(SENECA; de Providentia; V, 6-8)
In questo brano, tratto dal “De providentia”, Seneca affronta il tema – davvero essenziale per lo Stoicismo – del rapporto esistente tra libera scelta umana e Destino. Secondo Seneca (e più in generale secondo gli Stoici) tutto è già deciso, poiché le cose nel loro insieme si susseguono secondo una legge immutabile che, se anche un qualche Dio ha determinato, una volta stabilita nemmeno a lui è più dato revocare (…“Ille ipse omnium conditor et rector scripsit quidem fata, sed sequitur; semper paret, semel iussit.” - “Quello stesso creatore e reggitore di tutte le cose che certamente ha scritto i fati, ora li segue e sempre vi obbedisce, anche se una volta li ha ordinati.”) Per questo il saggio abbraccia con gioia ciò che, per una legge eterna e irrevocabile, gli è destinato da sempre. Egli non crede che vi siano in realtà il bene e il male, ma solo il Bene, poiché tutto è frutto di una legge eterna e come tale tutto è già perfetto com'è. Egli però, a differenza delle persone da poco, non sopporta fatalisticamente ciò che gli accade ma combatte per imporre in qualche modo la propria volontà – ed anzi è proprio questa lotta a costituire il senso ultimo della sua vita. Purtuttavia, egli è anche consapevole che tutto ciò che è, fu e sarà – la sua riuscita o la sua sconfitta comprese – è già da sempre determinato irrevocabilmente. Non stupisce allora, sapere che lo stoicismo fu la filosofia ellenistica più apprezzata nel mondo romano, poiché in essa poteva acquisire un significato e una giustificazione filosofica e metafisica quello spirito austero e guerriero che costituiva il fondamento della storia e della tradizione romane, in particolare per ciò che riguarda le élite aristocratiche o di comando.
(Seneca, de Providentia, Caput V) Da: http://monumenta.ch/latein/text.php…
Traduzione e testo intero: http://www.latin.it/autore/seneca/de_providentia/05.lat
6 Nihil cogor, nihil patior invitus, nec servio deo sed assentior, eo quidem magis quod scio omnia certa et in aeternum dicta lege decurrere. 7 Fata nos ducunt et quantum cuique temporis restat prima nascentium hora disposuit. Causa pendet ex causa, privata ac publica longus ordo rerum trahit: ideo fortiter omne patiendum est quia non, ut putamus, incidunt cuncta sed veniunt. Olim constitutum est quid gaudeas, quid fleas, et quamvis magna videatur varietate singulorum vita distingui, summa in unum venit: accipimus peritura perituri. 8 Quid itaque indignamur? quid querimur? ad hoc parati sumus. Utatur ut vult suis natura corporibus: nos laeti ad omnia et fortes cogitemus nihil perire de nostro. Quid est boni viri? praebere se fato. Grande solacium est cum universo rapi; quidquid est quod nos sic vivere, sic mori iussit, eadem necessitate et deos alligat. Inrevocabilis humana pariter ac divina cursus vehit: ille ipse omnium conditor et rector scripsit quidem fata, sed sequitur; semper paret, semel iussit.
Traduzione e commento
6 Nihil cogor, nihil patior invitus, nec servio deo sed assentior, eo quidem magis quod scio omnia certa et in aeternum dicta lege decurrere. A nulla sono costretto, nulla subisco non volendo, né servo Dio bensì assento (a lui, sott.), e questo certamente tanto più poiché (eo magis quod: eo= per questo, magis= più, quod= poiché) so tutte le cose (esser...) certe e stabilite (dicta) di accadere in eterno da una legge.
7 Fata nos ducunt et quantum cuique temporis restat prima nascentium hora disposuit. I fati ci conducono e quanto a ciascuno rimane (da vivere...), la prima ora della nascita lo aveva già stabilito (letter.: quanto a ciascuno resta la prima ora dei nascenti stabilì).
Causa pendet ex causa, privata ac publica longus ordo rerum trahit: ideo fortiter omne patiendum est quia non, ut putamus, incidunt cuncta sed veniunt. Causa dipende da causa, l'ordine complessivo (longus ordo) delle cose determina i fatti privati e quelli pubblici: perciò tanto più fortemente (fortiter) tutto dovrà essere sopportato, dal momento che l'insieme dei fatti (cuncta) non avvengono a caso (incidunt), come riteniamo, ma avvengono necessariamente (veniunt).
Olim constitutum est quid gaudeas, quid fleas, et quamvis magna videatur varietate singulorum vita distingui, summa in unum venit: accipimus peritura perituri. Già da sempre (Olim=una volta per tutte) è stato deciso di cosa tu debba godere, di cosa tu debba piangere, e sebbene la vita dei singoli sembri (videatur=sia vista/appaia) essere distinta per grande varietà, tutte le cose (summa) si riassumono in un fatto (summa in unum venit): destinati a morire, acquisiamo cose destinate a morire.
8 Quid itaque indignamur? quid querimur? ad hoc parti sumus. Dunque di cosa ci indigniamo? Di cosa ci lamentiamo? A questo siamo destinati (parti: da pario, partorisco).
Utatur ut vult suis natura corporibus: nos laeti ad omnia et fortes cogitemus nihil perire de nostro. Adoperi come vuole la natura le sue parti: noi, lieti a tutto e coraggiosi, ci si ricordi (cogitemus) che nulla perisce per causa nostra (de nostro: noster ha qui valore pronominale: de nostro= da noi, a causa nostra).
Quid est boni viri? praebere se fato. Cosa caratterizza un uomo di valore (letter.: cosa è proprio di un uomo buono?)? Consegnare se stesso al fato.
Grande solacium est cum universo rapi; quidquid est quod nos sic vivere, sic mori iussit, eadem necessitate et deos alligat. Grande consolazione è seguire l'universo (lett.: essere rapiti/presi con l'universo); qualsiasi cosa sia (quidquid est) ciò che decise (quod iussit) che noi viviamo così e così moriamo, esso costringe anche gli dei con la medesima necessità!
Inrevocabilis humana pariter ac divina cursus vehit: ille ipse omnium conditor et rector scripsit quidem fata, sed sequitur; semper paret, semel iussit. Un corso irrevocabile parimenti guida gli eventi umani e divini: quello stesso (ille ipse) creatore e reggitore di tutte le cose certamente scrisse i fati, ma (ora...) li segue; sempre vi obbedisce, (anche se...) una volta (semel) li ha ordinati.
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