top of page
Cerca
Immagine del redattoreAdriano Torricelli

LE TENTAZIONI E LE VISIONI DI SANT’ILARIONE (San Gerolamo; Vita di Ilarione: par. 5-8)

Aggiornamento: 3 nov 2019

LE TENTAZIONI E LE VISIONI DI SANT’ILARIONE (San Gerolamo; Vita di Ilarione: par. 5-8)



Un altro interessante (e divertente, nella sua visionarietà…) brano di San Gerolamo sulle mortificazioni e le alterazioni di coscienza (allucinazioni) sperimentate da un monaco, il futuro Sant’Ilarione, nel suo ritiro spirituale…



--- ---- --- --- --- ---- ---- ---- ---- ---- ---- --- ---- ---- --- ---

In realtà, il più forte elemento di novità apportato dal Cristianesimo alla cultura antica non fu l’idea che la pietà e la solidarietà (ἀγάπη; clementia; misericordia) costituissero, almeno in un ambito religioso e più genericamente spirituale, dei valori di importanza primaria. Difatti, anche gli dei pagani, sia greci che latini, erano visti in gran parte come garanti dei valori della giustizia e dell’equità, nonché spesso come esempi di compassione e di generosità; per non parlare poi delle varie correnti filosofiche di origine greca, molte delle quali avevano nell’etica del sacrificio uno dei loro punti essenziali… si pensi in particolare allo Stoicismo, il quale, come abbiamo visto in precedenza, aveva molto da spartire col Cristianesimo.

Piuttosto, l’elemento di radicale novità che il Cristianesimo introdusse negli orizzonti della cultura greco-romana fu il culto della sofferenza fisica e della mortificazione della carne (astinenza sessuale, penitenze, digiuni e vari atti di autolesionismo), inteso come manifestazione di vicinanza e identificazione con Gesù Cristo e come presa di distanza dalla dimensione fisica dell'esistenza (secondo un dualismo tra materia e spirito che ricorda, tra l’altro, la filosofia platonica e che fu da questa trasmesso pressoché a tutte le correnti filosofiche successive, nelle quali tuttavia una tale dicotomia non era vissuta in modo altrettanto esasperato quanto nella religione cristiana, richiedendo più che altro una certa capacità di “tenere sotto controllo” gli istinti animali, anziché un loro totale superamento…) In opposizione alla mentalità oramai radicalmente materialistica e edonistica dilagante nell’Impero, e senza dubbio come reazione a essa, il Cristianesimo (così come, probabilmente, altri culti di salvezza che si affermarono in quel periodo) propugnava stili di vita che, più che semplicemente austeri, erano basati su una radicale rinuncia ai piaceri della carne e sulla mortificazione di sé, e che erano sentiti come il viatico per una salvezza non più mondana (edonistica) ma eterna e oltremondana.

|-----|

TESTO LATINO:

