VIRGILIO - Didone maledice Enea che abbandona Cartagine
(ENEIDE-LIBRO IV; vv. 584-705)
Nel Canto IV dell’Eneide si narra la triste vicenda dell’amore di Didone, regina di Cartagine, per Enea, profugo troiano a causa della guerra che ha devastato e cancellato la potente città dardania (e il suo stesso popolo), nonché futuro fondatore di Roma.In questo canto, come e più che altrove, Virgilio dà prova della sua grande sensibilità umana e della sua profonda capacità di introspezione psicologica, descrivendo l’animo tormentato di una donna disperatamente innamorata, che vede respingere il proprio amore.Allo stesso tempo tuttavia, l’Eneide costituisce anche un tentativo di fondazione mitologica della storia e della grandezza di Roma, una potenza che proprio in quegli anni si avviava a divenire, anche istituzionalmente, un Impero (il primo conosciuto dalla parte occidentale del mondo mediterraneo) e a ricalcare così le orme dei grandi e gloriosi imperi asiatici (ad esempio, quello persiano) – ragione per la quale molto sentito era il bisogno di dare un fondamento storico-ideologico al ruolo di potenza “mondiale” che essa sempre più chiaramente andava acquisendo.Una delle caratteristiche essenziali e uno degli elementi di più profonda novità dell’Eneide, senza dubbio la più grande opera poetica della letteratura latina, fu appunto questa capacità di far coesistere armonicamente una grande profondità e finezza psicologica nella descrizione dei personaggi con una grandiosa visione storica d’insieme, che collocava il presente (ovvero, la neonata Roma imperiale) alla fine di un processo di lunghissima durata, di cui scandagliava (poeticamente ma anche razionalmente) le fasi iniziali. Un atteggiamento questo, che anticipa – secondo me – uno degli impulsi più profondi e radicati della filosofia e del pensiero moderni (Vico, Hegel, Marx…), quello storicistico.
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In questo brano, vediamo Didone che, accoratasi della partenza di Enea con le sue flotte, e in preda alla disperazione sentendosi tradita, lancia una tremenda maledizione contro lui e la sua discendenza, decretando così l'eterna rivalità tra il popolo dardanio (poi romano) e quello punico o cartaginese.(Consiglio di leggere l’Eneide, ove possibile, in latino e non in traduzione, perché purtroppo, per quanto ben fatta, quest’ultima non può che togliere valore al testo originale, impoverendone fortemente la capacità di suggestione poetica!)
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ENEIDE (IV; vv. 584-705)
Testo latino:
Et iam prima novo spargebat lumine terras
585 Tithoni croceum linquens Aurora cubile.
Regina e speculis ut primum albescere lucem
vidit, et aequatis classem procedere velis,
litoraque et vacuos sensit sine remige portus,
terque quaterque manu pectus percussa decorum,
590 flaventesque abscissa comas, 'Pro Iuppiter, ibit
hic' ait 'et nostris inluserit advena regnis?
Non arma expedient, totaque ex urbe sequentur,
deripientque rates alii navalibus? Ite,
ferte citi flammas, date vela, impellite remos! --
595 Quid loquor, aut ubi sum? Quae mentem insania mutat?
Infelix Dido, nunc te facta impia tangunt.
Tum decuit, cum sceptra dabas. -- En dextra fidesque,
quem secum patrios aiunt portare Penates,
quem subiisse umeris confectum aetate parentem!
600 Non potui abreptum divellere corpus, et undis
spargere? Non socios, non ipsum absumere ferro
Ascanium, patriisque epulandum ponere mensis? --
Verum anceps pugnae fuerat fortuna: -- fuisset.
Quem metui moritura? Faces in castra tulissem,
605 implessemque foros flammis, natumque patremque
cum genere extinxem, memet super ipsa dedissem.
