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Immagine del redattoreAdriano Torricelli

LA FEDE "TENACE" DEGLI EBREI NEL PROPRIO DIO

Aggiornamento: 11 gen

LA FEDE "TENACE" DEGLI EBREI NEL PROPRIO DIO

(Flavio Giuseppe; Contro Apione: 205-212)

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Un breve brano dalla Contro Apione, nel quale Flavio Giuseppe parla dell’incomprensione da parte dei Greci e degli altri popoli in generale, della fede assoluta degli Ebrei nelle proprie leggi e nel proprio Dio.

Lo spunto glielo dà un certo Agatarchide, uno storico pagano suo contemporaneo, il quale in un suo libro derideva una certa Stratonice (moglie del sovrano Macedone Demetrio) per aver sfidato il re Seleuco di Siria, ispirata a farlo da un sogno che le garantiva una vittoria, evidentemente impossibile nei fatti, in uno scontro diretto.

L’idea che i sogni fossero mandati dagli dei e che fossero quindi sacri, dovette essere all’origine di una tale incauta decisione, causa della prematura morte di Stratonice.

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Agatarchide poi, secondo la testimonianza di Flavio Giuseppe, nel testo prendeva di mira i Giudei, presentandoli come l’esempio estremizzato di un tale atteggiamento fideistico e illogico.

I Giudei difatti – come noto – osservavano regole rigidissime e prive di fondamento pratico nella vita reale, quali quella di osservare il riposo del sabato e di non portare armi in quel giorno, dedicandolo invece interamente alla preghiera.

Proprio per questo essi, attaccati nel giorno “sbagliato” dal re Tolomeo d’Egitto, si erano rifiutati contro ogni evidenza di combattere ed erano stati da questi sconfitti e sottomessi.

Conclude Agatarchide, in modo molto sarcastico: “L’accaduto ha insegnato a tutti, tranne a loro (cioè ai Giudei…), a rifugiarsi nei sogni e nelle credenze tradizionali sulla divinità solamente quando i ragionamenti umani sono impotenti di fronte alle difficoltà (…ἡνίκα ἂν τοῖς ἀνθρωπίνοις λογισμοῖς περὶ τῶν διαπορουμένων ἐξασθενήσωσιν)”.

Ribatte Flavio Giuseppe a una tale affermazione che è miopia non vedere quanto sia nobile l’atteggiamento di chi, incurante delle conseguenze dei propri atti, qualora essi abbiano un fondamento religioso (τὴν πρὸς θεὸν εὐσέβειαν), sia pronto a sacrificare la propria vita e quella della patria in nome di Dio e delle leggi che questi ha dato agli uomini (…φαίνεται μέγα καὶ πολλῶν ἄξιον ἐγκωμίων, εἰ καὶ σωτηρίας καὶ πατρίδος ἄνθρωποί τινες νόμων φυλακὴν καὶ τὴν πρὸς θεὸν εὐσέβειαν ἀεὶ προτιμῶσιν)!

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Si vede bene qui la profonda distanza culturale che separa la civiltà greca (nonché quella romana ed ellenistica in generale) da quella ebraica.

  1. Per la prima infatti, non sarebbe concepibile anteporre la fede negli dei alla logica e ai ragionamenti umani (ἀνθρωπίνοις λογισμοῖς), uno spregiudicato razionalismo costituendo la più profonda conquista di queste civiltà, che soliamo definire “già moderne” proprio in ragione di esso.

  2. Per gli Ebrei invece, la Ragione deve cedere il passo di fronte alla Fede, ovvero a un atteggiamento di fedeltà assoluta e incondizionata ai precetti ricevuti da Dio (e testimoniati dalla Scritture).

Di nuovo, come nel brano precedente, ci è qui dato di scorgere un’anticipazione di quella che, da lì a non molto, sarebbe stata la contrapposizione essenziale tra Pagani e Cristiani…

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Testo originale:

