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Immagine del redattoreAdriano Torricelli

LA TRACOTANZA (ὕβρις) DI AIACE E LA GELOSIA DEGLI DEI (φθόνος θεῶν) - (Omero, Odissea: IV; 499, 511)

Aggiornamento: 14 set 2022

LA TRACOTANZA (ὕβρις) DI AIACE E LA GELOSIA DEGLI DEI (φθόνος τῶν θεῶν) (Omero, Odissea: IV; 499, 511)



In tutte le religioni, uno dei peccati più gravi che l’uomo possa commettere è l’assumere un atteggiamento di sfida verso il divino, ovvero il non rispettare i propri limiti strutturali e “sconfinare” nel territorio di dio o degli dei. È ciò che i vari monoteismi definiscono solitamente “bestemmia”…

Anche per gli antichi Greci un tale tipo di atteggiamento costituiva un gravissimo peccato, che gli dei punivano di solito con la morte. Per essi, quella che noi definiremmo bestemmia, era la ὕβρις, ovvero un atteggiamento di tracotanza, una mancanza di umiltà che portava alcuni individui a spingersi oltre i limiti che gli dei gli avevano attribuito.

Ma è il nome che essi davano alla reazione divina a un tale sconfinamento ciò che più dà da pensare. Tale nome infatti non rimanda al concetto di giustizia, ma a quello di φθόνος τῶν θεῶν: che letteralmente significa invidia, risentimento degli dei.

Per i Greci – che tutto erano fuorché dei moralisti – la “bestemmia”, o meglio la tracotanza umana, portava a una reazione violenta da parte degli dei in quanto essi si sentivano offesi nel loro senso di superiorità, nell’orgogliosa consapevolezza dei propri privilegi.

La vicenda della morte di Aiace, che, salvato dalla benevolenza di Poseidone, si vantò tuttavia di averla fatta in barba agli dei, e che per tale ragione fu immediatamente scaraventato in mare dal suo stesso salvatore, è esemplare di quanto appena detto…




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TESTO GRECO:



Αἴας μὲν μετὰ νηυσὶ δάμη δολιχηρέτμοισι. Γυρῇσίν μιν πρῶτα Ποσειδάων ἐπέλασσεν 500 πέτρῃσιν μεγάλῃσι καὶ ἐξεσάωσε θαλάσσης: καί νύ κεν ἔκφυγε κῆρα καὶ ἐχθόμενός περ Ἀθήνῃ, εἰ μὴ ὑπερφίαλον ἔπος ἔκβαλε καὶ μέγ᾽ ἀάσθη: φῆ ῥ᾽ ἀέκητι θεῶν φυγέειν μέγα λαῖτμα θαλάσσης. τοῦ δὲ Ποσειδάων μεγάλ᾽ ἔκλυεν αὐδήσαντος: 505 αὐτίκ᾽ ἔπειτα τρίαιναν ἑλὼν χερσὶ στιβαρῇσιν ἤλασε Γυραίην πέτρην, ἀπὸ δ᾽ ἔσχισεν αὐτήν: καὶ τὸ μὲν αὐτόθι μεῖνε, τὸ δὲ τρύφος ἔμπεσε πόντῳ, τῷ ῥ᾽ Αἴας τὸ πρῶτον ἐφεζόμενος μέγ᾽ ἀάσθη: τὸν δ᾽ ἐφόρει κατὰ πόντον ἀπείρονα κυμαίνοντα. 510 ὣς ὁ μὲν ἔνθ᾽ ἀπόλωλεν, ἐπεὶ πίεν ἁλμυρὸν ὕδωρ.



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TRADUZIONE LETTERARIA (Vincenzo Di Benedetto):


Aiace con le sue navi dai lunghi remi perì.

Prima Posidone lo fece arrivare alle Ghiree,

le grandi rupi, e lo salvò dal mare.

E sarebbe sfuggito al destino, sebbene in odio ad Atena,

se non diceva parola superba, nella mente accecato.

Disse che era sfuggito al grande abisso del mare contro il volere degli dèi.

Lo udì parlare fuori misura Posidone,

e subito afferrato il tridente con le sue mani possenti

percosse la rupe Ghirea e la spezzò;

una parte rimase lì, l’altro pezzo cadde nel mare,

quello su cui Aiace prima, seduto, fu preso da cecità nella mente:

lo spuntone di roccia lo portò giù nel mare ondoso interminato.

[così laggiù perì bevve acqua salmastra]




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TRADUZIONE LETTERALE CON COMMENTO:



Αἴας μὲν μετὰ νηυσὶ δάμη δολιχηρέτμοισι.

