[…] Σκιπίων τὸν Σόφακα τὸν βασιλέα αἰχμάλωτον λαβὼν καὶ δεδεμένον λύσας φιλανθρώπως ὡμίλει αὐτόν· ᾤετο γὰρ δεῖν τὴν ἐπὶ τοῦ πολέμου ἔχθραν μέχρι τοῦ νικᾶν φυλάττειν, εἰς δὲ τύχην αἰχμάλωτον ἀνδρὸς βασιλέως γεγονότος μηδὲν ἐξαμαρτάνειν ἄνθρωπον ὄντα· ἐφορᾷ γάρ, ὡς ἔοικε, τὸν ἀνθρώπινον βίον νέμεσίς τις θεοῦ, ἣ τοὺς ὑπὲρ ἄνθρωπον φρονοῦντας ταχὺ τῆς ἰδίας ἀσθενείας ὑπομιμνήσκει. Διὸ καὶ τὸν Σκιπίωνα τίς οὐκ ἂν ἐπαινέσειε θεωρῶν πρὸς τὸν κατὰ τῶν πολεμίων φόβον καταπληκτικὸν γενόμενον, ὑπὸ δὲ τοῦ πρὸς τοὺς ἠτυχηκότας ἐλέου τὴν ψυχὴν ἡττώμενον; Ὡς ἐπὶ πολὺ γὰρ εἰώθασιν οἱ πρὸς τοὺς ἀντιταττομένους φοβεροὶ πρὸς τοὺς ὑποπεσόντας ὑπάρχειν μέτριοι. Διὸ καὶ ταχὺ τοῦ Σόφακος ὁ Σκιπίων τῆς εἰς αὐτὸν ἐπιεικείας ἐκομίσατο χάριν.
TRADUZIONE
Dopo aver catturato il re Soface, Scipione lo liberò dalle catene e lo trattò con umanità. Pensava infatti che si debba conservare l’odio per la battaglia e fino alla vittoria, ma che sia assolutamente ingiusto mancare di rispetto al prigioniero, che oltretutto era un re, in quanto egli è comunque un uomo. Difatti vi è una legge divina che vigila sulle vicende umane, o così sembra, che ricorda molto presto la propria debolezza a chi si sente più importante degli altri uomini.
Perciò chi non avrebbe lodato anche Scipione vedendolo diventare terribile davanti alla paura dei nemici, ma allo stesso tempo misericordioso di fronte agli sconfitti? Infatti, per lo più, coloro che appaiono terribili nei confronti dei propri avversari divengono miti quando questi si sottomettono.
Perciò Scipione guadagnò in fetta la riconoscenza di Soface con la sua clemenza verso di lui.
Traduzione e commento:
Σκιπίων τὸν Σόφακα τὸν βασιλέα αἰχμάλωτον λαβὼν καὶ δεδεμένον λύσας φιλανθρώπως ὡμίλει αὐτόν·
Scipione, dopo aver catturato (lett., avendo preso prigioniero) il re Soface, e dopo averlo liberato dai ceppi (lett., avendolo liberato essendo egli stato incatenato), lo trattava amichevolmente.
ᾤετο γὰρ δεῖν τὴν ἐπὶ τοῦ πολέμου ἔχθραν μέχρι τοῦ νικᾶν φυλάττειν, εἰς δὲ τύχην αἰχμάλωτον ἀνδρὸς βασιλέως γεγονότος μηδὲν ἐξαμαρτάνειν ἄνθρωπον ὄντα·
Pensava (ᾤετο: 3^ pers. sing. impf. da οἴομαι) infatti che si debba conservare la rabbia durante la guerra fino alla vittoria, ma [sott., che si debba: δεῖν] per nulla mancare di rispetto a un prigioniero per (=a causa della: εἰς) sorte, essendo un uomo divenuto oltre tutto re (gen. assol., ἀνδρὸς βασιλέως γεγονότος), in quanto è un uomo.
ἐφορᾷ γάρ, ὡς ἔοικε, τὸν ἀνθρώπινον βίον νέμεσίς τις θεοῦ, ἣ τοὺς ὑπὲρ ἄνθρωπον φρονοῦντας ταχὺ τῆς ἰδίας ἀσθενείας ὑπομιμνήσκει.
Difatti, così sembra, tiene sott’occhio la vita umana una qualche nemesi divina (=distribuzione equa dell’infelicità e del dolore), la quale ricorda subito a coloro che si credono più che umani (lett., che pensano al di sopra dell’uomo) la loro debolezza.
Διὸ καὶ τὸν Σκιπίωνα τίς οὐκ ἂν ἐπαινέσειε θεωρῶν πρὸς τὸν κατὰ τῶν πολεμίων φόβον καταπληκτικὸν γενόμενον, ὑπὸ δὲ τοῦ πρὸς τοὺς ἠτυχηκότας ἐλέου τὴν ψυχὴν ἡττώμενον;
Perciò (Διὸ) chi potrebbe non lodare anche Scipione vedendo che diventa terribile di fronte alla paura dei nemici, ma che viene vinto nell’anima dalla misericordia verso gli sconfitti (ἠτυχηκότας: partic. perfetto da ἀτυχέω)?
Ὡς ἐπὶ πολὺ γὰρ εἰώθασιν οἱ πρὸς τοὺς ἀντιταττομένους φοβεροὶ πρὸς τοὺς ὑποπεσόντας ὑπάρχειν μέτριοι.
Poiché la maggior parte delle volte (ἐπὶ πολὺ) quelli che sono spaventosi verso coloro che gli si schierano contro solgono diventare moderati verso coloro che gli si sono arresi (ὑποπεσόντας: part. aoristo da ὑποπίπτω: cado sotto).
Διὸ καὶ ταχὺ τοῦ Σόφακος ὁ Σκιπίων τῆς εἰς αὐτὸν ἐπιεικείας ἐκομίσατο χάριν.
Perciò anche velocemente Scipione conquistò la riconoscenza (ἐκομίσατο χάριν) di Soface per la sua clemenza verso di lui.
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