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[205] …ἀλλὰ τῶν μὲν Ἑκαταίου μαρτυριῶν ἅλις: τοῖς γὰρ βουλομένοις πλείω μαθεῖν τῷ βιβλίῳ ῥᾴδιόν ἐστιν ἐντυχεῖν. οὐκ ὀκνήσω δὲ καὶ τὸν ἐπ᾽ εὐηθείας διασυρμῷ, καθάπερ αὐτὸς οἴεται, μνήμην πεποιημένον [206] ἡμῶν Ἀγαθαρχίδην ὀνομάσαι: διηγούμενος γὰρ τὰ περὶ Στρατονίκην, ὃν τρόπον ἦλθεν μὲν εἰς Συρίαν ἐκ Μακεδονίας καταλιποῦσα τὸν ἑαυτῆς ἄνδρα Δημήτριον, Σελεύκου δὲ γαμεῖν αὐτὴν οὐ θελήσαντος, ὅπερ ἐκείνη προσεδόκησεν, ποιουμένου [δὲ] τὴν ἀπὸ Βαβυλῶνος στρατείαν αὐτοῦ τὰ περὶ τὴν Ἀντιόχειαν ἐνεωτέρισεν. [207] εἶθ᾽ ὡς ἀνέστρεψεν ὁ βασιλεύς, ἁλισκομένης τῆς Ἀντιοχείας εἰς Σελεύκειαν φυγοῦσα, παρὸν αὐτῇ ταχέως ἀποπλεῖν ἐνυπνίῳ [208] κωλύοντι πεισθεῖσα ἐλήφθη καὶ ἀπέθανεν. ταῦτα προειπὼν ὁ Ἀγαθαρχίδης καὶ ἐπισκώπτων τῇ Στρατονίκῃ τὴν δεισιδαιμονίαν παραδείγματι χρῆται τῷ περὶ ἡμῶν λόγῳ καὶ γέγραφεν οὕτως: [209] “οἱ καλούμενοι Ἰουδαῖοι πόλιν οἰκοῦντες ὀχυρωτάτην πασῶν, ἣν καλεῖν Ἱεροσόλυμα συμβαίνει τοὺς ἐγχωρίους, ἀργεῖν εἰθισμένοι δι᾽ ἑβδόμης ἡμέρας καὶ μήτε τὰ ὅπλα βαστάζειν ἐν τοῖς εἰρημένοις χρόνοις μήτε γεωργίας ἅπτεσθαι μήτε ἄλλης ἐπιμελεῖσθαι λειτουργίας μηδεμιᾶς, ἀλλ᾽ ἐν τοῖς ἱεροῖς ἐκτετακότες τὰς χεῖρας [210] εὔχεσθαι μέχρι τῆς ἑσπέρας, εἰσιόντος εἰς τὴν πόλιν Πτολεμαίου τοῦ Λάγου μετὰ τῆς δυνάμεως καὶ τῶν ἀνθρώπων ἀντὶ τοῦ φυλάττειν τὴν πόλιν διατηρούντων τὴν ἄνοιαν, ἡ μὲν πατρὶς εἰλήφει δεσπότην πικρόν, ὁ δὲ νόμος ἐξηλέγχθη φαῦλον ἔχων ἐθισμόν. [211] τὸ δὲ συμβὰν πλὴν ἐκείνων τοὺς ἄλλους πάντας δεδίδαχε τηνικαῦτα φυγεῖν εἰς ἐνύπνια καὶ τὴν περὶ τοῦ νόμου παραδεδομένην ὑπόνοιαν, ἡνίκα ἂν τοῖς ἀνθρωπίνοις λογισμοῖς περὶ [212] τῶν διαπορουμένων ἐξασθενήσωσιν.” τοῦτο μὲν Ἀγαθαρχίδῃ καταγέλωτος ἄξιον δοκεῖ, τοῖς δὲ μὴ μετὰ δυσμενείας ἐξετάζουσι φαίνεται μέγα καὶ πολλῶν ἄξιον ἐγκωμίων, εἰ καὶ σωτηρίας καὶ πατρίδος ἄνθρωποί τινες νόμων φυλακὴν καὶ τὴν πρὸς θεὸν εὐσέβειαν ἀεὶ προτιμῶσιν.

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(http://www.perseus.tufts.edu/hopper/text?doc=Perseus%3Atext%3A1999.01.0215%3Abook%3D1%3Awhiston%20section%3D22&fbclid=IwAR0Wl7-p-v6gI_Ge4y648JH7o9C1Qn8WniehkNn3d23gs423d-9p8ZTRDjg)

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Testo tradotto:

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205. Ma delle testimonianze di Ecateo, basti: per coloro che ne vogliono sapere di più, è facile trovare ulteriori informazioni nel suo libro. Non esiterò poi a ricordare anche Agatarchide che parla di noi per spregio di quella che egli considera la nostra dabbenaggine.