Aiace con le navi dai lunghi remi (δολιχηρέτμοισι: δολιχός: lungo; ἐρετμός: remo) venne ucciso/perì (δάμη: 3^ sing. aor. pass. ind. di δαμάζω: sottometto; uccido)

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Γυρῇσίν μιν πρῶτα Ποσειδάων ἐπέλασσεν 500

Egli (μιν) in un primo tempo (πρῶτα: avverbio) Posidone spinse contro (ἐπέλασσεν: 3^ sing. aor. att. ind. (senza aumento) da ἐπ-ἐλαύνω: spingo contro; = ἐπ-ἤλασεν o ἐπ -ἤλασσεν) alle Giree (Γυρῇσίν) ---

πέτρῃσιν μεγάλῃσι καὶ ἐξεσάωσε θαλάσσης:

rocche enormi e (lo…) salvò (ἐξεσάωσε: 3^ sing. aor. att. ind. da ἐκ-σῴζω: salvo da) dal mare; ---

καί νύ κεν ἔκφυγε κῆρα καὶ ἐχθόμενός περ Ἀθήνῃ,

e allora fuggiva/avrebbe fuggito (κεν= ἄν; imperf. + ἄν -->"κεν ἔκφυγε": forma dell'irrealtà) la Kera/dea della morte anche (καὶ) benché (περ) essendo odiato da Atena ---

εἰ μὴ ὑπερφίαλον ἔπος ἔκβαλε καὶ μέγ᾽ ἀάσθη:

se non un’orgogliosa parola/espressione (gli…) sfuggiva/fosse sfuggita e molto (μέγ᾽) (non…: μὴ) era/fosse stato accecato (3^ sing. aor. pass. ind. di ἀάω: acceco, turbo, inganno; forme dell’aoristo: ἄασα, ἀασάμην (m.), ἀάσθην (p.)); ---

φῆ ῥ᾽ ἀέκητι θεῶν φυγέειν μέγα λαῖτμα θαλάσσης.

disse (φῆ) contro il volere (ἀέκητι) degli dei fuggire/esser sfuggito/che sfuggì da (φυγέειν) il grande abisso (λαῖτμα) del mare. ---

τοῦ δὲ Ποσειδάων μεγάλ᾽ ἔκλυεν αὐδήσαντος: 505

Quello (τοῦ= αὐτοῦ) avendo gridato (αὐδήσαντος) cose grandi/cose empie, Posidone (lo…) udiva; ---

αὐτίκ᾽ ἔπειτα τρίαιναν ἑλὼν χερσὶ στιβαρῇσιν

subito (αὐτίκα) quindi il tridente avendo preso (ἑλὼν: part. nom. sing. att. aor. da αἱρέω: prendo) con le mani massicce ---

ἤλασε Γυραίην πέτρην, ἀπὸ δ᾽ ἔσχισεν αὐτήν:

percosse (ἤλασε: 3^ sing. att. ind. aor. da ἐλαύνω: metto in moto; percuoto) la girea rocca, (e…) da parte (ἀπὸ) la (αὐτήν) divise (ἔσχισεν: 3^ sing. aor. att. ind. da σχίζω: divido); ---

καὶ τὸ μὲν αὐτόθι μεῖνε, τὸ δὲ τρύφος ἔμπεσε πόντῳ,

e un pezzo (τὸ μὲν (τρύφος)) (αὐτόθι) rimase (μεῖνε: 3^ sing. att. ind. aor. (senza aumento) da μένω: rimango), l’altro pezzo (τὸ δὲ τρύφος) cadde (ἔμπεσε) nel mare, ---

τῷ ῥ᾽ Αἴας τὸ πρῶτον ἐφεζόμενος μέγ᾽ ἀάσθη:

sul quale (τῷ= ᾧ: dat. sing. masch./neutro del pronome relativo: ὅς, ἥ, ὅ) Aiace prima (τὸ πρῶτον) sedendo (ἐφεζόμενος) grandemente (μέγα) era stato accecato/aveva errato; ---

τὸν δ᾽ ἐφόρει κατὰ πόντον ἀπείρονα κυμαίνοντα. 510

lo (τὸν) portava (ἐφόρει: 3^ sing. ind. att. imperf. da φορέω: porto (φέρω)) nel mare infinito e ondeggiante. ---

ὣς ὁ μὲν ἔνθ᾽ ἀπόλωλεν, ἐπεὶ πίεν ἁλμυρὸν ὕδωρ.

Così quello là (ἔνθα) perì (ἀπόλωλεν: 3^ sing. ind. att. aor. da ἀπόλλυμι: perisco), poiché bevve (πίεν: 3^ sing. ind. att. aor. (senza aumento) da πίνω: bevo) l’acqua salata (ἁλμυρὸν).

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