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Immagine del redattoreAdriano Torricelli

“L'USANZA È REGINA DEL MONDO”… ERODOTO E IL RELATIVISMO CULTURALE

Aggiornamento: 11 nov 2023

“L'USANZA È REGINA DEL MONDO”: ERODOTO E IL RELATIVISMO CULTURALE

(Erodoto, III: 38)

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Erodoto è considerato il primo storico della storia greca e mondiale.

Il suo libro difatti è per sua stessa ammissione il risultato di una lunga ”ἱστορία”, termine che ai suoi tempi non indicava propriamente l’indagine storica come oggi la si intende, bensì la ricerca o l’indagine in generale, in particolare – nel caso di Erodoto – l’indagine sui fatti umani e culturali, su come essi mutino in base alle diverse società e collocazioni geografiche.

In questo breve ma celebre paragrafetto, Erodoto racconta un episodio della vita di Cambise, nel quale questo folle (ma a modo suo lucido) sovrano dimostra ad alcuni sudditi originari di regioni distantissime tra loro, come i costumi e le usanze umane siano tanto relative nei fatti, quanto assolute nelle convinzioni di coloro che le adottano.

Del resto, la follia di Cambise non risiede tanto (a giudizio di Erodoto) nell’aver compreso, come del resto lo stesso Erodoto, la relatività dei costumi umani, quanto piuttosto nell’atteggiamento irrispettoso e prevaricatore che ha verso di essi – come a dire che, pur relativi, essi sono pur sempre in qualche modo quanto di più sacro abbia l’uomo nella sua vita associata!

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È interessante sapere che, all’interno di questo stesso III libro (Talìa), Erodoto ritorna (nel pagrafo 99) sull’usanza di alcuni Indiani (qui i Padei, e non i Callati citati nel paragrafo precedente!) i quali uccidono e poi mangiano i propri parenti, anziché aspettarne il decesso naturale.

Il brano è molto gustoso, ironico e divertente. Erodoto racconta usanze per lui assurde con humor quasi inglese, e con un evidente gusto per il paradosso, quando dice:

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“…l’uccidono gli uomini suoi congiunti più stretti, allegando che, se lo struggesse il male, la sua carne sarebbe poi meno gustosa per loro. E quello ha un bel negare di essere ammalato: gli altri non gli danno retta, l’uccidono e con le sue carni banchettano!”

(…τὸν μὲν ἄνδρα ἄνδρες οἱ μάλιστά οἱ ὁμιλέοντες κτείνουσι, φάμενοι αὐτὸν τηκόμενον τῇ νούσῳ τὰ κρέα σφίσι διαφθείρεσθαι: ὁ δὲ ἄπαρνος ἐστὶ μὴ μὲν νοσέειν, οἱ δὲ οὐ συγγινωσκόμενοι ἀποκτείναντες κατευωχέονται. )

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TESTO ORIGINALE:

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[38] πανταχῇ ὦν μοι δῆλα ἐστὶ ὅτι ἐμάνη μεγάλως ὁ Καμβύσης: οὐ γὰρ ἂν ἱροῖσί τε καὶ νομαίοισι ἐπεχείρησε καταγελᾶν. εἰ γάρ τις προθείη πᾶσι ἀνθρώποισι ἐκλέξασθαι κελεύων νόμους τοὺς καλλίστους ἐκ τῶν πάντων νόμων, διασκεψάμενοι ἂν ἑλοίατο ἕκαστοι τοὺς ἑωυτῶν: οὕτω νομίζουσι πολλόν τι καλλίστους τοὺς ἑωυτῶν νόμους ἕκαστοι εἶναι. [2] οὔκων οἰκός ἐστι ἄλλον γε ἢ μαινόμενον ἄνδρα γέλωτα τὰ τοιαῦτα τίθεσθαι: ὡς δὲ οὕτω νενομίκασι τὰ περὶ τοὺς νόμους πάντες ἄνθρωποι, πολλοῖσί τε καὶ ἄλλοισι τεκμηρίοισι πάρεστι σταθμώσασθαι, ἐν δὲ δὴ καὶ τῷδε. [3] Δαρεῖος ἐπὶ τῆς ἑωυτοῦ ἀρχῆς καλέσας Ἑλλήνων τοὺς παρεόντας εἴρετο ἐπὶ κόσῳ ἂν χρήματι βουλοίατο τοὺς πατέρας ἀποθνήσκοντας κατασιτέεσθαι: οἳ δὲ ἐπ᾽ οὐδενὶ ἔφασαν ἔρδειν ἂν τοῦτο. [4] Δαρεῖος δὲ μετὰ ταῦτα καλέσας Ἰνδῶν τοὺς καλεομένους Καλλατίας, οἳ τοὺς γονέας κατεσθίουσι, εἴρετο, παρεόντων τῶν Ἑλλήνων καὶ δι᾽ ἑρμηνέος μανθανόντων τὰ λεγόμενα, ἐπὶ τίνι χρήματι δεξαίατ᾽ ἂν τελευτῶντας τοὺς πατέρας κατακαίειν πυρί: οἳ δὲ ἀμβώσαντες μέγα εὐφημέειν μιν ἐκέλευον. οὕτω μέν νυν ταῦτα νενόμισται, καὶ ὀρθῶς μοι δοκέει Πίνδαρος ποιῆσαι νόμον πάντων βασιλέα φήσας εἶναι.

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TESTO TRADOTTO:

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Sotto ogni rispetto mi è dunque manifesto che Cambise fu veramente pazzo; ché altrimenti non si sarebbe attentato di deridere le cose sacre e le costumanze degli altri popoli. Se, infatti, a qualsivoglia popolo, si proponesse di scegliersi le migliori usanze, riflettendoci bene, sceglierebbe le proprie; tanto reputa ognuno essere le sue le migliori fra tutte. Non è dunque verosimile che altri, se non un pazzo, metta tali cose in ridicolo. E che così gli uomini tutti opinino intorno alle proprie usanze, da tali indizi è lecito arguire, e in particolare da questo esempio.

Una volta Dario, convocati alcuni Greci del suo regno, domandò loro a che prezzo si sarebbero indotti a pascersi del cadavere dei genitori. Risposero i Greci che non lo farebbero a nessun costo. Dario dunque, fattisi venire innanzi di quegli Indi che si chiamano Collatires, e che costumano mangiare i genitori, li interrogò, presenti i Greci (i quali per mezzo di interpreti compresero il colloquio) per qual prezzo accetterebbero di bruciare il cadavere dei loro padri; e quelli a gran voce lo pregarono di non dir cose tanto obbrobriose.

Tale è la forza della consuetudine; e mi pare che bene sentenziasse Pindaro cantando che “l’usanza è la regina del mondo”.

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(Traduzione di Gina Calzavara)

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Traduzione II:

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Per me è del tutto evidente che Cambise divenne completamente pazzo, altrimenti non si sarebbe messo a dileggiare le cose sacre e le tradizioni religiose. Se si chiedesse a tutti gli uomini di scegliere fra tutte le usanze le migliori, ciascuno, dopo aver ben riflettuto, indicherebbe le proprie: tanto sarebbe convinto che i propri costumi siano i migliori in assoluto; perciò non è naturale deridere simili cose, a meno di essere in preda alla follia. Da molte prove si può valutare che tutti gli uomini la pensano così circa le tradizioni, ma da una in particolare. Una volta Dario, durante il suo regno, convocò i Greci del suo seguito e chiese loro per quale somma avrebbero accettato di cibarsi dei cadaveri dei loro padri morti; ed essi risposero che non lo avrebbero fatto mai, per nessuna somma. Subito dopo Dario chiamò degli Indiani, della tribù dei Callati, tribù in cui si usa cibarsi dei propri genitori, e domandò loro, in presenza dei Greci (che potevano seguire i discorsi grazie a un interprete), per quale somma avrebbero acconsentito a cremare sul rogo i loro padri; ed essi protestarono a gran voce invitando Dario a non dire empietà. Le usanze sono usanze, c'è poco da fare, e a me sembra che Pindaro l'abbia espresso molto bene dicendo: "La tradizione è regina del mondo".