206. Racconta di Stratonice, come ella, abbandonato suo marito Demetrio, giunsi in Siria dalla Macedonia, come Seleuco, contro le sue aspettative, non volle sposarla, e come ella tentò una sollevazione ad Antiochia, mentre Seleuco partiva da Babilonia per una campagna. 207. Dopo il ritorno del re e la conquista di Antiochia, elle fuggì a Seleucia, ma, nonostante avesse la possibilità di allontanarsi velocemente, convinta da un sogno che la trattenne, si lasciò catturare e morì.

208. Dopo aver raccontato questa storia e deriso Stratonice per la sua superstizione, egli usa come esempio ciò che si dice di noi e scrive: 209. “Quelli che sono chiamati Giudei, che abitano la città più fortificata di tutte, chiamata dagli abitanti Gerusalemme, hanno l’abitudine di astenersi dal lavoro il settimo giorno della settimana, di non portare armi in quel giorno, di non coltivare la terra e di non occuparsi di nessuna incombenza, ma di pregare nei templi, le mani tese, fino a sera. 210. Quando Tolomeo figlio di Lago invase il loro paese con l’esercito, questi uomini, anziché difendere la città, persistettero nella loro follia: la loro patria acquisì così un padrone crudele e venne provato che la loro legge contiene un’usanza stupida. 211. L’accaduto ha insegnato a tutti, tranne a loro, a rifugiarsi nei sogni e nelle credenze tradizionali sulla divinità solamente quando i ragionamenti umani sono impotenti di fronte alle difficoltà.”

212. Un tale comportamento sembra a Agatarchide ridicolo, ma a chi lo esamini senza malanimo appare grande e lodevole il fatto che alcuni uomini antepongano la tutela delle leggi e l’amore per Dio alla propria salvezza e alla patria.

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(Traduzione di Francesca Calabi)

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Testo greco spiegato:

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…ἀλλὰ τῶν μὲν Ἑκαταίου μαρτυριῶν ἅλις: τοῖς γὰρ βουλομένοις πλείω μαθεῖν τῷ βιβλίῳ ῥᾴδιόν ἐστιν ἐντυχεῖν.

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MA DELLE TESTIMONIANZE DI ECATEO (ABBIAMO PARLATO…) ABBONDANTEMENTE (ἀλλὰ τῶν μὲν Ἑκαταίου μαρτυριῶν ἅλις); INFATTI PER QUELLI CHE VOGLIONO (τοῖς γὰρ βουλομένοις) IMPARARE MAGGIORMENTE (πλείω μαθεῖν) È FACILE (ῥᾴδιόν ἐστιν) ACCEDERE AL LIBRO (τῷ βιβλίῳ ἐντυχεῖν).

οὐκ ὀκνήσω δὲ καὶ τὸν ἐπ᾽ εὐηθείας διασυρμῷ, καθάπερ αὐτὸς οἴεται, μνήμην πεποιημένον ἡμῶν Ἀγαθαρχίδην ὀνομάσαι:

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E NON ESITERÒ ANCHE/NEMMENO (οὐκ ὀκνήσω δὲ καὶ) A NOMINARE AGATARCHIDE (Ἀγαθαρχίδην ὀνομάσαι) AVENTE FATTO MEMORIA DI NOI/CHE CI HA RICORDATO (μνήμην πεποιημένον ἡμῶν), COME EGLI STESSO PENSA/AMMETTE (καθάπερ αὐτὸς οἴεται), PER SARCASMO DELLA/SULLA (NOSTRA…) ONESTÀ (τὸν ἐπ᾽ εὐηθείας διασυρμῷ; τὸν rimanda a Agatarchide (Ἀγαθαρχίδην));

διηγούμενος γὰρ τὰ περὶ Στρατονίκην, ὃν τρόπον ἦλθεν μὲν εἰς Συρίαν ἐκ Μακεδονίας καταλιποῦσα τὸν ἑαυτῆς ἄνδρα Δημήτριον, Σελεύκου δὲ γαμεῖν αὐτὴν οὐ θελήσαντος, ὅπερ ἐκείνη προσεδόκησεν, ποιουμένου [δὲ] τὴν ἀπὸ Βαβυλῶνος στρατείαν αὐτοῦ τὰ περὶ τὴν Ἀντιόχειαν ἐνεωτέρισεν.