'Sol, qui terrarum flammis opera omnia lustras,
tuque harum interpres curarum et conscia Iuno,
nocturnisque Hecate triviis ululata per urbes,
610 et Dirae ultrices, et di morientis Elissae,
accipite haec, meritumque malis advertite numen,
et nostras audite preces. Si tangere portus
infandum caput ac terris adnare necesse est,
et sic fata Iovis poscunt, hic terminus haeret:
615 at bello audacis populi vexatus et armis,
finibus extorris, complexu avulsus Iuli,
auxilium imploret, videatque indigna suorum
funera; nec, cum se sub leges pacis iniquae
tradiderit, regno aut optata luce fruatur,
620 sed cadat ante diem, mediaque inhumatus harena.
Haec precor, hanc vocem extremam cum sanguine fundo.
Tum vos, o Tyrii, stirpem et genus omne futurum
exercete odiis, cinerique haec mittite nostro
munera. Nullus amor populis, nec foedera sunto.
625 Exoriare aliquis nostris ex ossibus ultor,
qui face Dardanios ferroque sequare colonos,
nunc, olim, quocumque dabunt se tempore vires.
Litora litoribus contraria, fluctibus undas
imprecor, arma armis; pugnent ipsique nepotesque.'
630 Haec ait, et partis animum versabat in omnis,
invisam quaerens quam primum abrumpere lucem.
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Traduzione letteraria:
MALEDIZIONE CONTRO ENEA (4.584- 629)
E gia la prima Aurora lasciando giaciglio di croco di Titone spruzzava le terre di nuova luce. La regina dalle vedette come vide biancheggiare la prima luce e la flotta procedere a vele spiegate, e s'accorse dei lidi e dei porti vuoti senza un rematore, percuotendo il bel petto con la mano e tre e quattro volte e sciolta nelle biondeggianti chiome " Oh Giove. Andrà costui, dice, e lo straniero si befferà dei nostri regni? Gli altri non prenderanno le armi e inseguiranno da tutta la città e strapperanno le barche dagli arsenali? Andate, rapidi portate fiamme, date armi, spingete i remi. Che dico? O dove sono? Che pazzia cambia lla mente? Infelice Didone, ora fatti sacrileghi ti colpiscono? Allora andò bene, quando davi lo scettro. Ecco destra e lealtà, quello che dicono portare con sé i sacri penati, che dicono aver sostenuto sulle spalle il padre logorato dall'età. Non ho potuto strappare il corpo maciullato e spargerlo sulle onde? Non branare i compagni, lo stesso Ascanio con la spada e metterlo da mangiare sulle mense paterne? Davvero era dubbia la sorte della battaglia. Lo fosse stata: chi temetti, destinata a morire? Avrei portato le fiamme nell'accampamento, riempito di fuochi le tolde, estinto il figlio ed il padre con la stirpe, e posto me stessa su quelli. Sole, che illumini di raggi tutte le opere delle terre, tu pure mediatrice e consapevole di questi affanni, Ecate ululata nelle città nei trivi notturni e Dire vendicatrici e dei della morente Elissa, accettate questo, volgete ai malvagi la giusta vendetta e ascoltate le nostre preghiere. Se è necessario cle l'infame persona tocchi i porti e navighi su terre e così chiedono i fati di Giove, questo traguardo è fisso, però oppresso dalla guerra d'un popolo fiero e dalle armi, esule dai territori, strappato dall'abbraccio di Iulo implori aiuto e veda le indegne morti dei suoi; né, consegnatosi sotto leggi di iniqua pace, goda del regno o della luce desiderata, ma cada prima del tempo ed insepolto in mezzo alla sabbia. Questo prego, verso questa ultima frase col sangue. Poi, voi, o Tirii, trattate con odio la stirpe e tutto il popolo futuro, ed inviate alla nostra cenere questi regali. Per i popoli non ci siano alcun amore e patti. Sorgi tu, un vendicatore, dalle nostre ossa sì, insegui i coloni dardanii col ferro e col fuoco, ora, dopo, in qualunque tempo si daranno le forze. Prego lidi opposti a lidi, onde a flutti, armi ad armi: combattano sia loro, sia i nipoti."
