...Continua: LETTERA DI SENECA ALL’IMPERATORE NERONE
Tacito, Annales (14.55/56)
Nerone risponde negativamente, ma con diplomatica gentilezza, alla richiesta di Seneca di essere esentato dalla vita politica… Egli ha dato ascolto alle voci che descrivono Seneca come uno dei membri della congiura sventata contro di lui: un'insinuazione che presto costerà la vita al filosofo.
14.55.
Ad quae Nero sic ferme respondit: 'quod meditatae orationi tuae statim occurram id primum tui muneris habeo, qui me non tantum praevisa sed subita expedire docuisti. abavus meus Augustus Agrippae et Maecenati usurpare otium post labores concessit, sed in ea ipse aetate cuius auctoritas tueretur quidquid illud et qualecumque tribuisset; ac tamen neutrum datis a se praemiis exuit. bello et periculis meruerant; in iis enim iuventa Augusti versata est: nec mihi tela et manus tuae defuissent in armis agenti; sed quod praesens condicio poscebat, ratione consilio praeceptis pueritiam, dein iuventam meam fovisti. et tua quidem erga me munera, dum vita suppetet, aeterna erunt: quae a me habes, horti et faenus et villae, casibus obnoxiasunt. ac licet multa videantur, plerique haudquaquam artibus tuis pares plura tenuerunt. pudet referre libertinos qui ditiores spectantur: unde etiam mihi rubori est quod praecipuus caritate nondum omnis fortuna antecellis.
14.56.
Verum et tibi valida aetas rebusque et fructui rerum sufficiens, et nos prima imperii spatia ingredimur, nisi forte aut te Vitellio ter consuli aut me Claudio postponis et quantum Volusio longa parsimonia quaesivit, tantum in te mea liberalitas explere non potest. quin, si qua in parte lubricum adulescentiae nostrae declinat, revocas ornatumque robur subsidio impensius regis? non tua moderatio, si reddideris pecuniam, nec quies, si reliqueris principem, sed mea avaritia, meae crudelitatis metus in ore omnium versabitur. quod si maxime continentia tua laudetur, non tamen sapienti viro decorum fuerit unde amico infamiam paret inde gloriam sibi recipere.' his adicit complexum et oscula, factus natura et consuetudine exercitus velare odium fallacibus blanditiis. Seneca, qui finis omnium cum dominante sermonum, grates agit: sed instituta prioris potentiae commutat, prohibet coetus salutantium, vitat comitantis, rarus per urbem, quasi valetudine infensa aut sapientiae studiis domi attineretur.
Traduzione da libro:
55. Così, a un dipresso, replicò Nerone: «Saper improvvisare una risposta al tuo ben costruito discorso, lo considero innanzi tutto un dono ricevuto da te, che mi hai insegnato a risolvere non solo le questioni previste, ma anche le inattese. Il mio trisavolo Augusto concesse sì ad Agrippa e Mecenate di godersi, dopo tante fatiche, il riposo, ma si trovava in un'età in cui l'autorità sua bastava a dar garanzie su ciò che intendesse fare e concedere: e tuttavia non tolse a nessuno dei due i premi loro concessi. Se li erano guadagnati in guerra e in incombenze rischiose, perché in esse Augusto aveva trascorso la sua giovinezza. E, se mi fossi trovato a combattere, neanche a me sarebbero mancati il tuo braccio e la tua spada; tu invece, come i tempi presenti chiedevano, hai vegliato, con l'intelligenza, col tuo consiglio e i tuoi insegnamenti, sulla mia fanciullezza e poi sulla mia giovinezza. Quanto mi hai dato, sarà per me, finché avrò vita, un valore eterno: ciò che tu hai da me, giardini, rendite, ville, tutto è esposto alle vicende del caso. E per quanto grandi sembrino quei beni, molti altri, pur non paragonabili per merito a te, li hanno avuti, e anche di più. Mi vergogno di nominare quei liberti, che tutti vedono più ricchi di te: ed è per me ancora motivo di rossore il fatto che tu, il primo nel mio affetto, non superi ancora tutti nella fortuna.