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RACCONTANTE INFATTI/CHE RACCONTAVA INFATTI (διηγούμενος γὰρ; N.B: διηγούμενος (come πεποιημένον) rimanda a Ἀγαθαρχίδην, anche se, iniziando un nuovo periodo, è al nominativo) LE COSE/I FATTI INTORNO A/SU STRATONICE (τὰ περὶ Στρατονίκην), IL MODO IN CUI (ὃν τρόπον= τρόπον ὃν, dove l’accusativo del pronome relativo ὃν si spiega con l’attrazione del nome cui si riferisce, τρόπον) ANDÒ IN SIRIA DALLA MACEDONIA AVENDO LASCIATO IL SUO UOMO DEMETRIO (ἦλθεν μὲν εἰς Συρίαν ἐκ Μακεδονίας καταλιποῦσα τὸν ἑαυτῆς ἄνδρα Δημήτριον), E NON DESIDERANDO SELEUCO (Σελεύκου δὲ οὐ θελήσαντος) DI SPOSARLA (γαμεῖν αὐτὴν), LA QUAL COSA (ὅπερ) QUELLA SPERAVA (ἐκείνη προσεδόκησεν->3^ sing. aoristo attivo indicat. di προσ-δοκάω: tendoa, desidero), (IL MODO IN CUI…) FACENDO QUELLO (ποιουμένου [δὲ] αὐτοῦ) UNA SPEDIZIONE MILITARE LONTANO DA BABILONIA (τὴν ἀπὸ Βαβυλῶνος στρατείαν) (ELLA…) SCONVOLSE LA COSE/LA SITUAZIONE AD ANTIOCHIA//INCITAVA ANTIOCHIA ALLA RIVOLTA CONTRO IL SUO SOVRANO (τὰ περὶ τὴν Ἀντιόχειαν ἐνεωτέρισεν).

εἶθ᾽ ὡς ἀνέστρεψεν ὁ βασιλεύς, ἁλισκομένης τῆς Ἀντιοχείας εἰς Σελεύκειαν φυγοῦσα, παρὸν αὐτῇ ταχέως ἀποπλεῖν ἐνυπνίῳ κωλύοντι πεισθεῖσα ἐλήφθη καὶ ἀπέθανεν.

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E POI (εἶθα) COME TORNÒ INDIETRO IL RE (ὡς ἀνέστρεψεν ὁ βασιλεύς), ESSENDO STATA SCONFITTA ANTIOCHIA (ἁλισκομένης τῆς Ἀντιοχείας: genitivo assoluto; ἁλίσκομαι: sono sconfitto), FUGGENDO (ELLA…) VERSO SELEUCIA (εἰς Σελεύκειαν φυγοῦσα) FU PRESA E MORÌ (ἐλήφθη καὶ ἀπέθανεν; ἐλήφθη: 3^ sing. aoristo passivo indicat. di λαμβάνω: prendo, catturo) ESSENDO STATA CONVINTA DA UN SOGNO/ESSENDOSI CONVINTA IN SEGUITO A UN SOGNO (ἐνυπνίῳ πεισθεῖσα) CHE (LA…) TRATTENEVA (κωλύοντι) DAL FUGGIRE PER NAVE VELOCEMENTE (ταχέως ἀποπλεῖν) (QUELLO: IL RE SELEUCO…) CHE ERA VICINO A ELLA/LEI (παρὸν αὐτῇ; παρὸν: acc. masch. sing. partic. presente di πάρ-ειμι: sono presso; è retto da ἀποπλεῖν: “fuggire via per nave” + complemento oggetto).

ταῦτα προειπὼν ὁ Ἀγαθαρχίδης καὶ ἐπισκώπτων τῇ Στρατονίκῃ τὴν δεισιδαιμονίαν παραδείγματι χρῆται τῷ περὶ ἡμῶν λόγῳ καὶ γέγραφεν οὕτως:

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AGATARCHIDE AVENDO DETTO QUESTE COSE (ταῦτα προειπὼν ὁ Ἀγαθαρχίδης) E DERIDENDO LA SUPERSTIZIONE A/DI STRATONICE (καὶ ἐπισκώπτων τῇ Στρατονίκῃ τὴν δεισιδαιμονίαν) USA IL DISCORSO SU DI NOI (χρῆται τῷ περὶ ἡμῶν λόγῳ; χράομαι: utilizzo (= “utor” latino) + dativo per il complemento oggetto) COME PARADIGMA/ESEMPIO (DI CREDULONERIA…) (παραδείγματι) E HA SCRITTO/SCRIVE COSÌ (καὶ γέγραφεν οὕτως):