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Traduzione letterale:
E già l’Aurora nascente inondava la terra di nuova luce, v. 585 lasciando il letto dorato di Titone.La regina non appena dall’alta rocca vide albeggiare la prima luce e la flotta procedere a vele spiegate e si accorse che le coste e i porti erano vuoti, privi di rematori, per tre e quattro volte percuotendosi il bel petto con la mano v. 590 e strappandosi i biondi capelli, disse: “Per Giove! Se ne andràdunque questo straniero (advena) [dopo che] ha deriso il mio regno? non appresteranno le armi e accorreranno da tutta la città e trarranno altri le navi fuori dagli arsenali? Andate, portate veloci le fiamme, distribuite le armi, fate forza sui remi! v. 595 Che cosa dico o dove sono? Quale pazzia mi sconvolge la mente?Sventurata Didone, adesso ti preoccupano le [tue] empie azioni? Allora sarebbe convenuto, quando gli affidavi lo scettro (lett. scettri). Ecco la lealtà della sua destra (= promessa)! ecco quello che dicono abbia portato con se i patrii penati, che si sia caricato sulle spalle il padre sfinito per l’età! v. 600 Non avrei potuto forse afferrare il corpo dopo averlo dilaniato egettarlo fra le onde? Non [avrei potuto] dilaniare col ferro i compagni, e lo stesso Ascanio e servirlo da mangiare alla mensa del padre (lett. alle mense patrie)? Certo l’esito della battaglia sarebbe stato incerto. E lo fosse stato pure: chi avrei dovuto temere, io destinata a morire? Avrei portato i fuochi negli accampamenti [navali] v. 605 e avrei riempito le tolde con le fiamme e avrei annientato il figlio e il padrecon la stirpe, e avrei gettato me stessa su quel [rogo]. O sole, che illumini con i tuoi raggi tutte le attività della terra (lett. delle terre), e tu Giunone, mediatrice e consapevole di questi affanni ed Ecate, invocata nei trivi di notte per le città, v. 610 e Furie vendicatrici e dei di Elissa che muore,accogliete queste [parole] e volgete la vostra giusta potenza contro i malvagi / contro i mali e ascoltate le mie preghiere. Se è inevitabile che quell’essere infame (infandum caput) tocchi i porti e raggiunga le terre e così comandano i fati di Giove, questa meta è immutabile: v. 615 ma, tormentato dalla guerra e dalle armi di un popolo superbo,profugo dalle sue terre, privato dell’abbraccio di Iulo, implori aiuto e veda l’ignominiosa strage (lett. indegni funerali) dei suoi; né, quando si sarà sottoposto agli accordi di una pace umiliante, goda del regno o dell’amabile luce, v. 620 ma cada prima del tempo e [giaccia] insepolto in mezzo alla sabbia.Questo prego, questa ultima preghiera verso con il mio sangue. E poi voi, o Tirii, perseguitate con l’odio la stirpe e tutta la discendenza futura e inviate questi doni alle mie ceneri. Non ci sia nessuna concordia, né patti, tra i popoli. v. 625 Sorgi dalle mie ossa, chiunque tu sia, o vendicatore,e perseguita con il ferro e col fuoco i coloni dardanii, ora, in futuro, in qualunque tempo se ne offriranno le forze. Io prego che le sponde [siano] in guerra con le sponde, le onde con le onde, le armi con le armi: combattano loro e i loro discendenti”.
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Spiegazione del brano:
Et iam prima novo spargebat lumine terras E GIÀ LA PRIMA AURORA (Et iam prima Aurora) CON UNA NUOVA LUCE COSPARGEVA LE TERRE (novo spargebat lumine terras)
585 Tithoni croceum linquens Aurora cubile. LASCIANDO (Aurora... linquens) IL GIALLO/DORATO (croceum) LETTO DI TITONE (cubile Tithoni).
