Sofonisba, moglie del re numida Siface, appena fatta prigioniera dal suo rivale Masinissa, sostenuto dai romani nella guerra per il titolo regale, lo implora di risparmiarle la traduzione in schiavitù, finendo poi per sedurlo e per farsi sposare.
TESTO LATINO:
Intranti uestibulum in ipso limine Sophoniba, uxor Syphacis, filia Hasdrubalis Poeni, occurrit; et cum in medio agmine armatorum Masinissam insignem cum armis tum cetero habitu conspexisset, regem esse, id quod erat, rata genibus aduoluta eius 'omnia quidem ut possis' inquit 'in nobis di dederunt uirtusque et felicitas tua; sed si captiuae apud dominum uitae necisque suae uocem supplicem mittere licet, si genua, si uictricem attingere dextram, precor quaesoque per maiestatem regiam, in qua paulo ante nos quoque fuimus, per gentis Numidarum nomen, quod tibi cum Syphace commune fuit, per huiusce regiae deos, qui te melioribus ominibus accipiant quam Syphacem hinc miserunt, hanc ueniam supplici des ut ipse quodcumque fert animus de captiua tua statuas neque me in cuiusquam Romani superbum et crudele arbitrium uenire sinas. si nihil aliud quam Syphacis uxor fuissem, tamen Numidae atque in eadem mecum Africa geniti quam alienigenae et externi fidem experiri mallem: quid Carthaginiensi ab Romano, quid filiae Hasdrubalis timendum sit uides. si nulla re alia potes, morte me ut uindices ab Romanorum arbitrio oro obtestorque.' forma erat insignis et florentissima aetas. itaque cum modo <genua modo> dextram amplectens in id ne cui Romano traderetur fidem exposceret propiusque blanditias iam oratio esset quam preces, non in misericordiam modo prolapsus est animus uictoris, sed, ut est genus Numidarum in uenerem praeceps, amore captiuae uictor captus. data dextra in id quod petebatur obligandae fidei in regiam concedit. institit deinde reputare secum ipse quemadmodum promissi fidem praestaret. quod cum expedire non posset, ab amore temerarium atque impudens mutuatur consilium; nuptias in eum ipsum diem parari repente iubet ne quid relinqueret integri aut Laelio aut ipsi Scipioni consulendi uelut in captiuam quae Masinissae iam nupta foret. factis nuptiis superuenit Laelius et adeo non dissimulauit improbare se factum ut primo etiam cum Syphace et ceteris captiuis detractam eam <lecto> geniali mittere ad Scipionem conatus sit. uictus deinde precibus Masinissae orantis ut arbitrium utrius regum duorum fortunae accessio Sophoniba esset ad Scipionem reiceret, misso Syphace et captiuis ceteras urbes Numidiae quae praesidiis regiis tenebantur adiuuante Masinissa recipit.
TRADUZIONE PROFESSIONALE
Nel momento in cui faceva il suo ingresso nel vestibolo, proprio sulla soglia, gli si fece incontro Sofonisba, moglie di Siface e figlia del cartaginese Asdrubale la quale, vedendo nel gruppo di uomini armati Masinissa, splendido per le sue armi e anche per tutto il resto del suo abbigliamento, pensò - e non si sbagliava - che quello fosse il re e, abbracciandogli le ginocchia, gli disse: “Gli dei, il tuo valore e la tua fortuna ti hanno concesso ogni potere su di noi; ma se è consentito ad una prigioniera proferire una parola di supplica davanti al padrone della sua vita e della sua morte, se è consentito toccare le ginocchia e la destra vincitrice, ti prego e ti scongiuro, in nome della maestà regale che anche a noi fino a poco tempo fa apparteneva, in nome della nazione dei Numidi, che tu hai avuto in comune con Siface, per gli dei di questa stessa reggia perché ti accolgano con presagi migliori di quelli con cui hanno da qui congedato Siface, concedi a me supplice questa grazia: sii tu, comunque ti consigli il tuo animo, a decidere sulla tua prigioniera, non consentire che io diventi preda dell'arbitrio superbo e crudele di alcun romano. Anche se io null'altro fossi stata se non la moglie di Siface, tuttavia preferirei sperimentare la lealtà di un numida e di un uomo nato come me in Africa piuttosto che quella di uno che appartiene ad un'altra razza e ad un'altra terra. Vedi bene cosa abbia a temere un cartaginese da un romano, e cosa debba temere la figlia di Asdrubale. Ti prego e ti scongiuro, se non puoi in nessun altro modo, di liberarmi almeno con la morte dall'arbitrio romano! Sofonisba era molto bella e nel fiore degli anni; stringendo ora la destra ora le ginocchia e chiedendo l'impegno a Masinissa di impegnarsi a non consegnarla a qualche romano - ma le sue parole assomigliavano più a carezze che a preghiere - indusse il vincitore non tanto ad un atteggiamento di misericordia quanto a cadere schiavo della passione per la prigioniera (essendo, per temperamento, i Numidi molto sensuali). Diede la sua destra impegnandosi su quanto gli era stato richiesto ed entrò nella reggia. Poi prese a pensare tra sé e sé in che modo fosse possibile assolvere all'impegno di quella promessa, ma non riuscendo a trovare una soluzione, si lasciò suggerire dalla passione una decisione avventata e disonorante: ordina sul momento che per quella stessa giornata si preparino le nozze per non lasciare nulla di impregiudicato a cui dovessero provvedere Lelio o Scipione in persona nei riguardi di una prigioniera che nel frattempo era diventata la moglie di Masinissa. Celebrate le nozze, sopraggiunse Lelio il quale così poco dissimulò il suo disappunto per quell'iniziativa che in un primo momento tentò di mandare a Scipione, assieme a Siface e agli altri prigionieri, Sofonisba strappandola dal letto nuziale. Si lasciò tuttavia convincere dalle preghiere di Masinissa che lo scongiurava di lasciare scegliere a Scipione di chi, tra i due re, dovesse seguire la sorte Sofonisba; quindi, inviato a Scipione Siface e gli altri prigionieri, con l'aiuto di Masinissa conquistò le altre città della Numidia che erano presidiate da guarnigioni del re.