“οἱ καλούμενοι Ἰουδαῖοι πόλιν οἰκοῦντες ὀχυρωτάτην πασῶν, ἣν καλεῖν Ἱεροσόλυμα συμβαίνει τοὺς ἐγχωρίους, ἀργεῖν εἰθισμένοι δι᾽ ἑβδόμης ἡμέρας καὶ μήτε τὰ ὅπλα βαστάζειν ἐν τοῖς εἰρημένοις χρόνοις μήτε γεωργίας ἅπτεσθαι μήτε ἄλλης ἐπιμελεῖσθαι λειτουργίας μηδεμιᾶς, ἀλλ᾽ ἐν τοῖς ἱεροῖς ἐκτετακότες τὰς χεῖρας εὔχεσθαι μέχρι τῆς ἑσπέρας, (…)

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“I CHIAMATI/I COSIDDETTI GIUDEI (οἱ καλούμενοι Ἰουδαῖοι) CHE ABITANO LA CITTÀ PIÙ FORTIFICATA DI TUTTE (πόλιν οἰκοῦντες ὀχυρωτάτην πασῶν), LA QUALE ACCADE (ἣν συμβαίνει; συμβαίνει è il verbo della reggente, mentre ἣν è il complemento oggetto dell’infinitiva da esso retta) CHE GLI ABITANTI CHIAMINO GERUSALEMME (τοὺς ἐγχωρίους καλεῖν Ἱεροσόλυμα), CHE SONO STATI ABITUATI/ABITUATI (εἰθισμένοι: partic. medio-passivo perfetto nominat. masch. plur. di ἐθίζω: abituo qcn a qualcosa) A RIPOSARE NEL SETTIMO GIORNO (DELLA SETTIMANA…) (ἀργεῖν δι᾽ ἑβδόμης ἡμέρας) E (ABITUATI…) NÉ A PORTARE ARMI (καὶ μήτε τὰ ὅπλα βαστάζειν) NEI TEMPI DESIGNATI (ἐν τοῖς εἰρημένοις χρόνοις; εἰρημένοις: partic. medio-passivo perfetto dat. masch. plurale di εἴρω: dico, stabilisco), NÉ A TOCCARE/PRATICARE L’AGRICOLTURA (μήτε γεωργίας ἅπτεσθαι) NÉ A PRATICARE/DEDICARSI A NESSUN’ALTRA FUNZIONE PUBBLICA (μήτε ἐπιμελεῖσθαι ἄλλης μηδεμιᾶς λειτουργίας), MA (ABITUATI…) A PREGARE NEI TEMPLI FINO A SERA (ἀλλ᾽ ἐν τοῖς ἱεροῖς εὔχεσθαι μέχρι τῆς ἑσπέρας) (TENENDO…) LE MANI CHE SI SONO ABBANDONATE/ABBANDONATE (ἐκτετακότες τὰς χεῖρας: è un complemento oggetto che presuppone un participio riferito ai Giudei, oppure un accusativo di relazione?!; ἐκτετακότες: partic. attivo accus. plur. masch. di ἐκτάσσω: ordino; mi abbandono), (…)

(…) εἰσιόντος εἰς τὴν πόλιν Πτολεμαίου τοῦ Λάγου μετὰ τῆς δυνάμεως καὶ τῶν ἀνθρώπων ἀντὶ τοῦ φυλάττειν τὴν πόλιν διατηρούντων τὴν ἄνοιαν, ἡ μὲν πατρὶς εἰλήφει δεσπότην πικρόν, ὁ δὲ νόμος ἐξηλέγχθη φαῦλον ἔχων ἐθισμόν.