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Regina e speculis ut primum albescere lucem LA REGINA DALLE ALTURE (Regina e speculis), COME/APPENA (ut primum) SORGERE LA LUCE (albescere lucem)
vidit, et aequatis classem procedere velis, VIDE, E CON VELE ALLINEATE LA FLOTTA (VIDE...) PROCEDERE (vidit, et aequatis velis classem procedere),
litoraque et vacuos sensit sine remige portus, E LE SPIAGGE E I PORTI VUOTI SENTÌ SENZA UN REMATORE (litoraque et vacuos portus sensit sine remige),
terque quaterque manu pectus percussa decorum,
TRE QUATTRO VOLTE CON LA MANO (terque quaterque manu) PERCOSSA(SI) (percussa: nom. part. perf. pass. di percutio,is...; riferito al sogg., Regina) NEL PETTO (pectus: acc. di relazione; pectus,oris: neutro) DEGLI ORNAMENTI/RICCAMENTE ORNATO (decorum),
590 flaventesque abscissa comas, 'Pro Iuppiter, ibit E NELLE CHIOME FLUENTI (flaventesque comas: acc. di relazione) SQUARCIATA(SI) (abscissa: nom. part. perf. pass. di abscindo,is), “PER GIOVE, ANDRÀ ('Pro Iuppiter, ibit)
hic' ait 'et nostris inluserit advena regnis? COSTUI (hic')”DISSE (ait) “ E AVRÀ GIOCATO ('et inluserit->futuro perfetto da inludo,is...: gioco), STRANIERO, (advena) COI NOSTRI REGNI/CON IL NOSTRO POTERE REGALE (nostris regnis)?
Non arma expedient, totaque ex urbe sequentur, NON SCIOGLIERANNO/ESTRARRANNO LE ARMI (Non arma expedient), E DA TUTTA LA CITTÀ (LO...) SEGUIRANNO (totaque ex urbe sequentur),
deripientque rates alii navalibus? Ite, E (NON...) STRAPPERANNO/ESTRARRANNO LE NAVI ALTRI DAGLI ARSENALI (deripientque rates alii navalibus)? ANDATE (Ite),
ferte citi flammas, date vela, impellite remos! -- PORTATE VELOCI LE FIAMME/IL FUOCO//DATE FUOCO, SPIEGATE LE VELE, SPINGETE I REMI (ferte citi flammas, date vela, impellite remos)!
595 Quid loquor, aut ubi sum? Quae mentem insania mutat? COSA DICO, O DOVE SONO? QUALE FOLLIA MUTA LA (MIA...) MENTE? (Quid loquor, aut ubi sum? Quae insania mentem mutat?)
Infelix Dido, nunc te facta impia tangunt. INFELICE DIDONE, ORA TI TOCCANO/TURBANO LE (TUE...) AZIONI EMPIE? (Infelix Dido, nunc tangunt te facta impia.)
Tum decuit, cum sceptra dabas. -- En dextra fidesque, ALLORA ERA OPPORTUNO (PREOCCUARSI...) (Tum decurti: perf. indic. da decet: è necessario), QUANDO GLI SCETTRI/IL POTERE (GLI...: A ENEA) DAVI (cum sceptra dabas). ECCO (En) LA DESTRA E LA FEDE/LA FEDELTÀ (dextra fidesque) (DI COLUI...: eius),
quem secum patrios aiunt portare Penates, CHE/IL QUALE DICONO CHE PORTA CON SE I PATRI PENATI/ANTENATI (quem aiunt portare secum patrios Penates).
quem subiisse umeris confectum aetate parentem! CHE/IL QUALE (DICONO...) AVERE CARICATO SULLE SPALLE IL PADRE (quem subiisse umeris parentem) SPOSSATO DALL’ETÀ (confectum aetate)!
600 Non potui abreptum divellere corpus, et undis NON POTEVO FARE A PEZZI IL CORPO (DI ENEA...) DOPO AVERLO RAPITO (Non potui divellere corpus abreptum), E TRA LE ONDE (et undis)
spargere? Non socios, non ipsum absumere ferro SPARGER(LO) (spargere)? NON I COMPAGNI (Non socios), NON (POTEVO/DOVEVO/AVREI DOVUTO...) DISTRUGGERE COL FERRO (non absumere ferro) LO STESSO (ipsum)
Ascanium, patriisque epulandum ponere mensis? -- ASCANIO (Ascanium), E ALLE PATRIE MENSE PORRE (LUI...) (patriisque mensis ponere) DA MANGIARE (epulandum)?