Da: http://www.progettovidio.it/forum2/read.asp?id=2087&topic=2087&fbclid=IwAR1F08-PfOKe2CBRgghP5uzRK8Wkg2TnG0RRuyNQ0nLigVfh4pWo9EPsg5c
TESTO LATINO E TRADUZIONE CON NOTE:
Intranti vestibulum in ipso limine Sophoniba, uxor Syphacis, filia Hasdrubalis Poeni, occurrit; et cum in medio agmine armatorum Masinissam insignem cum armis tum cetero habitu conspexisset, regem esse, id quod erat, rata genibus advoluta eius… inquit: Mentre quello entrava nel vestibolo (Intranti vestibulum), sullo stesso ingresso gli corse incontro Sofonisba, moglie di Siface, figlia del fenicio Asdrubale; e poiché nel mezzo della calca delle armature aveva riconosciuto (conspexisset) Massinissa come insigne tanto per le armi quanto per il resto dell’abito, l’essere (cioè…) il re, cosa che era (id quod erat), dopo aver pensato (rata: partic. da reor) ai suoi antenati, essendosi prostrata (advoluta; partic. da advolvo)… disse:
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'omnia quidem ut possis' inquit 'in nobis di dederunt virtusque et felicitas tua; sed si captivae apud dominum vitae necisque suae vocem supplicem mittere licet, si genua, si victricem attingere dextram, precor quaesoque per maiestatem regiam, in qua paulo ante nos quoque fuimus, per gentis Numidarum nomen, quod tibi cum Syphace commune fuit, per huiusce regiae deos, qui te melioribus ominibus accipiant quam Syphacem hinc miserunt, “Certamente gli dei e la (tua…) virtù e la tua buona sorte (felicitas tua) fecero sì (dederunt ut + cong.) che tutto (omnia) potessi sulle nostre vite; ma se è lecito (licet) emettere una supplica (vocem supplicem emittere) a una prigioniera (captivae: è dativo, non genitivo!) presso il padrone della sua vita e (della sua) morte, se le ginocchia, se la mano vincitrice (le è lecito, sott.) stringere, prego e chiedo (precor quaesoque) in nome della (tua…) maestà regia, nella quale fino a poco fa (paulo ante) anche noi siamo stati, in nome del popolo dei Numidi, il quale (=nome) ti fu comune con Siface, per gli dei di questa(huiusce=huius - ce è rafforzativo) reggia, i quali ti ti auguro che accolgano(=accipiant: congiuntivo esortativo) con presagi migliori di quelli con cui(quam: comparativo, letteralm., “che”) da qui mandarono (alla battaglia…) Siface,
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hanc veniam supplici des ut ipse quodcumque fert animus de captiva tua statuas neque me in cuiusquam Romani superbum et crudele arbitrium venire sinas. (intendi: se tutto questo è lecito, allora…) accogli (des: cong. esortat.) la supplica di una prigioniera perché (ut + cong.) tu stesso ((tu) ipse) decida (statuas) qualsiasi cosa ti venga in animo(quodcumque fert animus: letter., qualsiasi cosa ti porti l’animo) ma non(neque) osi (sinas) lasciarmi (me venire) all’arbitrio superbo e crudele di un qualsiasi romano. ------ Si nihil aliud quam Syphacis uxor fuissem, tamen Numidae atque in eadem mecum Africa geniti quam alienigenae et externi fidem experiri mallem: quid Carthaginiensi ab Romano, quid filiae Hasdrubalis timendum sit vides. Se null’altro che la moglie di Siface io fossi, preferirei (mallem) tuttavia mettere alla prova l’onestà/la rettitudine (fidem experiri) di un Numida e di qualcuno nato con me in questa stessa Africa che di una straniera e di un estraneo: vedrai (vides: 2^ fut. ind. da video) (infatti…) cosa debba temere (sit timendum Carthaginiensi: sia da temere a un Cartaginese, letteralm.) un Cartaginese da parte di un romano, cosa la figlia di Asdrubale.