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(…) ENTRANDO IN CITTÀ TOLOMEO (FIGLIO…) DI LAGO CON LA FORZA (εἰσιόντος εἰς τὴν πόλιν Πτολεμαίου τοῦ Λάγου μετὰ τῆς δυνάμεως; si tratta di un genitivo assoluto) E GLI UOMINI, ANIZCHÉ FARE LA GUARDIA /DIFENDERE LA CITTÀ, CONSERVANDO LA (LORO…) FOLLIA (καὶ τῶν ἀνθρώπων ἀντὶ τοῦ φυλάττειν τὴν πόλιν διατηρούντων τὴν ἄνοιαν; …ancora un genitivo assoluto), LA PATRIA DA UNA PARTE AVEVA PRESO UN DESPOTA CRUDELE/SI ERA GUADAGNATA UN DESPOTA CRUDELE (ἡ μὲν πατρὶς εἰλήφει δεσπότην πικρόν; εἰλήφει: 3^ sing. indic. attivo piucheperfetto di λαμβάνω: prendo), LA LEGGE DALL’ALTRA FU MESSA IN LUCE/PRESERVATA (ὁ δὲ νόμος ἐξηλέγχθη: 3^ sing. indic. passivo aoristo di ἐξ-ελέγχω: metto in luce (ἐξ ha valore privativo rispetto al verbo principale)) PUR AVENDO/PUR COMPORTANDO (ESSA…) UNA SCIOCCA ABITUDINE (ἔχων φαῦλον ἐθισμόν).

τὸ δὲ συμβὰν πλὴν ἐκείνων τοὺς ἄλλους πάντας δεδίδαχε τηνικαῦτα φυγεῖν εἰς ἐνύπνια καὶ τὴν περὶ τοῦ νόμου παραδεδομένην ὑπόνοιαν, ἡνίκα ἂν τοῖς ἀνθρωπίνοις λογισμοῖς περὶ τῶν διαπορουμένων ἐξασθενήσωσιν.”

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E L’ACCADUTO/I FATTI DELLA STORIA (τὸ δὲ συμβὰν) A TUTTI GLI ALTRI HA INSEGNATO (τοὺς ἄλλους πάντας δεδίδαχε) TRANNE CHE A QUELLI/AGLI EBREI (πλὴν ἐκείνων) SOLO ALLORA (τηνικαῦτα…) A FUGGIRE/RIFUGIARSI NEI SOGNI E (NELLA…) CONGETTURA TRASMESSA SULLA/IN MERITO ALLA LEGGE (φυγεῖν εἰς ἐνύπνια καὶ τὴν περὶ τοῦ νόμου παραδεδομένην ὑπόνοιαν), QUALORA (…ἡνίκα) COI RAGIONAMENTI UMANI SULLE COSE CHE SONO INCERTE (τοῖς ἀνθρωπίνοις λογισμοῖς περὶ τῶν διαπορουμένων) (ESSI…) SI SIANO INDEBOLITI/NON ABBIANO TROVATO UNA SOLUZIONE (ἂν ἐξασθενήσωσιν).

τοῦτο μὲν Ἀγαθαρχίδῃ καταγέλωτος ἄξιον δοκεῖ, τοῖς δὲ μὴ μετὰ δυσμενείας ἐξετάζουσι φαίνεται μέγα καὶ πολλῶν ἄξιον ἐγκωμίων, εἰ καὶ σωτηρίας καὶ πατρίδος ἄνθρωποί τινες νόμων φυλακὴν καὶ τὴν πρὸς θεὸν εὐσέβειαν ἀεὶ προτιμῶσιν.

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DA UNA PARTE QUESTA COSA AD AGATARCHIDE SEMBRA DEGNA DI DERISIONE (τοῦτο μὲν Ἀγαθαρχίδῃ καταγέλωτος ἄξιον δοκεῖ), DALL’ALTRA A COLORO CHE (LA…) ESAMINANO SENZA MALANIMO (τοῖς δὲ μὴ μετὰ δυσμενείας ἐξετάζουσι; ἐξετάζουσι: N.B., NON si tratta di una 3^ pers. plurale dell’indic. presente, ma di un dativo maschile plurale del participio presente di ἐξ-ετάζω: investigo, esamino) SEMBRA GRANDE E DEGNA DI MOLTI ELOGI (φαίνεται μέγα καὶ ἄξιον πολλῶν ἐγκωμίων), SE ALCUNI UOMINI LA TUTELA DELLE LEGGI E LA SANTITÀ DAVANTI A DIO (εἰ ἄνθρωποί τινες νόμων φυλακὴν καὶ τὴν πρὸς θεὸν εὐσέβειαν) SEMPRE CONSIDERINO PIÙ IMPORTANTI (ἀεὶ προτιμῶσιν) SIA DELLA (PROPRIA…) SALVEZZA SIA DELLA PATRIA (καὶ σωτηρίας καὶ πατρίδος).


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