56. Peraltro l'età tua è vigorosa e sei all'altezza di affrontare i tuoi compiti con successo, e noi siamo solo nella prima fase del nostro potere, a meno che tu non voglia posporre te a Vitellio, tre volte console, o me a Claudio e pensare che quanto ha procurato a Volusio una lunga parsimonia, altrettanto non possa realizzare verso di te la mia generosità. E poi, se il terreno lubrico della nostra giovinezza ci svia talvolta dal retto cammino, non vorrai tu richiamarci, e non guideresti col tuo aiuto ancor più premuroso le nostre fiorenti energie? Non il tuo senso della misura, se mi renderai il denaro, non il tuo bisogno di riposo, se lascerai il principe, ma la mia cupidigia e la tua paura della mia crudeltà saranno sulle bocche di tutti. E, quand'anche prevalessero le lodi per la tua continenza, non sarebbe, in ogni caso, bello per un saggio acquistarsi gloria proprio recando infamia a un amico.» Alle parole fa seguire abbracci e baci, fatto com'era per natura e per consuetudine esercitato a velare l'odio con affettuosità false. Seneca, perché così finiscono tutti i discorsi coi tiranni, ringraziò. Cambia però le precedenti abitudini di quand'era potente, allontana la folla dei visitatori, evita gli accompagnatori, si fa vedere poco in città, come fosse trattenuto in casa da malferma salute o dallo studio della filosofia.
PER LA TRADUZIONE, VEDERE DA PAG. 418 IN AVANTI…
TRADUZIONE E COMMENTO:
14.55
Ad quae Nero sic ferme respondit: 'quod meditatae orationi tuae statim occurram id primum tui muneris habeo, qui me non tantum praevisa sed subita expedire docuisti.
Alle quali cose Nerone rispose all’incirca così: “Ho ricevuto come principale dono da te proprio il saper rispondere velocemente a un tuo discorso tanto meditato, dal momento che mi hai insegnato a risolvere non soltanto (non tantum) i problemi previsti, ma anche (sed) quelli inattesi (letter.: Il fatto che risponda subito alla tua orazione meditata (quod meditatae orationi tuae statim occurram) lo (=id) tengo come il primo dono (habeo primum muneris: prima cosa dell’eredità/dono) di te (tui: “tua”: dipende da muneris, e si collega a “qui”: pronome relativo), che mi insegnasti a risolvere…).
abavus meus Augustus Agrippae et Maecenati usurpare otium post labores concessit, sed in ea ipse aetate cuius auctoritas tueretur quidquid illud et qualecumque tribuisset;
Il mio trisavolo Augusto concesse a Agrippa e Mecenate di ritirarsi a vita privata (usurpare otium: letter., dedicarsi a/usare l’ozio…) per i servizi resi (post labores), ma (ciò avvenne, sottint.) in quell’età (…stessa: in ea ipse aetate) il cui ordine (cuius auctoritas) seguiva qualsiasi e qualunque cosa (Augusto, sott.) avesse deciso;
ac tamen neutrum datis a se praemiis exuit.
e tuttavia egli non deprivò né l’uno né l’altro per i propri interessi (letter., per i premi/privilegi dati a se stesso).
bello et periculis meruerant; in iis enim iuventa Augusti versata est: nec mihi tela et manus tuae defuissent in armis agenti; sed quod praesens condicio poscebat, ratione consilio praeceptis pueritiam, dein iuventam meam fovisti.
Acquisirono (Agrippa e Mecenate, sott.) meriti con le guerre e i pericoli, ai quali anche la giovinezza di Augusto fu dedicata; non che a me sarebbero mancati nell’esercizio delle armi (in armis mihi agenti: a me adoperante/esercitantemi con le armi) i (tuoi, sott.) dardi e le tue brutalità (manus tuae); ma poiché la condizione presente lo richiedeva, accudisti con la ragione, il consiglio e i precetti la mia fanciullezza e poi la mia gioventù.
et tua quidem erga me munera, dum vita suppetet, aeterna erunt: quae a me habes, horti et faenus et villae, casibus obnoxiasunt.
E certamente i tuoi servizi per me (erga me: davanti a me), finché vi sarà vita (per me, sott.), saranno eterni: (mentre…) gli orti, i danari, le ville che hai da me (quae a(b) me habes) sono soggetti (obnoxi(as)unt: da obnoxio, essere soggetto a) ai casi.
ac licet multa videantur, plerique haudquaquam artibus tuis pares plura tenuerunt.
Ed è facile vedere che (tali servigi, sott.) sono molti (licet multa videantur: letter., è possibile che siano visti/appaiano come molti); e pochi (plerique haudquamquam: e davvero non molti) tengono molte qualità (multa) pari (pares->plerique) alle tue (letter., pari alle tue arti/capacità).
pudet referre libertinos qui ditiores spectantur: unde etiam mihi rubori est quod praecipuus caritate nondum omnis fortuna antecellis.