5. Titillabat itaque sensus ejus, et pubescenti corpori solita voluptatum incendia suggerebat. Cogebatur tirunculus Christi cogitare quod nesciebat, et ejus rei animo pompam volvere, cujus experimenta non noverat. Iratus itaque sibi, et pectus pugnis verberans (quasi cogitationes caede manus posset excludere): Ego, inquit, aselle, faciam, ut non calcitres: nec te hordeo alam, sed paleis. Fame te conficiam et siti; gravi onerabo pondere; per aestus indagabo et frigora, ut cibum potius quam lasciviam cogites. Herbarum ergo succo et paucis caricis post triduum vel quatriduum deficientem animam sustentabat, orans frequenter et psallens, et rastro humum fodiens; ut jejuniorum laborem labor operis duplicaret. Simulque fiscellas junco texens, aemulabatur Aegyptiorum Monachorum disciplinam, et Apostoli sententiam, dicentis: Qui autem non operatur, non manducet (II Thess. III, 10): sic attenuatus, et in tantum exeso corpore, ut ossibus vix haereret. 6. Quadam nocte, infantum cepit audire vagitus, balatus pecorum, mugitus boum, planctum quasi muliercularum [Al. mulierum], leonum rugitus, murmur exercitus, et rursus variarum portenta vocum, ut ante sonitu quam aspectu territus cederet. Intellexit daemonum ludibria; et provolutus genibus, Christi crucem signavit in fronte: talique armatus, jacens fortius praeliabatur; quodammodo videre desiderans, quos horrebat audire, et sollicitis oculis huc illucque circumspiciens. Cum interim ex improviso, splendente luna, cernit rhedam ferventibus equis super se irruere: cumque inclamasset Jesum, ante oculos ejus repentino terrae hiatu, pompa omnis absorpta est. Tunc ille ait: Equum et ascensorem projecit in mare (Exod. XV, 1). Et, Hi in curribus, et hi in equis: nos autem in nomine Dei nostri magnificabimur (Ps. XVI, 18). 7. Multae sunt tentationes ejus, et die noctuque variae daemonum insidiae: quas si omnes narrare velim, modum excedam voluminis. Quoties illi nudae mulieres cubanti, quoties esurienti largissimae apparuere dapes? Interdum orantem lupus ululans, et vulpecula ganniens transilivit, psallentique gladiatorum pugna spectaculum praebuit: et unus quasi interfectus, et ante pedes ejus corruens, sepulturam rogavit. 8. Oravit semel fixo in terram capite, et ut natura fert hominum, abducta ab oratione mens, nescio quid aliud cogitabat: insiliit dorso ejus agitator, et latera calcibus, cervicem flagello verberans: Eia, inquit, cur dormitas? cachinnansque desuper, si [Al. cum] defecisset, an hordeum vellet accipere, sciscitabatur. (Testo online con traduzione in inglese: http://ldysinger.stjohnsem.edu/@texts/0420_jerome/05_life_hilarion.htm?fbclid=IwAR1WDmWJNQcqHtuu3S8FTpln_3U34gV5doGkVs_55ZRatxuipcaa8SOWi7k)

|-----|

TRADUZIONE LETTERARIA: Solleticava pertanto i suoi sensi e nel corpo del giovane dove spuntava la lanugine accendeva i soliti incendi dei piaceri. Era costretto il novello soldato di Cristo a pensare ciò che egli non sapeva e a rivolgere nell’animo una cosa di cui non aveva esperienza. Sdegnato dunque con se medesimo e percuotendosi il petto con i pugni, quasi che con il battere della mano potesse scacciarne i pensieri diceva: io farò in modo, , o asinello che tu non tirerai calci: ti renderò debolissimo con la fame e con la sete, porrò sopra di te gravi pesi, procurerò col farti patire caldo e freddo che tu pensi piuttosto al cibo che alla lascivia. Con succhi di erbe dunque e con pochi fichi secchi dopo tre o quattro giorni di astinenza sosteneva i suoi deboli spiriti, frequentemente facendo orazione, salmeggiando e zappando la terra, affinché la fatica dei digiuni fosse raddoppiata dalla fatica delle opere. Tessendo ancora canestri di giunchi, seguiva la disciplina dei monaci in Egitto e adempiva quanto prescrive la massima dell’Apostolo che dice: chi non lavora non mangi. Essendo così estenuato e tanto consumato nel corpo che appena si reggeva in piedi una notte, cominciò a udire vagiti di bambini, belati di pecore, muggiti di buoi, pianti come di donne, ruggiti di leoni, strepiti di esercito e diverse voci affatto portentose, affinché cedesse spaventato dal suono prima che dall’aver visto. Riconobbe quello gli inganni del demonio e postosi in ginocchio si fece in fronte il segno della croce di Cristo. E armato di tale elmo e vestito della corazza della fede, sdraiatosi più fortemente combatteva, bramando da ora innanzi vedere coloro i quali temeva di udire e sollecitamente qua e là intorno guardando. Quand’ecco all’improvviso risplendendo in cielo la luna, vede un cocchio tirato da cavalli infuriati venirgli addosso e invocando esso ad alta voce il nome di Gesù, tutto questo terribile apparato innanzi agli occhi suoi fu inghiottito da una improvvisa apertura della terra. Allora egli disse: il Signore ha gettato nel mare cavallo e cavaliere. Poi aggiunse: “Quelli si gloriano nei carri e questi nei cavalli, ma noi nel nome del nostro Dio ci glorieremo”. Molte furono le tentazioni da lui sostenute e varie le insidie del demonio, tese contro di lui giorno e notte. Se io volessi raccontarle tutte farei un volume troppo grande. Quante volte, stando esso coricato sul suolo, gli apparvero donne nude, quante volte, mentre era travagliato dalla fame, si vide poste innanzi abbondanti vivande! Talvolta mentre pregava gli passava vicino un lupo ululando e una volpe che strideva, e mentre salmeggiava si fece a lui vedere una battaglia di gladiatori e cadendo ai suoi piedi uno come colpito a morte lo pregava di dargli sepoltura. Ritrovandosi una volta il santo in preghiera con il capo rivolto in terra e come porta la condizione umana a non so quale altra cosa pensando, essendo la mente non più applicata alla preghiera, il pronto nemico gli saltò a cavallo sulla schiena e percuotendogli i fianchi con i calci e la testa con la sferza , gridò: “Oh là, perché dormi? E dall’alto ridendo sopra lui, che era venuto meno, gli chiedeva se voleva prendere dell’orzo. (Da: http://www.esegesidellescritture.it/index.php?option=com_content&view=article&id=247:vita-di-santo-ilarione&catid=28&Itemid=122)

