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Immagine del redattoreAdriano Torricelli

IL SOGNO DEL GIOVANE LUCIANO: LA STATUARIA CONTRO LA RETORICA! (Luciano di Samosata; Il sogno)

Aggiornamento: 2 mar 2019

Περὶ τοῦ Ἐνυπνίου ἤτοι Βίος Λουκιανοῦ - Somnium sive Vita Luciani - Il sogno o la vita di Luciano; 5-7…



Introduzione:


Luciano di Samosata fu un famoso umorista greco del II sec. d. C.

In questo scritto: “Il sogno” egli rievoca l’evento della fanciullezza che lo portò a decidere di intraprendere la carriera di oratore e scrittore, anziché quella (tipica della sua famiglia) di scultore. Dopo una prima giornata di lavoro come garzone e apprendista presso lo zio scultore, che lo aveva introdotto alla sua arte a suon di insulti e nerbate, Luciano ebbe un sogno in cui due donne gli si paravano davanti: una era bella e nobile, l’altra brutta e androgina, una elegante, l’altra plebea… erano rispettivamente la scrittura (l’oratoria) e la scultura. Ognuna di esse decantava a Luciano le proprie qualità, per convincerlo a seguirla; ma la scultura non aveva in realtà altro che difetti: era brutta, mascolina e sgraziata, dura, ecc. Non poteva che mostrare la propria probità e la propria miseria, caratteri tipici di tutti coloro che si dedicano ai mestieri di fatica, ingrati e non riconosciuti da nessuno. La scrittura invece, oltre che più bella e affascinante, poteva anticipare a Luciano i vantaggi che il seguirla si sarebbe portato dietro: fama, prestigio, ricchezza, agi…

Inutile dire che Luciano scelse quest’ultima e divenne il grande scrittore che ancora oggi tutti conosciamo!

Il brano è interessante anche perché ci mostra il disprezzo che nel mondo antico caratterizzava i lavori manuali (quale appunto quello degli scultori) colpevoli secondo tale mentalità di ottundere la mente e sfigurare il corpo (la Scultura dice a Luciano: “se mi seguirai, avrai spalle forti”… vale a dire, sarai sviluppato in alto ma rachitico e deforme in basso…) e l’apprezzamento di cui godevano invece quelli intellettuali, in particolare l’oratoria (che dava prestigio e gloria, in quanto attività politica e pubblica!)

Infine, può essere interessante il confronto con un altro brano, di Senofonte, in cui il giovane Ercole viene avvicinato da altre due donne: la virtù e il vizio. Il brano lo potete trovare qui: https://adrianorapportini.wixsite.com/latino-greco/blog/senofonte-eracle-al-bivio-dai-memorabili-2-1-colloquio-con-aret%C3%A9 ; https://adrianorapportini.wixsite.com/latino-greco/blog/senofonte-eracle-al-bivio



Prospetto delle opere di Luciano di Samosata:

https://it.wikipedia.org/wiki/Opere_di_Luciano_di_Samosata




Ercole (o Luciano?!) al bivio...

TESTO:


(Luc. - Somnium; 5…)


