L’ORIGINE DEL MALE E DEL PECCATO PER I CRISTIANI (Tertulliano, De spectaculis: par. 2)
- Adriano Torricelli
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L’ORIGINE DEL MALE E DEL PECCATO PER I CRISTIANI
(Tertulliano, De spectaculis: par. 2)
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Un testo di Tertulliano, in cui si affronta il problema dell’origine del Male e quello, a esso connesso, se la sua esistenza possa essere ascritta a Dio.
Tertulliano critica l’atteggiamento diffuso tra i pagani (ethnici) i quali si illudono di non dover condannare alcuna immoralità, in quanto (come i Cristiani stessi affermano) tutto sarebbe creato da Dio e quindi, per tale ragione, anche buono (omnia a deo instituta et homini attributa, sicut (nos) praedicamus, et utique bona omnia, ut boni auctoris).
Ma egli fa notare che, anche tra i pagani, vi sono cose che vengono come tali condannate e respinte, pur essendo (al pari di tutte le altre) create da Dio (Ceterum omnes species malorum, quae etiam ethnici ut indubitata et prohibent et defendunt, ex operibus dei constant…)
Quel che sfugge loro è che, anche se gli uomini sono liberi di usufruire delle opere di Dio, non necessariamente lo fanno secondo la sua volontà (...neque enim oculos ad concupiscentiam sumpsimus et linguam ad maliloquium et aures ad exceptaculum maliloquii et gulam ad gulae crimen et ventrem ad gulae societatem et genitalia ad excessus impudicitiae et manus ad vim et gressus ad vagam vitam, aut spiritus ideo insitus corpori, ut insidiarum, ut fraudium, ut iniquitatium cogitatorium fieret.)
Manca a essi la chiara coscienza che esiste un “avversario” di Dio e dell'uomo, un angelo caduto, il cui scopo è allontanare quest'ultimo, creatura e immagine di Dio, dal volere del padre per portarlo a perdizione (cum ipsum hominem, opus et imaginem dei, totius universitatis possessorem, illa vis interpolatoris et aemulatoris angeli ab initio de integritate deiecerit, universam substantiam eius pariter cum ipso integritati institutam pariter cum ipso in perversitatem demutavit adversus institutorem).
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Testo latino:
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II
[1] Iam vero nemo est, qui non hoc quoque praetendat: omnia a deo instituta et homini attributa, sicut praedicamus, et utique bona omnia, ut boni auctoris; inter haec deputari universa ista, ex quibus spectacula instruuntur, equum verbi gratia et leonem et vires corporis et vocis suavitates; igitur neque alienum videri posse neque inimicum deo quod de conditione constet ipsius, neque cultoribus dei deputandum, quod ei non sit inimicum, quia nec alienum. [2] plane et ipsae extructiones locorum, quod saxa, quod caementa, quod marmora, quod columnae dei res sunt, qui ea ad instrumentum terrae dedit; sed et ipsi actus sub caelo dei transiguntur.
Quam sapiens argumentatrix sibi videtur ignorantia humana, praesertim, cum aliquid eiusmodi de gaudiis et de fructibus saeculi metuit amittere. [3] plures denique invenias, quos magis periculum voluptatis quam vitae avocet ab hac secta. nam mortem etiam stultus ut debitam non extimescit, voluptatem etiam sapiens ut datam non contemnit, cum alia non sit et stulto et sapienti vitae gratia nisi voluptas. [4] nemo negat, quia nemo ignorat, quod ultro natura suggerit, deum esse universitatis conditorem eamque universitatem tam bonam quam homini mancipatam. [5] sed quia non penitus deum norunt nisi naturali iure, non etiam familiari, de longinquo, non de proximo, necesse est ignorent, qualiter administrari aut iubeat aut prohibeat quae instituit, simul quae vis sit aemula ex adverso adulterandis usibus divinae conditionis, quia neque voluntatem neque adversarium noveris eius quem minus noveris. [6] non ergo hoc solum respiciendum est, a quo omnia sint instituta, sed a quo conversa. ita enim apparebit, cui usui sint instituta, si appareat, cui non. [7] multum interest inter corruptelam et integritatem, quia multum est inter institutorem et interpolatorem.