|-----|


TRADUZIONE LETTERALE CON NOTE: (N.B: le “j” valgono come “i”.) 5. Titillabat itaque sensus ejus, et pubescenti corpori solita voluptatum incendia suggerebat. (SATANA…) DUNQUE STUZZICAVA I SUOI SENSI, E I SOLITI/COMUNI INCENDI DI VOLUTTÀ/DESIDERI INSTILLAVA AL (SUO…) CORPO CHE ENTRAVA NELL’ADOLESCENZA. -- Cogebatur tirunculus Christi cogitare quod nesciebat, et ejus rei animo pompam volvere, cujus experimenta non noverat. IL GIOVANE SEGUACE DI CRISTO (tirunculus Christi) ERA SPINTO (Cogebatur) A RIFLETTERE SU CIÒ CHE NON CONOSCEVA, E A FARE L’ELENCO NELL’ANIMA (animo volvere pompam: letter., con l’anima svolgere/far passare la pompa/la processione) DI CIÒ ( = eius rei: letter., della sua cosa) DI CUI NON AVEVA AVUTO ESPERIENZE/ESPERIENZA (cuius esperimenta non noverat->3^ sing. piuccheperf. ind. att. da nosco,is, novi, notum, ere: venire a conoscenza di). -- Iratus itaque sibi, et pectus pugnis verberans (quasi cogitationes caede manus posset excludere): Ego, inquit, aselle, faciam, ut non calcitres: nec te hordeo alam, sed paleis. IRATO DUNQUE CON SE STESSO, E BATTENDO(SI) COI PUGNI IL PETTO (pectus,oris: neutro) (COME SE (quasi) I (SUOI…) PENSIERI POTESSE ALLONTANARE CON LA VIOLENZA DELLA MANO): IO, DISSE, ASINELLO (->si riferisce al suo CORPO!), DEVO FARE (faciam: 1^ sing. att. cong. pres. da facio,is…; il cong. esprime qui possibilità/volontà) IN MODO CHE (ut + cong. ha qui valore consecutivo…) NON SCALCI/RECALCITRI: E NON DEVO NUTRIRTI (alam: : 1^ sing. att. cong. pres. da alo,is…: nutro con; idem come sopra) CON ORZO, MA CON PAGLIA (paleis: letter., paglie). -- Fame te conficiam et siti; gravi onerabo pondere; per aestus indagabo et frigora, ut cibum potius quam lasciviam cogites. TI RIDURRÒ ALLA FAME E ALLA SETE; TI CARICHERÒ CON UN GRAVE PESO (gravi pondere); MI INOLTRERÒ (indagabo) ATTRAVERSO I CALORI/LUOGHI CALDI E I LUOGHI CALDI, PERCHÉ (ut + cong. con valore finale) PENSI PIUTTOSTO (potius…) AL CIBO CHE (…quam) ALLA LASCIVIA. -- Herbarum ergo succo et paucis caricis post triduum vel quatriduum deficientem animam sustentabat, orans frequenter et psallens, et rastro humum fodiens; ut jejuniorum laborem labor operis duplicaret. PERCIÒ (ergo) PER TRE O QUATTRO GIORNI (post triduum vel quatriduum; tres dies, quattuor dies) SOSTENTAVA L’ANIMA DEBILITATA (deficientem) CON SUCCO DI ERBE E CON POCHI FICHI, PREGANDO SPESSO E SALMODIANDO, E SARCHIANDO IL TERRENO COL RASTRELLO; PERCHÉ LA FATICA DELL’OPERA/DEL LAVORO RADDOPPIASSE LA FATICA DEI DIGIUNI. -- Simulque fiscellas junco texens, aemulabatur Aegyptiorum Monachorum disciplinam, et Apostoli sententiam, dicentis: Qui autem non