Verum anceps pugnae fuerat: -- fuisset. INVERO BIFRONTE/PARTA/INCERTA (Verum anceps) ERA STATA/SAREBBE STATA (fuerat: piuccheperf. indic. da sum) LA FORTUNA/SORTE DELLA BATTAGLIA (fortuna pugnae): E CHE LO FOSSE (STATA)! (fuisset: piuccheperf. cong.. da sum, con valore concessivo)
Quem metui moritura? Faces in castra tulissem, CHI TEMEVO/AVREI TEMUTO (IO...) CHE STAVO PER MORIRE (Quem metui moritura)? I FUOCHI NEGLI ACCAMPAMENTI AVREI PORTATO/ AVESSI PORTATO (Faces in castra tulissem->il piuccheperf. cong. può essere interpretato come l’apodosi di una protasi sottint.: “ se avessi agito così...”; o con una sfumatura volitiva, di rimpianto).
605 implessemque foros flammis, natumque patremque E AVREI RIEMPITO (implessemque=implevissem: piuccheperf. cong. di impleo,es...) LE PIAZZE CON LE FIAMME (foros flammis), E IL FIGLIO E IL PADRE (natumque patremque)
cum genere extinxem, memet super ipsa dedissem. CON LA STIRPE AVREI ESTINTO (cum genere extinxem->extinxissem: piuccheperf. cong. di extinguo,is...), E ME STESSA (memet) SOPRA ESSA (=LA PIRA) AVREI DATO/POSTO (super ipsa dedissem).
'Sol, qui terrarum flammis opera omnia lustras, SOLE, CHE DELLE TERRE CON I (TUOI...) RAGGI L’OPERA/LE ATTIVITÀ TUTTE ILLUMINI, (Sol, qui terrarum flammis opera omnia lustras,)
tuque harum interpres curarum et conscia Iuno, E TU GIUNONE (tuque Iuno) TESTIMONE E CONSAPEVOLE DI QUESTE SOFFERENZE (interpres et conscia harum curarum),
nocturnisque Hecate triviis ululata per urbes, E ECATE NEI NOTTURNI INCROCI (nocturnisque Hecate triviis) CHIAMATA PER/NELLE CITTA' (ululata per urbes),
610 et Dirae ultrices, et di morientis Elissae, E FURIE VENDICATRICI, E DEI DELLA MORENTE ELISSA (=DIDONE) (et Dirae ultrices, et di(i) morientis Elissae),
accipite haec, meritumque malis advertite numen, ACCOGLIETE QUESTE (PAROLE...), E LA RICOMPENSA AI MALI (CHE SUBISCO...) MANDATE IN QUANTO NUME/NUMI/DEI (accipite haec, meritumque malis advertite numen->letter.: “nume, divinità” al singolare, ma si riferisce a tutti insieme gli dei invocati!),
et nostras audite preces. Si tangere portus E LE NOSTRE PREGHIERE (et nostras preces) ASCOLTATE (audite)! SE IL TOCCARE/CHE TOCCHI I PORTI (Si tangere portus)
infandum caput ac terris adnare necesse est, L’INFAME CAPO (=ENEA) (infandum caput) E A DELLE TERRE È NECESSARIO/DESTINO IL GIUNGERE PER MARE/CHE GIUNGA PER MARE (ac terris necesse est adnare),
et sic fata Iovis poscunt, hic terminus haeret: E (SE...) COSÌ I FATI DI GIOVE RICHIEDONO (et sic fata Iovis poscunt), QUESTO TERMINE/ESITO STA SALDO/SIA PURE (hic terminus haeret):
615 at bello audacis populi vexatus et armis, MA DALLA GUERRA E DALLE ARMI DI UN AUDACE POPOLO VESSATO (at bello et armis audacis populi vexatus),