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TESTO GRECO SPIEGATO:

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πανταχῇ ὦν μοι δῆλα ἐστὶ ὅτι ἐμάνη μεγάλως ὁ Καμβύσης: οὐ γὰρ ἂν ἱροῖσί τε καὶ νομαίοισι ἐπεχείρησε καταγελᾶν.

Totalmente dunque (πανταχῇ ὦν) mi sono cose chiare/è chiaro (μοι δῆλα ἐστὶ) che grandemente era pazzo Cambise (ὅτι ἐμάνη μεγάλως ὁ Καμβύσης ; ἐμάνη: 3^ sing. indic. aoristo passivo (con valore attivo) di μαίνομαι: sono pazzo); non infatti avrebbe messo mano (οὐ γὰρ ἂν ἐπεχείρησε) a deridere le cose sacre e le leggi (dei popoli…) (καταγελᾶν ἱροῖσί τε καὶ νομαίοισι; ἱροῖσί: ionico per ἱεροῖς).

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εἰ γάρ τις προθείη πᾶσι ἀνθρώποισι ἐκλέξασθαι κελεύων νόμους τοὺς καλλίστους ἐκ τῶν πάντων νόμων, διασκεψάμενοι ἂν ἑλοίατο ἕκαστοι τοὺς ἑωυτῶν: οὕτω νομίζουσι πολλόν τι καλλίστους τοὺς ἑωυτῶν νόμους ἕκαστοι εἶναι.

Se infatti qualcuno proponesse a tutti gli uomini di scegliere (εἰ γάρ τις προθείη πᾶσι ἀνθρώποισι ἐκλέξασθαι; προθείη: 3^ sing. indic. aoristo attivo di προτίθημι: propongo; impongo) incitando(li)/costringendo(li) (κελεύων) le leggi migliori in assoluto da/tra tutte le leggi (νόμους τοὺς καλλίστους ἐκ τῶν πάντων νόμων), avendo investigato (διασκεψάμενοι) prenderebbero/sceglierebbero tutti quelle di loro stessi (ἂν ἑλοίατο ἕκαστοι τοὺς ἑωυτῶν; ἑλοίατο: 3^ plur. aoristo medio ottativo di αἰρέω: prendo; scelgo); così/a tal punto ritengono tutti essere (οὕτω νομίζουσι καλλίστους ἕκαστοι εἶναι) di molto (πολλόν τι) migliori in assoluto le leggi di se stessi/loro (τοὺς ἑωυτῶν νόμους).

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[2] οὔκων οἰκός ἐστι ἄλλον γε ἢ μαινόμενον ἄνδρα γέλωτα τὰ τοιαῦτα τίθεσθαι: ὡς δὲ οὕτω νενομίκασι τὰ περὶ τοὺς νόμους πάντες ἄνθρωποι, πολλοῖσί τε καὶ ἄλλοισι τεκμηρίοισι πάρεστι σταθμώσασθαι, ἐν δὲ δὴ καὶ τῷδε.

È necessario (οἰκός ἐστι; οἰκός (ionico):=ἐοικός: “che è necessario”, partic. sing. neutro (masch. e femm.: ἐοικώς) di ἐοίκα: “convengo, sono opportuno, sono necessario”) che dunque non ponga/affermi tali cose (οὔκων τὰ τοιαῦτα τίθεσθαι; οὔκων:=οὐκ ὦν->= οὖν) altro che (ἄλλον γε ἢ…) un uomo impazzito oggetto di scherno (…μαινόμενον ἄνδρα γέλωτα); poiché così tanto/così profondamente (ὡς δὲ οὕτω) tutti gli uomini hanno appreso le cose sulle (loro…) leggi//hanno assimilato le proprie consuetudini (νενομίκασι τὰ περὶ τοὺς νόμους πάντες ἄνθρωποι), e da molti altri indizi risulta essere calcolato/dimostrato (ciò…) (πολλοῖσί τε καὶ ἄλλοισι τεκμηρίοισι πάρεστι σταθμώσασθαι), e anche in questa cosa/da questo (ἐν δὲ δὴ καὶ τῷδε= καὶ δὲ ἐν τῷδε).