operatur, non manducet (II Thess. III, 10): sic attenuatus, et in tantum exeso corpore, ut ossibus vix haereret. ED EMULAVA, TESSENDO ALLO STESSO TEMPO (Simulque) UN CESTELLO CON IL GIUNCO, LA DISCIPLINA DEI MONACI EGIZI, E LA SENTENZA DELL’APOSTOLO CHE DICE: COLUI CHE NON OPERA, NON MANGIA: COSÌ (SI ERA…) INDEBOLITO, E IN UN CORPO TANTO CONSUMATO (in tantum exeso corpora; exeso è part. perf. pass. da exedo,is, edi, esum, ere: divorare), CHE (ut + cong. con valore consecutivo) A STENTO (vix) RIMANEVA ATTACCATO (CON LA CARNE…) ALLE OSSA. -- -- -- -- -- -- 6. Quadam nocte, infantum cepit audire vagitus, balatus pecorum, mugitus boum, planctum quasi muliercularum [Al. mulierum], leonum rugitus, murmur exercitus, et rursus variarum portenta vocum, ut ante sonitu quam aspectu territus cederet. UNA NOTTE (Quadam nocte; quadam: ablat. femm. sing. da quidam, quaedam, quoddam: uno, qualcuno…) INIZIÒ A UDIRE VAGITI DI INFANTI, BELATI DI PECORE, MUGGITI DI BUOI, UN PIANTO COME DI DONNE (planctum quasi muliercularum/ mulierum), RUGGITI DI LEONI, IL MORMORIO/VOCIO/RUMORE DI FONDO DI UN ESERCITO, E D’ALTRA PARTE/ALL’OPPOSTO I PORTENTI/IL PORTENTO DI VARIE VOCI, TANTO CHE DI FRONTE AL FRASTUONO E ALLA VISIONE RIMASE ATTERRITO (cederet territus->part. perf. pass. da terreo,es, terrui, territus, ere: terrorizzo). -- Intellexit daemonum ludibria; et provolutus genibus, Christi crucem signavit in fronte: talique armatus, jacens fortius praeliabatur; quodammodo videre desiderans, quos horrebat audire, et sollicitis oculis huc illucque circumspiciens. COMPRESE I LUDIBRI DEI DEMONI; E GETTATOSI (provolutus: part. perf. pass. da provolvo,is, ecc.: gettarsi, prostrarsi; qui ha valore riflessivo più che passivo) SULLE GINOCCHIA (genibus: ablat. plur. di genu, genus: ginocchio, genere neutro), (SI) SEGNÒ LA CROCE DI CRISTO SULLA FRONTE; E ARMATO DI CIÒ (tali: dat. sing. neutro di talis, tale: tale siffatto; letter, di tale cosa/arma, riferito a armatus), GIACENDO/SDRAIATO PIÙ FORTEMENTE DAVA BATTAGLIA (praeliabatur = proeliabatur, da proelior,aris…: combatto); MENTRE DESIDERAVA (ALLO STESSO TEMPO…) IN QUALCHE MODO (quodammodo) VEDERE COLORO CHE AVEVA ORRORE DI UDIRE (quos horrebat audire), E MENTRE ATTORNO (circumspiciens)si GUARDAVA QUI E LÀ CON OCCHI INQUIETI. -- Cum interim ex improviso, splendente luna, cernit rhedam ferventibus equis super se irruere: cumque inclamasset Jesum, ante oculos ejus repentino terrae hiatu, pompa omnis absorpta est. QUANDO A UN CERTO PUNTO (Cum interim) ALL’IMPROVVISO, MENTRE LA LUNA SPLENDEVA, SENTE (cernit) SOPRA DI SÉ CORRERE UNA CARROZZA (rhedam = raedam) CON CAVALLI ECCITATI: E MENTRE