοὺς θεωμένους.”
POICHÈ ANCHE CIMONE ERA UN (UOMO…) OTTIMO E (COSÌ…) EFIALTE E TUCIDIDE (ἐπεὶ καὶ Κίμων ἀγαθὸς ἦν καὶ Ἐφιάλτης καὶ Θουκυδίδης), MA ESSENDO STATO INTERROGATO QUESTO/QUEST’ULTIMO DA ARCHIDAMO IL RE DEGLI SPARTANI (ἀλλ᾽ ἐρωτηθεὶς οὗτος ὑπ᾽ Ἀρχιδάμου τοῦ βασιλέως τῶν Σπαρτιατῶν; ἐρωτηθεὶς: nomin. masch. sing. del partic. aoristo passivo di ἐρωτάω: domando; interrogo) SE EGLI STESSO O PERICLE LOTTA/LOTTASSE MEGLIO (πότερον αὐτὸς ἢ Περικλῆς παλαίει βέλτιον->da βελτίων, βέλτιον: migliore; la forma neutra ha, come spesso accade, valore avverbiale) “NON SAPREBBE ALCUNO/NESSUNO LO SA (οὐκ ἂν εἰδείη τις; εἰδείη: 3^ sing. ottativo di οἶδα: so, conosco (=ho visto))” DISSE (εἶπεν) “QUALORA INFATTI IO (LO…) ATTERRI LOTTANDO (ὅταν γὰρ ἐγὼ καταβάλω παλαίων), QUELLO DICENDO DI NON ESSERE CADUTO (ἐκεῖνος λέγων μὴ πεπτωκέναι) VINCE/PREVALE (νικᾷ) E CONVINCE I GUARDANTI/GLI SPETTATORI (καὶ πείθει τοὺς θεωμένους).
Del resto anche Cimone, Efialte e Tucidide erano uomini di valore: ma quando quest’ultimo fu interrogato dal re di Sparta, Archidamo, se fosse migliore lui o Pericle a fare la lotta: “Non si può sapere”, rispose, “perché quando io lottando lo butto giù, lui comincia a dire di non essere caduto, convince gli spettatori ed è lui a vincere.”
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τοῦτο δ᾽ οὐκ αὐτῷ μόνον ἐκείνῳ δόξαν ἀλλὰ καὶ τῇ πόλει σωτηρίαν ἔφερε: πειθομένη γὰρ αὐτῷ τὴν ὑπάρχουσαν εὐδαιμονίαν ἔσῳζε, τῶν δ᾽ ἐκτὸς ἀπείχετο.
QUESTA COSA NON A QUELLO STESSO (=PERICLE) (τοῦτο δ᾽ οὐκ αὐτῷ ἐκείνῳ) SOLAMENTE (μόνον->avverbio) LA FAMA (PORTAVA…), MA ANCHE ALLA CITTÀ LA SALVEZZA PORTAVA (δόξαν ἀλλὰ καὶ τῇ πόλει σωτηρίαν ἔφερε); CONVINTA INFATTI DA QUELLO (πειθομένη γὰρ αὐτῷ) SALVAVA/PRESERVAVA LA (SUA…) SORGENTE/NASCENTE FELICITÀ/PROSPERITÀ (τὴν ὑπάρχουσαν εὐδαιμονίαν ἔσῳζε), E STAVA LONTANA DALLE COSE FUORI/SI TENEVA LONTANA DAI DISSIDI ESTERNI (τῶν δ᾽ ἐκτὸς ἀπείχετο).
Questo tuttavia procurava non soltanto gloria a lui, ma anche salvezza alla città, perché, dandogli ascolto, riusciva a conservare il benessere di cui godeva allora, e si teneva lontana dalle faccende esterne.
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Νικίας δὲ τὴν αὐτὴν προαίρεσιν ἔχων, πειθοῦς δὲ τοιαύτης ἐνδεὴς ὧν καὶ καθάπερ ἀμβλεῖ χαλινῷ τῷ λόγῳ πειρώμενος ἀποστρέφειν τὸν δῆμον, οὐ κατέσχεν οὐδ᾽ ἐκράτησεν, ἀλλ᾽ ᾧχετο βίᾳ φερόμενος εἰς Σικελίαν καὶ συνεκτραχηλιζόμενος.
NICIA LA STESSA SCELTA/ATTITUDINE AVENDO (Νικίας δὲ τὴν αὐτὴν προαίρεσιν ἔχων), ESSENDO PERÒ (δὲ… ὧν) CARENTE DI TALE CONVINZIONE/CAPACITÀ DI CONVINZIONE (πειθοῦς τοιαύτης ἐνδεὴς) E CON IL DISCORSO TENTANDO (καὶ τῷ λόγῳ πειρώμενος), COME CON UN FRENO SMUSSATO/CON UNA BRIGLIA MALFERMA (καθάπερ ἀμβλεῖ χαλινῷ), DI CONVERTIRE IL POPOLO (ἀποστρέφειν τὸν δῆμον), NON (LO…) TRATTENNE NÉ (LO…) DOMINÒ (οὐ κατέσχεν οὐδ᾽ ἐκράτησεν), MA ANDAVA/ANDÒ IN SICILIA (ἀλλ᾽ ᾧχετο εἰς Σικελίαν) ESSENDO(VI) PORTATO CON LA FORZA (βίᾳ φερόμενος) E (LÌ…) ESSENDO SCAGLIATO GIÙ A ROMPICOLLO/DOVE FU PORTATO ALLA ROVINA (καὶ συνεκτραχηλιζόμενος).