Ceterum omnes species malorum, quae etiam ethnici ut indubitata et prohibent et defendunt, ex operibus dei constant. [8] vides homicidium ferro veneno magicis devinctionibus perfici: tam ferrum dei res est quam herbae, quam angeli. numquid tamen in hominis necem auctor ista providit? atquin omnem homicidii speciem uno et principali praecepto interimit: "non occides." [9] proinde aurum aes argentum ebur lignum et quaecumque fabricandis idolis materia captatur quis in saeculo posuit nisi saeculi auctor deus? numquid tamen, ut haec adversus ipsum adorentur? atquin summa offensa penes illum idololatria. quid non dei est quod deum offendit? sed cum offendit, dei esse desiit, et cum desiit, offendit. [10] ipse homo, omnium flagitiorum auctor, non tantum opus dei, verum etiam imago est; et tamen et corpore et spiritu desciit a suo institutore. neque enim oculos ad concupiscentiam sumpsimus et linguam ad maliloquium et aures ad exceptaculum maliloquii et gulam ad gulae crimen et ventrem ad gulae societatem et genitalia ad excessus impudicitiae et manus ad vim et gressus ad vagam vitam, aut spiritus ideo insitus corpori, ut insidiarum, ut fraudium, ut iniquitatium cogitatorium fieret. non opinor. [11] nam si omnem malignitatem et si tantum malitiam excogitatam deus exactor innocentiae odit, indubitate quaecumque condidit non in exitum operum constat condidisse quae damnat, licet eadem opera per ea quae condidit administrentur, quando haec sit tota ratio damnationis: perversa administratio conditionis a conditis.
[12] nos igitur, qui domino cognito etiam aemulum eius inspeximus, qui institutore comperto et interpolatorem una deprehendimus, nec mirari neque dubitare oportet: cum ipsum hominem, opus et imaginem dei, totius universitatis possessorem, illa vis interpolatoris et aemulatoris angeli ab initio de integritate deiecerit, universam substantiam eius pariter cum ipso integritati institutam pariter cum ipso in perversitatem demutavit adversus institutorem, ut, quam doluerat homini concessam, non sibi, in ea ipsa et hominem reum deo faceret et suam dominationem collocaret.
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Testo tradotto:
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CAPITOLO II.
Ecco il frivolo pretesto che fanno valere una infinità di gente: nessuno vi può essere invero, il quale non debba riconoscere che tutto quanto di cui sia stato artefice Iddio e che sia stato poi posto a servigio dell'uomo, come noi andiamo sostenendo, non possieda in sé il carattere della bontà, come ciò che deriva da Colui che è in sé stesso bontà infinita: fra queste cose vanno pure annoverate quelle che in certo modo rispondono alla preparazione degli spettacoli stessi, ad esempio: |28 sono necessari il cavallo, il leone; si richiedono forze fìsiche valide, e dolcezza e soavità di voce. Quindi ciò che proviene dalla stessa natura ed energia divina, non può apparire a noi come qualcosa di alieno o di contrario ed avverso alla divinità stessa e non si può quindi dare attributo di colpa a ciò che si riconosca non nemico della divinità, perché appunto non è neppure qualcosa di alieno da essa. È evidente quindi che le costruzioni stesse, nella loro magnificenza, sono opera di Dio; e le pietre infatti, e le mura, e le colonne marmoree non ripetono la loro origine da Lui che ce le ha date come mezzi e strumenti di ornamentazione e di bellezza? e non è pur vero che quanto gli uomini compiono si svolge sotto il grande cielo di Dio? Quale abile tessitrice d'argomenti non si scopre l'umana insipienza, specialmente quando teme che le possa venire a mancare, sia pure una parte piccola di quel che possa contribuire alla gioia e ai vantaggi terreni! Ti sarebbe facile trovare un maggior numero di quelli che dalla nostra famiglia si tengono lontani, più perché vedono offuscata la visione del piacere terreno, che per il pericolo della vita. Anche lo stolto non ha in fondo paura della morte, perche sa che è un debito che pur bisogna pagare; ma il piacere, in sé stesso, sia pure piccolo, anche il saggio non lo disprezza, perché, sia per lo stolto che per il sapiente, non v'è altro che infiori la vita, se non il piacere. Nessuno pensa di poter negare tutto questo, perché non c'è |29 alcuno che non conosca quello che la natura pone di per sé stessa dinanzi all'occhio nostro e suggerisce al nostro spirito. Iddio è il creatore di quest'ordine, di questa armonia universale