CHIAMAVA (inclama(vi)sset) GESÙ, DAVANTI AI SUOI OCCHI PER UN IMPROVVISO BUCO/SPALANCARSI DELLA TERRA, TUTTA LA PROCESSIONE FU RISUCCHIATA. -- Tunc ille ait: Equum et ascensorem projecit in mare (Exod. XV, 1). Et, Hi in curribus, et hi in equis: nos autem in nomine Dei nostri magnificabimur (Ps. XVI, 18). ALLORA EGLI DISSE: IL CAVALLO E IL CAVALIERE GETTÒ IN MARE (Exod. XV, 1). E, QUESTI/ALCUNI SUI CARRI, QUESTI/ALTRI SUI CAVALLI: NOI INVECE NEL NOME DI DIO SAREMO MAGNIFICATI/SAREMO ESALTATI (Ps. XVI, 18). -- -- -- -- -- -- 7. Multae sunt tentationes ejus, et die noctuque variae daemonum insidiae: quas si omnes narrare velim, modum excedam voluminis. MOLTE SONO/FURONO LA SUE TENTAZIONI, E DI GIORNO E DI NOTTE VARIE LE INSIDIE DEI DEMONI: LE QUALI SE TUTTE VOLESSI NARRARE, ECCEDEREI LA MISURA (modum) DEL VOLUME. -- Quoties illi nudae mulieres cubanti, quoties esurienti largissimae apparuere dapes? QUANTE VOLTE (Quoties = Quotiens: avverbio numerale) A QUELLO/LUI SDRAIATO (illi cubanti) DONNE NUDE, QUANTE VOLTE (A LUI…) ABBONDANTISSIMI BANCHETTI APPARIRONO (apparuere è infinito storico; = apparuerunt)? -- Interdum orantem lupus ululans, et vulpecula ganniens transilivit, psallentique gladiatorum pugna spectaculum praebuit: et unus quasi interfectus, et ante pedes ejus corruens, sepulturam rogavit. TALVOLTA UN LUPO ULULANTE E UN VOLPINO SCHIAMAZZANTE (LO…= illum…, sottint.) OLTREPASSÒ MENTRE PREGAVA (…orantem), E UNA BATTAGLIA DI GLADIATORI (GLI… = illi…, sottint.) PRESENTÒ UNO SPETTACOLO MENTRE SALMODIAVA (…psallenti): E UNO (DEI GLADIATORI…) COME FERITO MORTALMENTE E CROLLANDO DAVANTI AI SUOI PIEDI (quasi interfectus, et ante pedes ejus corruens), IMPLORAVA SEPOLTURA. -- -- -- -- -- -- 8. Oravit semel fixo in terram capite, et ut natura fert hominum, abducta ab oratione mens, nescio quid aliud cogitabat: insiliit dorso ejus agitator, et latera calcibus, cervicem flagello verberans: Eia, inquit, cur dormitas? UNA VOLTA PREGÒ/PREGAVA COL CAPO FISSO VERSO LA TERRA, E COME COMPORTA (ut fert) LA NATURA DEGLI UOMINI, LA MENTE, RAPITA DA UN’ORAZIONE, PENSAVA A NON SO A COSA D’ALTRO: SALTA SUL SUO DORSO (insiliit dorso ejus) L’AGITATORE ( = Satana), E TEMPESTANDO I FIANCHI COI CALCI, IL COLLO CON LA VERGA: EHILÀ, DICE, PERCHÉ OZI? -- cachinnansque desuper, si defecisset, an hordeum vellet accipere, sciscitabatur. E RIDENDO (cachinnansque) DA SOPRA (desuper), CHIEDEVA (sciscitabatur: 3^ sing. imperf. indic. da sciscitor,aris…: cerco di sapere) SE FOSSE SVENUTO (si defecisset), O VOLESSE PRENDERE/MANGIARE DELL’ORZO.





171 visualizzazioni0 commenti

Post recenti

Mostra tutti

Comments


bottom of page