finibus extorris, complexu avulsus Iuli, DAI CONFINI (PATRII...) BANDITO/PROFUGO (finibus extorris), STRAPPATO ALL’ABBRACCIO DI IULO (avulsus complexu Iuli; avulsus: part. perf. pass. di avello,is, avulsi, avulsus, ere: strappare),
auxilium imploret, videatque indigna suorum UN AIUTO IMPLORI (auxilium imploret), E VEDA INGIUSTE DEI SUOI (CARI...) (videatque indigna suorum)
funera; nec, cum se sub leges pacis iniquae LE MORTI; NÉ, DOPO CHE SE STESSO SOTTO LEGGI DI PACE INIQUE (funera; nec, cum se sub leges pacis iniquae)
tradiderit, regno aut optata luce fruatur, ABBIA consegnato (tradiderit: perf. cong. di trado,is...), DI UN REGNO O DELLA DESIDERATA LUCE/VITA FRUISCA (regno aut optata luce fruatur),
620 sed cadat ante diem, mediaque inhumatus harena. MA CADA/MUOIA (sed cadat) PRIMA DEL TEMPO (ante diem), E IN MEZZO ALLA SABBIA INSEPOLTO ((in) mediaque harena inhumatus).
Haec precor, hanc vocem extremam cum sanguine fundo. QUESTE COSE IMPLORO (Haec precor), QUESTA VOCE ESTREMA/ULTIMA CON IL SANGUE LASCIO CADERE (hanc vocem extremam cum sanguine fundo).
Tum vos, o Tyrii, stirpem et genus omne futurum INFINE VOI, O TIRII, LA STIRE E IL GENERE TUTTO FUTURO (Tum vos, o Tyrii, stirpem et genus omne futurum)
exercete odiis, cinerique haec mittite nostro PERSEGUITATE CON GLI ODII/L’ODIO (exercete odiis), E AL NOSTRO CENERE (cinerique nostro) MANDATE (mittite) QUESTI (haec)
munera. Nullus amor populis, nec foedera sunto. DONI. (munera) NESSUN AMORE TRA I (DUE...) POPOLI, NÉ PATTI VI SIANO (Nullus amor populis, nec foedera sunto->2^ plur. imperat. fut. di sum)
625 Exoriare aliquis nostris ex ossibus ultor, SORGA QUALCUNO (Exoriare (=Exoriaris: cong. pres. di exorior,aris...) aliquis) VENDICATORE (ultor) DALLE NOSTRE OSSA (ex nostris ossibus),
qui face Dardanios ferroque sequare colonos, CHE CON IL FUOCO E CON IL FERRO (qui face ferroque) PERSEGUITI (sequare=sequaris) I COLONI Dardani (colonos Dardanios),
nunc, olim, quocumque dabunt se tempore vires. ORA, IN FUTURO, IN QUALSIASI TEMPO (nunc, olim, quocumque tempore) LE FORZE (vires) SI DARANNO/SARANNO SUFFICIENTI (dabunt se).
Litora litoribus contraria, fluctibus undas LE SPIAGGE ALLE SPIAGGE CONTRARIE, AI FLUTTI/ALLE ONDE LE ONDE, (Litora litoribus contraria, fluctibus undas)
imprecor, arma armis; pugnent ipsique nepotesque.' IMPLORO, LE ARMI ALLE ARMI; COMBATTANO SIA ESSI SIA I NIPOTI/DISCENDENTI”( imprecor, arma armis; pugnent ipsique nepotesque.)
630 Haec ait, et partis animum versabat in omnis, QUESTE COSE DISSE (Haec ait), E L’ANIMO VOLGEVA (et animum versabat) A TUTTI I PARTITI/PENSIERI (in omnis(=omnes) partis (=partes)),
invisam quaerens quam primum abrumpere lucem.
DESIDERANDO QUANTO PRIMA (quaerens quam primum) DI INTERROMERE LA LUCE/VITA ODIATA (abrumpere lucem invisam).
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