e questo universo in tanto è bontà infinita, in quanto è soggetto in certo modo all'uomo e risponde alla sua diretta utilità. Ma poiché la conoscenza che essi hanno di Dio non è intima ed è in relazione, si può dire, alla sola natura, secondo un ius naturale; e non sanno un rapporto più intimo che chiameremo familiare; visto che la loro nozione di Dio è qualcosa di lontano e non di vicino, ne risulta come qualcosa di inevitabile che essi non abbiano la percezione di come Egli voglia che siano rette e regolate tutte le cose, dopo che le formò, e che non conoscano nello stesso tempo quale potenza nemica in contrasto alla sua, esista per trasmutare e falsare l'indirizzo di quanto era di divina fattura, perché non è possibile che tu intenda il mal volere di quella potenza avversa a Dio, se di questi pure hai una conoscenza così limitata ed imperfetta. Non è il caso dunque di considerar solo questo: da chi, cioè, tutto sia stato preordinato e armonizzato, ma anche da chi questa costruzione mirabile sia stata inquinata e sconvolta; e così apparirà nella sua vera luce a quale scopo il tutto abbia avuto sua origine ed ordine, se sarà chiaro pure quello che non risponde a tale armonica volontà dell'ordinatore dell'universo. Molta è la differenza che corre fra quanto sia corruzione e |30 rovina, da un lato, e armonia e fulgida compattezza da un'altra; come appunto grande divario è quello che passa fra chi crea e chi tutto guasta e distrugge. E, del resto, anche tutti quegli aspetti del male e della perversità che pure i pagani, riconoscendoli appunto come tali, impediscono e condannano, trovano pure il loro elemento primo in quello che è opera di Dio. Prendi, se vuoi, l'omicidio compiuto col ferro e col veleno o con misteriose formule magiche: ma il ferro è cosa che appartiene e che è opera di Dio, come le erbe, e come anche le potenze demoniache. Ma che forse, chi tali cose trasse dal nulla, pensò che dovessero servire poi alla rovina dell'uomo? Eppure Iddio fu con un precetto solo e grandissimo che condannò qualunque forma di violenza; non ucciderai, egli disse. E l'oro e il bronzo e l'argento, l'avorio, il legno e qualunque altra materia della quale ci serviamo per costruire immagini idolatre, chi fu che l'introdusse fra gli uomini se non Iddio stesso, creatore di questo nostro mondo? Ma che forse le creò perché, a scapito della sua stessa potenza, dovessero poi divenire oggetto di adorazione? Ma, al contrario, anzi, al suo cospetto grave colpa è l'adorazione degli idoli. Che cosa non è creazione di Dio, fra quello che pure si può trasformare in qualcosa di offensivo per lui? ma quando diviene motivo e ragione di offesa, non appartiene più a Dio ed è appunto quando viene a tacere questa natura divina della cosa, che essa può |31 rappresentare elemento di offesa. L'uomo stesso, che pure è capace di tutti i delitti e di ogni perversità, non solo è opera di Dio, ma è fatto a sua immagine e somiglianzà; ma pure si è allontanato di gran lunga da quel che fu il suo creatore considerando la vita materiale e spirituale; noi non abbiamo infatti avuto la facoltà dello sguardo, perché con esso venisse alimentato l'ardore dei nostri desideri; non c'è stata data la lingua, perché noi usassimo mala parola; non c'è stato concesso di ascoltare, per prestare orecchio a discorsi perversi; non la gola perché ci abbandonassimo colpevolmente ad essa; non il ventre per l'incontinenza della crapula; non gli organi della vita, perché ce ne servissimo per eccessi colpevoli; non le mani per esercitar violenza; non la facoltà di camminare, perché noi errassimo senza scopo e senza direzione: e non posso pensare che lo spirito sia stato così intimamente racchiuso nel nostro corpo, perché questo rappresentasse quasi la sede di tutte le insidie, di tutti gli inganni, di tutte le iniquità. Se Iddio dunque, che vuole l'assoluta purità e integrità di cuore, biasima e condanna ogni cosa cattiva che gli uomini, nel loro cattivo uso, possano anche semplicemente pensare, non vi può esser dubbio che tutto quello che Egli creò non può esser fatto in servigio di quel che Egli respinge appunto come male; anche se si deve ammettere che questo trovi sua ragione di sviluppo per mezzo di altri elementi che ripetono da Dio la |32 loro origine consistendo appunto l'assoluta ragione di tale pervertimento, nell'uso che noi arbitrariamente facciamo di ciò che Egli ci ha largito per alti e nobili scopi.