Nicia pur avendo la medesima propensione, ma assai scarso di tale forza di convinzione, col suo dire, quasi con morso allentato cercò di fare cambiare orientamento al popolo, ma non fu in grado di trattenerlo e dominarlo, ma si ridusse a essere trasportato a viva forza in Sicilia e a rompersi il collo egli stesso.
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τὸν μὲν οὖν λύκον οὔ φασι τῶν ὤτων κρατεῖν, δῆμον δὲ καὶ πόλιν ἐκ τῶν ὦτων ἄγειν δεῖ μάλιστα, μή, καθάπερ ἔνιοι τῶν ἀγυμνάστων περὶ λόγον, λαβὰς ἀμούσους καὶ ἀτέχνους ζητοῦντες ἐν τοῖς πολλοῖς τῆς γαστρὸς ἕλκουσιν εὐωχοῦντες ἢ τοῦ βαλλαντίου διδόντες, ἢ πυρρίχας τινὰς ἢ μονομάχων θεάματα παρασκευάζοντες ἀεὶ δημαγωγοῦσι, μᾶλλον δὲ δημοκοποῦσι.
DICONO (φασι) DUNQUE/PERALTRO IL LUPO DA UNA PARTE NON DOMINARE/POTERSI DOMARE DALLE ORECCHIE/AGGUANTANDOLO PER LE ORECCHIE (τὸν μὲν οὖν λύκον οὔ τῶν ὤτων κρατεῖν), DALL’ALTRA IL POPOLO E LA CITTÀ BISOGNA/È NECESSARIO MASSIMAMENTE CONDUR(LO) DALLE ORECCHIE (δῆμον δὲ καὶ πόλιν ἐκ τῶν ὦτων ἄγειν δεῖ μάλιστα *), NON, COME (FANNO…) ALCUNI DEGLI INESPERTI ATTORNO AL DISCORSO/ALL’ELOQUENZA (μή, καθάπερ ἔνιοι τῶν ἀγυμνάστων περὶ λόγον), (I QUALI LO…) TIRANO DALLO STOMACO/LO PRENDONO PER LA “GOLA” (τῆς γαστρὸς ἕλκουσιν) CERCANDO DELLE PRESE ROZZE E PRIVE DI RAFFINATEZZA/USANDO DEI MEZZUCOLI ROZZI E PRIMITIVI COI MOLTI/CON LE MOLTITUDINI (λαβὰς ἀμούσους καὶ ἀτέχνους ζητοῦντες ἐν τοῖς πολλοῖς) INVITANDO(LO) A BANCHETTO (εὐωχοῦντες) O DANDO (A ESSO…) DELLA BORSA/RICCHEZZA (ἢ τοῦ βαλλαντίου διδόντες; il genitivo ha – credo – valore partitivo: “qualcosa della ricchezza”), O APPRONTANDO DELLE PIRRICHE/PARATE MILITARI O DEGLI SPETTACOLI DI COMBATTIMENTI/GLADIATORI (ἢ πυρρίχας τινὰς ἢ μονομάχων θεάματα παρασκευάζοντες), SEMPRE GOVERNANO IL POPOLO (ἀεὶ δημαγωγοῦσι), O PIUTTOSTO (μᾶλλον δὲ) CORTEGGIANO IL POPOLO (δημοκοποῦσι).
Dicono che non si può dominare il lupo afferrandolo per le orecchie, ma la città e il popolo conviene guidare per gli orecchi, e non come fanno alcuni non esperti nel parlare, che cercando nelle moltitudini prese rozze e senz’arte, la trascinano per la gola, offrendo banchetti, o per la borsa, dando elargizioni, o allestendo danze lascive o spettacoli di gladiatori, sempre lo guidano a loro talento o meglio lo lusingano.
* L’espressione: ἐκ τῶν ὦτων ἄγειν, “guidare per le orecchie”, allude all’importanza delle parole, ovvero dell’eloquenza, o abilità oratoria, in politica.
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δημαγωγία γὰρ ἡ διὰ λόγου πειθομένων ἐστίν, αἱ δὲ τοιαῦται τιθασεύσεις τῶν ὄχλων οὐδὲν ἀλόγων ζῴων ἄγρας καὶ βουκολήσεως διαφέρουσιν.
L’ARTE DI GUIDARE IL POPOLO INFATTI È (δημαγωγία γὰρ ἐστίν) LA/QUELLA DEI CONVINTI/DELLE MOLTITUDINI CONVINTE ATTRAVERSO IL DISCORSO (ἡ διὰ λόγου πειθομένων), E TALI ADDOMESTICAMENTI DELLE FOLLE (αἱ δὲ τοιαῦται τιθασεύσεις τῶν ὄχλων) PER NULLA (οὐδὲν, avverbio) DIFFERISCONO DALLA CACCIA E DAL PASCOLO DEGLI ANIMALI PRIVI DI RAGIONE (ἀλόγων ζῴων ἄγρας καὶ βουκολήσεως διαφέρουσιν).
Guidare il popolo è proprio delle moltitudini convinte dalla parola, mentre altri tentativi di addomesticare le plebi in nulla differiscono dalla caccia e dal pascolo delle bestie senza ragione.
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