Costa vergogna mostrare liberti che sono (spectantur: appaiono) più ricchi (di te, sott.): dal che anche a me assale la vergogna per il fatto che (unde etiam mihi rubori est quod: letter., da cui anche a me è causa di rossore il fatto che), pur così eccezionale per valore, non superi ancora tutti nella fortuna (nondum omnis fortuna antecellis).
14.56
Verum et tibi valida aetas rebusque et fructui rerum sufficiens, et nos prima imperii spatia ingredimur, nisi forte aut te Vitellio ter consuli aut me Claudio postponis et quantum Volusio longa parsimonia quaesivit, tantum in te mea liberalitas explere non potest.
E invero hai un’età vigorosa e sufficiente ad assolvere i tuoi compiti (rebusque sufficiens) e a trarne giovamento (fructui rerum sufficiens), e noi (plur. maiestatis: Nerone si riferisce a se stesso) entriamo nei primi periodi del (nostro…) regno, a meno che (nisi: se non) magari (forte: per caso) tu non stimi meno (postponis) te stesso di Vitellio, tre volte console, e me di Claudio (… che aveva governato Roma prima di lui, n.d.r.), e (a meno che, sott.) quanto la parsimonia ha procurato a Volusio, la mia generosità non possa fruttarti altrettanto (quantum… tantum).
quin, si qua in parte lubricum adulescentiae nostrae declinat, revocas ornatumque robur subsidio impensius regis?
Forse che, (Quin) se in qualche parte della nostra giovinezza il terreno scivoloso (=lubricum) si inclina, neghi tu un solido e più vigoroso (impensius, compar. da impensus) aiuto a sostegno del (tuo…) sovrano?
non tua moderatio, si reddideris pecuniam, nec quies, si reliqueris principem, sed mea avaritia, meae crudelitatis metus in ore omnium versabitur.
Non la tua moderazione, se renderai la ricchezza (reddideris= perfetto cong. con valore risultativo, quindi letter.: “se avessi restituito”), né la (tua, sott.) mitezza, se abbandonerai il principe (idem per ciò che riguarda il verbo), bensì la mia avarizia e il timore della mia crudeltà (da parte tua, sott.) saranno versati (letter., sarà versato) sulla bocca di tutti.
(Nota su consecutio temporum: la reggente usa un tempo storico (versabitur: futuro), le dipendenti (si reddideris... si reliqueris) usano il perfetto con valore logico, a indicare anteriorità rispetto alla reggente (“se avrai lasciato… sarà versato”) -> vedi schema della consecutio temporum).
quod si maxime continentia tua laudetur, non tamen sapienti viro decorum fuerit unde amico infamiam paret inde gloriam sibi recipere.'
Poiché (Quod) anche se (si) la tua continenza venisse molto lodata, tuttavia non sarebbe (lett., sarebbe stata, fuerim=perfetto cong. di sum) cosa degna di un uomo sapiente (sapienti viro decorum) il fatto che, da dove (unde…) a un amico sovvenga dell’infamia, da lì (…inde) egli guadagni gloria a se stesso (“recipere…”: trattasi di proposiz. infinitiva retta da “decorum fuerit”).”
(Nota su consecutio temporum: la reggente usa un tempo principale (fuerit: cong. perfetto con valore logico, cioè con accento posto sul risultato attuale di un'azione o processo passati), la dipendente (si laudetur) usa il tempo presente, a indicare contemporaneità rispetto alla reggente -> vedi schema della consecutio temporum).
his adicit complexum et oscula, factus natura et consuetudine exercitus velare odium fallacibus blanditiis.
A queste cose aggiunse un abbraccio e dei baci, per natura essendo propenso (factus) e allenato con l’esercizio a mascherare l’odio con false gentilezze.
Seneca, qui finis omnium cum dominante sermonum, grates agit: sed instituta prioris potentiae commutat, prohibet coetus salutantium, vitat comitantis, rarus per urbem, quasi valetudine infensa aut sapientiae studiis domi attineretur.
Seneca ringraziò (grates agit), quale (->qui: pronome che in questo caso non ha valore relativo, ma indicativo) (è sempre, sott.) la fine di tutti i discorsi con un tiranno: ma le abitudini della precedenze potenza egli cambia: allontana la folla dei visitatori, evita gli accompagnatori, si mostra raramente in città (lett.: raro (è, sott.) in città), rimane a casa (domi) come (quasi) per cattiva salute o per studi dotti (sapientiae: di sapienza).
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