Noi pertanto, che col nostro Signore Iddio abbiamo pur anco avuto contezza dell'avversario suo, noi che abbiamo visto chi, del tutto, sia stato il creatore magnifico e chi il sovvertitore terribile, non dobbiamo meravigliarci né avere dubbio alcuno che quella potenza nemica, turbatrice e sovvertitrice, la quale fin dall'inizio riuscì a rovesciare dalla purità e dall'integrità primitiva l'uomo che, in squisita fattura, Iddio aveva creato a sua immagine e somiglianzà e dominatore dell'universo; e che potè così tutta la sostanza di lui confermata a bontà e a perfezione dal suo creatore, alterare e pervertire, si sia volta in tutta la sua natura malvagia contro quanto Iddio stesso aveva creato per l'uomo, per fare apparire così colpevole la creatura al cospetto di Dio; per causa di quegli stessi doni di cui provava rammarico che fossero stati concessi all'uomo e non a lui, e per poter stabilire, proprio su quegli elementi, il suo assoluto dominio.
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Testo latino spiegato:
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Iam vero nemo est, qui non hoc quoque praetendat (E poi invero non vi è nessuno che non metta davanti anche questo/questa argomentazione): omnia a deo instituta et homini attributa, sicut praedicamus, et utique bona, ut omnia boni auctoris (che tutto è stato creato da Dio e dato all’uomo, così (noi cristiani…) predichiamo, e assolutamente buono come tutto ciò che è di un buon autore); inter haec deputari universa ista, ex quibus spectacula instruuntur, equum verbi gratia et leonem et vires corporis et vocis suavitates (che tra l’altro/fra le altre cose devono essere annoveratetutte queste cose, con le quali gli spettacoli vengono organizzati: il cavallo ad esempio [=verbi gratia], e il leone e la forzadei corpi/dei guerrieri e le voci soavi); igitur neque alienum videri posse neque inimicum deo quod de conditione constet ipsius, neque cultoribus dei deputandum, quod ei non sit inimicum, quia nec alienum (che quindi nemmeno possa apparire alieno e nemico di Dio ciò che esiste per sua volontà, e che nemmeno deve essere ritenuto (tale…) ciò che a egli/a Dio non è nemico, poiché non è nemmeno alieno a lui).
Plane et ipsae extructiones locorum, quod saxa, quod caementa, quod marmora, quod columnae dei res sunt, qui ea ad instrumentum terrae dedit; sed et ipsi actus sub caelo dei transiguntur (Chiaramente anche tutte le strutture dei luoghi, ovvero [=quod] le pietre, ovvero i marmi, ovvero le colonne, sono cose di Dio, il quale esse ha creato per ornamento della terra; ma/inoltre anche questi stessi atti/questi spettacoli [=ipsi actus] sotto il cielo di Dio sono condotti/avvengono).