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Si nulla re alia potes, morte me ut vindices ab Romanorum arbitrio oro obtestorque.' Se nient’altro ti è possibile, con la morte chiedo e imploro (oro obtestoque) che tu mi liberi (ut vindices me) dall’autorità dei romani.”
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Forma erat insignis et florentissima aetas. Il (suo…) aspetto era distinto e l’età fiorente.
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Itaque cum modo <genua modo> dextram amplectens in id ne cui Romano traderetur fidem exposceret propiusque blanditias iam oratio esset quam preces, non in misericordiam modo prolapsus est animus victoris, sed, ut est genus Numidarum in venerem praeceps, amore captivae victor captus. E così mentre (cum + congiuntivi: exposceret e esset), avvincendo sia le ginocchia sia la destra (di Masinissa…), reclamava la promessa (fidem exposceret) acciocché (in id: in ciò, + preposiz. finale: ut/ne + cong.) non fosse data a un tale romano (ne cui romano traderetur; cui è dat. sing. del pronome relativo qui: quindi letter., “al quale”, riferito al romano delle frasi precedenti…), e più vicino (propius->avverbio) alle blandizie/complimenti che alle preghiere era (esset) già il (suo…) discorso, l’animo del vincitore non si volse (prolapus est: perf. da prolabor) solo alla misericordia, ma – poiché il popolo dei Numidi è facile/incline(praeceps) alla passione (in venerem) – il vincitore fu imprigionato(captus (est)) dall’amore per la prigioniera.
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Data dextra in id quod petebatur obligandae fidei in regiam concedit. Dopo aver dato la promessa(Data dextra) a ciò che era richiesto(gli) (in id quod petebatur) con una promessa che lo obbligava (obligandae fidei: a una fede che deve obbligare/vincolare) ritorna alla reggia.
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Institit deinde reputare secum ipse quemadmodum promissi fidem praestaret. Rimase quindi a speculare con se stesso (secum) in quale modo (quemadmodum: avverbio) potesse prestare fede alla promessa (fidem promissi).
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Quod cum expedire non posset, ab amore temerarium atque impudens mutuatur consilium; Non potendo rivolvere la qual cosa (Quod), per amore e (reso da esso…) impudente(riferito a Masinissa) mutua un consiglio temerario.
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nuptias in eum ipsum diem parari repente iubet ne quid relinqueret integri aut Laelio aut ipsi Scipioni consulendi velut in captivam quae Masinissae iam nupta foret. Improvvisamente ordina di preparare le nozze in quello stesso giorno affinché nulla (ne quid: affinché non qualcosa) rimanesse ancora (=integri: letteralm., di intero, di nuovo, ecc.) da decidere(=quid integri consulendi: letteralm., qualcosa di integro da decidere) o a Lelio o allo stesso Scipione come su una prigioniera (velut in captivam: riferito a Sofonisba), la quale(sempre riferito a Sofonisba) sarebbe stata (foret: forma arcaica per esset) già moglie di Masinissa.
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Factis nuptiis supervenit Laelius et adeo non dissimulavit improbare se factum ut primo etiam cum Syphace et ceteris captivis detractam eam <lecto> geniali mittere ad Scipionem conatus sit. Una volta celebrate le nozze(Factis nuptiis) giunse Lelio e non dissimulò di disapprovare (se improbare: infinitiva con se (=se stesso) come soggetto) ciò che era stato fatto, al punto che (adeo ut) in un primo tempo cercò (conatus sit: 3^ sing. ind. perf. da conor,aris…) anche di mandare ella (eam), sottratta con nozze familiari (lecto geniali), a Scipione assieme a Siface e agli altri prigionieri.
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Victus deinde precibus Masinissae orantis ut arbitrium utrius regum duorum fortunae accessio Sophoniba esset ad Scipionem reiceret, Vinto quindi dalle preghiere di Masinissa che (lo) supplicava affinché (Masinissae orantis ut) rimettesse(reiceret) a Scipone la decisione della/sulla sorte (arbitrium fortunae) di quale dei due (utrius: gen. di uter: quale tra due?) re (utrius regum duorum) dovesse ottenere il possesso di Sofonisba (accessio Sophoniba esset: letter., (…sulla sorte di quale dei due re) Sofonisba fosse l’arricchimento),
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misso Syphace et captivis ceteras urbes Numidiae quae praesidiis regiis tenebantur adiuvante Masinissa recipit. essendo stato mandato (a Scipione…) Siface e i prigionieri, riconquistò le restanti città della Numidia che erano tenute da presidi regi con l’aiuto di Masinissa (Masinissa adiuvante: letter., Masinissa aiutante).
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