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[3] Δαρεῖος ἐπὶ τῆς ἑωυτοῦ ἀρχῆς καλέσας Ἑλλήνων τοὺς παρεόντας εἴρετο ἐπὶ κόσῳ ἂν χρήματι βουλοίατο τοὺς πατέρας ἀποθνήσκοντας κατασιτέεσθαι: οἳ δὲ ἐπ᾽ οὐδενὶ ἔφασαν ἔρδειν ἂν τοῦτο.

Dario, avendo chiamato i presenti dei Greci sotto il di sé/suo comando (Δαρεῖος ἐπὶ τῆς ἑωυτοῦ ἀρχῆς καλέσας Ἑλλήνων τοὺς παρεόντας), chiedeva per quanta ricchezza deciderebbero/accetterebbero (εἴρετο ἐπὶ κόσῳ ἂν χρήματι βουλοίατο; κόσῳ, ionico= πόσῳ: quanto grande?) di mangiare i (loro…) padri morti (τοὺς πατέρας ἀποθνήσκοντας κατασιτέεσθαι); i quali/e quelli dicevano (οἳ δὲ ἔφασαν) che per nessuna (ricchezza…) farebbero questa cosa (ἐπ᾽ οὐδενὶ ἔρδειν ἂν τοῦτο).

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[4] Δαρεῖος δὲ μετὰ ταῦτα καλέσας Ἰνδῶν τοὺς καλεομένους Καλλατίας, οἳ τοὺς γονέας κατεσθίουσι, εἴρετο, παρεόντων τῶν Ἑλλήνων καὶ δι᾽ ἑρμηνέος μανθανόντων τὰ λεγόμενα, ἐπὶ τίνι χρήματι δεξαίατ᾽ ἂν τελευτῶντας τοὺς πατέρας κατακαίειν πυρί: οἳ δὲ ἀμβώσαντες μέγα εὐφημέειν μιν ἐκέλευον.

E Dario dopo queste cose, avendo chiamato degli Indiani quelli chiamati Callati (Δαρεῖος δὲ μετὰ ταῦτα καλέσας Ἰνδῶν τοὺς καλεομένους Καλλατίας), i quali mangiano i genitori (οἳ τοὺς γονέας κατεσθίουσι), chiedeva (εἴρετο), essendo presenti i Greci (παρεόντων τῶν Ἑλλήνων) e apprendendo con un interprete le cose dette (καὶ δι᾽ ἑρμηνέος μανθανόντων τὰ λεγόμενα), per quanta ricchezza/a che prezzo si dimostrerebbe (loro…)/potrebbero farsi convincere a (ἐπὶ τίνι χρήματι δεξαίατ᾽ ἂν; δεξαίατο: 3^ sing. ottativo aoristo medio da δείκνυμι: mostro) bruciare col fuoco i padri che sono morti (τελευτῶντας τοὺς πατέρας κατακαίειν πυρί); i quali/e quelli gli chiedevano (οἳ δὲ μιν ἐκέλευον) gridando grandemente/fortemente (ἀμβώσαντες μέγα; ἀμβώσαντες, ionico= ἀναβώσαντες, partic, att. acc. masch. aoristo attivo da αναβοάω: grido forte) di parlare bene (εὐφημέειν).

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οὕτω μέν νυν ταῦτα νενόμισται, καὶ ὀρθῶς μοι δοκέει Πίνδαρος ποιῆσαι νόμον πάντων βασιλέα φήσας εἶναι.

Così certamente ora queste cose sono state ritenute/In questo modo dunque oramai questa tesi (...che tutti prediligono i propri costumi a quelli altrui!) è stata dimostrata (οὕτω μέν νυν ταῦτα νενόμισται->3^ sing. indicat. perfetto m.-passivo da νομίζω: ritengo, credo), e giustamente mi sembra Pindaro aver composto (καὶ ὀρθῶς μοι δοκέει Πίνδαρος ποιῆσαι->il verbo ποιέω qui non significa: “faccio, creo”, bensì “compongo poesia”) dicendo (φήσας) che la consuetudine di tutte le cose è sovrano/regina (νόμον πάντων βασιλέα εἶναι).

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