Quam sapiens argumentatrix sibi videtur ignorantia humana, praesertim, cum aliquid eiusmodi de gaudiis et de fructibus saeculi metuit amittere. (Quale sapiente argomentatrice appare a se stessa l’ignoranza umana, quando qualcosa anche di piccola misura/seppur piccola [=aliquid eiusmodi] teme di perdere dei suoi piaceri e dei suoi frutti). Plures denique invenias, quos magis periculum voluptatis quam vitae avocet ab hac secta (Più persone addirittura troverai che il pericolo del piacere/il fatto che i nostri piaceri siano in pericolo respingerrà da questa setta/dalla setta cristiana rispetto al pericolo della vita).
Nam mortem etiam stultus ut debitam non extimescit, voluptatem etiam sapiens ut optatam non contemnit, cum alia non sit et stulto et sapienti vitae gratia nisi voluptas (Infatti la morte anche lo stolto non lo spaventa, anche il sapiente in quanto scelto non disprezza il piacere, dal momento che altro non è per lo stolto e il sapiente il bello della vita il piacere). Nemo negat, quia nemo ignorat, quod ultro natura suggerit, deum esse universitatis conditorem eamque universitatem tam bonam quam homini mancipatam (Nessuno nega, poiché nessuno ignora, ciò che anche [=ultro: inoltre] la natura lo suggerisce, esser Dio il creatore di tutto e che il tutto è tanto buono quanto dedicato all’uomo).
Sed quia non penitus deum norunt nisi naturali iure, non etiam familiari, de longinquo, non de proximo, necesse est ignorent, qualiter administrari aut iubeat aut prohibeat quae instituit, simul quae vis sit aemula ex adverso adulterandis usibus divinae conditionis, quia neque voluntatem neque adversarium noveris eius quem minus noveris (Ma poiché essi non hanno coponosciuto/conoscono [=norunt:noscerunt] Dio a fondo [=penitus] se non attraverso il diritto naturale e non anche con quello familiare/con una conoscenza intima, da lontano e non da vicino, è inevitabile che ignorino in che modo [=qualiter] egli comandi e proibisca di amministrare le cose che ha istituito, e allo stesso tempo quale forza gli sia nemica per contrapposizione (quae vis sit aemula ex adverso) agli usi della condizione divina (per essa…) da adulterare/che essa vuole corrompere (adulterandis usibus divinae conditionis), poiché né la volontà né il nemico avrai conosciuto di Colui che meno/in piccola parte avrai conosciuto).
Non ergo hoc solum respiciendum est, a quo omnia sint instituta, sed a quo conversa (Quindi non solo si deve osservare ciò: da chi tutte le cose sono poste in essere e istituite, ma da chi siano sconvolte). Ita enim apparebit, cui usui sint instituta, si appareat, cui non (Così infatti apparirà per quale uso [=cui usui] siano state create, se apparirà per quale non lo sono [=cui non]).
Multum interest inter corruptelam et integritatem, quia multum est inter institutorem et interpolatorem (Molto/Grande differenza sussiste tra la corruzione o l’integrità, poiché molto/grande differenza sussiste tra il Creatore e il Corruttore). Ceterum omnes species malorum, quae etiam ethnici ut indubitata et prohibent et defendunt, ex operibus dei constant (Inoltre tutti i tipi di mali che anche i pagani proibiscono e tengono lontano in quanto indubitatamente tali, esistono per opera di Dio).
Vides homicidium ferro veneno magicis devinctionibus perfici: tam ferrum dei res est quam herbae, quam angeli. Numquid tamen in hominis necem auctor ista providit (Vedi l’omicidio commesso col ferro, col veleno o con venefici magici: tanto il ferro è cosa di Dio quanto le erbe, quanto gli angeli/le potenze eteree. Forse che tuttavia l’autore ha fornito queste cose per l’uccisione dell’uomo [=in hominis necem]?)?
Atquin omnem homicidii speciem uno et principali praecepto interimit: ‘non occides.’ (Eppure respinse ogni forma di omicidio con un solo principale precetto: “Non uccidere!”) Proinde aurum aes argentum ebur lignum et quaecumquae fabricandis idolis materia captatur quis in saeculo posuit nisi saeculi auctor deus (E poi l’oro, il bronzo, l’argento, l’avorio, il legno e qualsiasi materia che viene presa per fabbricare gli idoli [=quaecumquae fabricandis idolis materia], che l’ha posta nel mondo se non il suo autore Dio)?
Numquid tamen, ut haec adversus ipsum adorentur? Atquin summa offensa penes illum idololatria. (Non è forse tuttavia [=Numquiid tamen] che adorerebbero queste cose/questi idoli contro egli/Dio?) Quid non dei est quod deum offendit? Sed cum offendit, dei esse desiit, et cum desiit, offendit (Quale cosa non è di Dio, che pure offende Dio? Ma quando lo offende, cessa di essere di Dio, e poiché cessa di esserlo, lo offende).
Ipse homo, omnium flagitiorum auctor, non tantum opus dei, verum etiam imago est; et tamen et corpore et spiritu desciit a suo institutore (L’uomo stesso, autore di tutte le perversità, non soltanto è opera di Dio, ma invero anche immagine; e tuttavia sia nel corpo sia nello spirito si è allontanato del suo Creatore). Neque enim oculos ad concupiscentiam sumpsimus et linguam ad maliloquium et aures ad exceptaculum mahloquii et gulam ad gulae crimen et ventrem ad gulae societatem et genitalia ad excessus impudicitiae et manus ad vim et gressus ad vagam vitam, aut spiritus ideo insitus corpori, uti insidiarum, ut fraudium, ut iniquitatium cogitatorium fieret (Né infatti abbiamo ricevuto gli occhi per la concupiscienza, la linguia per la malevolenza, le orecchie per lo spettacolo di essa, la gola per il peccato di gola, il ventre come complice della gola, gli organi riproduttivi per gli eccessi dellì’impudicizia, le mani per la violenza e il camminare per una vita svagata, o/e nemmeno lo spirito è così inserito nel corpo che esso debba diventare un luogo per ideare insidie, frodi, iniquità).
Non opinor. Nam si omnem malignitatem et si etiam malitiam excogitatam deus exactor innocentiae odit, indubitate quaecumque condidit non in exitum operum constat condidisse quae damnat, licet eadem opera per ea quae condidit administrentur, quando haec sit tota ratio damnationis, perversa administratio conditionis a conditis (Non credo. Infatti se Dio difensore dell’innocenza odia ogni malvagità e se anche odia la malvagità solo pensata, indubbiamente si dà il fatto che [=constat] tutte le cose che ha creato le abbia create non per l’esito delle azioni che condanna; ovvero quindi [=licet] quelle stesse azioni potrebbero essere amministrate/messe in atto [=eadem opera administrentur] attraverso quelle cose che ha creato; nel qual caso [=quando] questa sarebbe la sola causa della dannazione: un perverso uso delle cose create da parte delle creature).
Nos igitur, qui domino cognito etiam aemulum eius inspeximus, qui institutore comperto et interpolatorem una deprehendimus, nec mirari neque dubitare oportet (Dunque è inevitabile che noi non ci stupiamo né dubitiamo [=nos nec mirari neque dubitare oportet], noi che avendo conosciuto Dio abbiamo scorto anche il suo nemico, che avendo scoperto il creatore anche il seminatore di disordine allo stesso tempo [=interpolatorem una] abbiamo riconosciuto): cum ipsum hominem, opus et imaginem dei, totius universitatis possessorem, illa vis interpolatoris et aemulatoris angeli ab initio de integritate deiecerit, universam substantiam eius pariter cum ipso integritati institutam pariter cum ipso in perversitatem demutavit adversus institutorem, ut, quam doluerat homini concessam, non sibi, in ea ipsa et hominem reum deo faceret et suam dominationem collocaret (avendo quella forza del demone guastatore e nemico (di Dio) allontanato sin dall’inizio dall’integrità l’uomo stesso [=cum ipsum hominem illa vis interpolatoris et aemulatoris angeli ab initio de integritate deiecerit], opera e immagine di Dio, proprietario di tutto il mondo, essa ha posto contro il creatore tutta la sostanza di esso/dell’uomo, da una parte improntata all’integrità con il primo [=pariter cum ipso], dall’altra con il secondo [=pariter cum ipso]improntata alla perversità, col fine di rendere in quella stessa (integrità…) [=ut in ea ipsa faceret], per la quale si era rattristato [=quam doluerat] in quanto concessa all’uomo e non a se stessa, l’uomo colpevole di fronte a Dio [=hominem reum deo], e collocarvi il suo dominio).
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Traduzione inglese:
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II. In the next place, there is no one who fails to produce this excuse—that all things were created by God and given to man (as we Christians teach), and that they are really all good, all being the work of a good Creator ; and that among them we must reckon all the various things that go to make the pubhc shows, the horse, for example, and the lion, and strength of body and charm of voice. It follows, they urge, that a thing cannot be counted foreign to God or hostile to Him that exists by His creation, nor must we suppose a thing hostile to God's worshippers, which is not hostile to God because it is not foreign to God. Obviously the structures of the places,—the stones, cement, marbles, columns,—are all God's own, who gave all those things to furnish the earth ; yes, and the performances themselves are carried through under God's heaven. How clever in argument human ignorance seems to itself! especially when it is afraid of losing something of this kind, some dehght or enjoyment of the world !
Why, you will find more men turned from our school * by the danger to pleasure than by the danger to life ! For even a fool does not dread death beyond a certain point—he feels it inevitable ; but pleasure, a thing of such high value, even a sage does not despise ; since neither fool nor sage has any delight in life apart from pleasure. No one denies—because nobody is un- aware of it and even nature tells it us—that God is the creator of the universe, and that the universe is good and is given to man. But because they do not really know God—knowing Him only by natural law and not by right of sonship—^knowing Him from afar and not at close quarters,—they are necessarily ignorant as to how He bids or forbids the things of His creation to be used. They are also unaware of the rival powers that confront God for the abuse of what di\4ne creation has given for use. For where your knowledge of God is defective, you can neither know His mind nor His adversary. We have not then merely to consider by whom all things were created, but also by whom they are perverted. For in that way it will appear for what use they were created, if it once appear for what use they were not. There is great difference between the corrupted and the uncorrupted because there is great difference between the Creator and the perverter.
Yet every form of evil, the evils that the heathen, as well as we, forbid and guard against, comes from something God made. You see murder committed by means of iron, drug, magical incantation : but iron is as much God's creature as the plants or the angels. ** But did the Creator of them design those things for the destruction of man ? No ! He interdicts every kind of manslaying by one siunmary law : " Thou shalt not kill." " Then think of gold, brass, silver, ebony, wood and any other material used for the making of idols — who put them in the worjd, unless it is God the author of the world ? Yet, would you say. He did it that these things may be worshipped against Himself ? No ! the supreme offence in His eyes is idolatry. What is there that offends God but is God's own ? But when it offends God, it has ceased to be His ; and when it has ceased to be His, it offends Him. Man himself, author of every kind of guilt, is not only the work of God, but also His likeness ; and yet in body and spirit he has fallen away from his Creator. For we did not receive eyes for lust, nor the tongue for evil speech, nor ears to listen to evil speech, nor gullet for the sin of greed, nor belly to be gullet's partner, organs of sex for shameless excess, hands for violence, feet to wander ; nor was spirit imparted in body for the planning of treachery, fraud and iniquity. I think not. For if God, who requires of us innocence, hates all malice, yes, and every thought of evil, assuredly it is certain that, whatever He created, He never created to issue in acts which He condemns, even if those acts are performed by means of what He has created. No! for there is no other account to be given of condemnation but that it is the misuse of God's creation by God's creatures. We, then, in knowing the Lord, have learnt to recognize His rival ; in learning the Creator we have detected the perverter too ; so we need feel neither surprise nor doubt. Man himself, God's handiwork and image, lord of the whole universe, the violence of that angel, j>erverter of God's work, God's rival, overthrew in the very beginning, and robbed him of his innocence ; and at the same time he changed the whole material world, his possession,* created like man for innocence ; he changed it along with man to be perverted against the Creator ; in his anger that God had given it to man and not to him, his object was to make man in it guilty before God and in it to estabhsh his own power.
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