[5] μέχρι μὲν δὴ τούτων γελάσιμα καὶ μειρακιώδη τὰ εἰρημένα: τὰ μετὰ ταῦτα δὲ οὐκέτι εὐκαταφρόνητα, ὦ ἄνδρες, ἀκούσεσθε, ἀλλὰ καὶ πάνυ φιληκόων ἀκροατῶν δεόμενα: ἵνα γὰρ καθ᾽ Ὅμηρον εἴπω, θεῖός μοι ἐνύπνιον ἦλθεν ὄνειρος ἀμβροσίην διὰ νύκτα, ἐναργὴς οὕτως ὥστε μηδὲν ἀπολείπεσθαι τῆς ἀληθείας. ἔτι γοῦν καὶ μετὰ τοσοῦτον χρόνον τὰ τε σχήματά μοι τῶν φανέντων ἐν τοῖς ὀφθαλμοῖς παραμένει καὶ ἡ φωνὴ τῶν ἀκουσθέντων ἔναυλος: οὕτω σαφῆ πάντα ἦν. [6] δύο γυναῖκες λαβόμεναι ταῖν χεροῖν εἷλκόν με πρὸς ἑαυτὴν ἑκατέρα μάλα βιαίως καὶ καρτερῶς: μικροῦ γοῦν με διεσπάσαντο πρὸς ἀλλήλας φιλοτιμούμεναι: καὶ γὰρ καὶ ἄρτι μὲν ἂν ἡ ἑτέρα ἐπεκράτει καὶ παρὰ μικρὸν ὅλον εἶχέ με, ἄρτι δ᾽ ἂν αὖθις ὑπὸ τῆς ἑτέρας εἰχόμην. ἐβόων δὲ πρὸς ἀλλήλας ἑκατέρα, ἡ μὲν ὡς αὐτῆς ὄντα με κεκτῆσθαι βούλοιτο, ἡ δὲ ὡς μάτην τῶν ἀλλοτρίων ἀντιποιοῖτο. ἦν δὲ ἡ μὲν ἐργατικὴ καὶ ἀνδρικὴ καὶ αὐχμηρὰ τὴν κόμην, τὼ χεῖρε τύλων ἀνάπλεως, διεζωσμένη τὴν ἐσθῆτα, τιτάνου [p. 220] καταγέμουσα, οἷος ἦν ὁ θεῖος ὁπότε ξέοι τοὺς λίθους: ἡ ἑτέρα δὲ μάλα εὐπρόσωπος καὶ τὸ σχῆμα εὐπρεπὴς καὶ κόσμιος τὴν ἀναβολήν. τέλος δὲ οὖν ἐφιᾶσί μοι δικάζειν ὁποτέρᾳ βουλοίμην συνεῖναι αὐτῶν. προτέρα δὲ ἡ σκληρὰ ἐκείνη καὶ ἀνδρώδης ἔλεξεν [7] ‘ ἐγώ, φίλε παῖ, Ἑρμογλυφική τέχνη εἰμί, ἣν χθὲς ἤρξω μανθάνειν, οἰκεία τέ σοι καὶ συγγενὴς οἴκοθεν ^ ὅ τε γὰρ πάππος σου —’ εἰποῦσα τοὔνομα τοῦ μητροπάτορος — ‘ λιθοξόος ἦν καὶ τὼ θείω ἀμφοτέρω καὶ μάλα εὐδοκιμεῖτον δι᾽ ἡμᾶς. εἰ δ᾽ ἐθέλεις λήρων μὲν καὶ φληνάφων τῶν παρὰ ταύτης ἀπέχεσθαι,’ : — δείξασα τὴν ἑτέραν — ‘ ἕπεσθαι δὲ καὶ συνοικεῖν ἐμοί, πρῶτα μὲν θρέψῃ γεννικῶς καὶ τοὺς ὤμους ἕξεις καρτερούς, φθόνου δὲ παντὸς ἀλλότριος ἔσῃ: καὶ οὔποτε ἄπει ἐπὶ τὴν ἀλλοδαπήν, τὴν πατρίδα, καὶ τοὺς οἰκείους καταλιπών, οὐδὲ ἐπὶ λόγοις . . ἐπαινέσονταί σε πάντες. ’ [8] ‘ μὴ μυσαχθῇς δὲ τοῦ σχήματος τὸ εὐτελὲς μηδὲ τῆς ἐσθῆτος τὸ πιναρὸν. ἀπὸ γὰρ τοιούτων ὁρμώμενος καὶ Φειδίας ἐκεῖνος ἔδειξε τὸν Δία καὶ Πολύκλειτος τὴν Ἥραν εἰργάσατο καὶ Μύρων ἐπῃνέθη καὶ Πραξιτέλης ἐθαυμάσθη. προσκυνοῦνται γοῦν οὗτοι μετὰ τῶν θεῶν. εἰ δὴ τούτων εἷς γένοιο, πῶς μὲν οὐ κλεινὸς αὐτὸς παρὰ πᾶσιν ἀνθρώποις ἔσῃ,^ ζηλωτὸν δὲ καὶ τὸν πατέρα [p. 222] ἀποδείξεις, περίβλεπτον δὲ ἀποφανεῖς καὶ τὴν πατρίδα;’ Ταῦτα καὶ ἔτι τούτων πλείονα διαπταίουσα καὶ βαρβαρίζουσα πάμπολλα εἶπεν ἡ Τέχνη, μάλα δὴ σπουδῇ συνείρουσα καὶ πείθειν με πειρωμένη: ἀλλ᾽ οὐκέτι μέμνημαι: τὰ πλεῖστα γὰρ ἤδη μου τὴν μνήμην διέφυγεν. ἐπεὶ δ᾽ οὖν ἐπαύσατο, ἄρχεται ἡ ἑτέρα ὧδέ πως: [9] " ἐγὼ δέ, ὦ τέκνον, Παιδεία εἰμὶ ἤδη συνήθης σοι καὶ γνωρίμη, εἰ καὶ μηδέπω εἰς τέλος μου πεπείρασαι. ἡλίκα μὲν οὖν τὰ ἀγαθὰ ποριῇ λιθοξόος γενόμενος, αὕτη προείρηκεν: οὐδὲν γὰρ ὅτι μὴ ἐργάτης ἔσῃ τῷ σώματι πονῶν κἀν τούτῳ τὴν ἅπασαν ἐλπίδα τοῦ βίου τεθειμένος, ἀφανὴς μὲν αὐτὸς ὤν, ὀλίγα καὶ ἀγεννῆ λαμβάνων, ταπεινὸς τὴν γνώμην, εὐτελὴς δὲ τὴν πρόοδον, οὔτε φίλοις ἐπιδικάσιμος οὔτε ἐχθροῖς φοβερὸς οὔτε τοῖς πολίταις ζηλωτός, ἀλλ᾽ αὐτὸ μόνον ἐργάτης καὶ τῶν ἐκ τοῦ πολλοῦ δήμου εἷς, ἀεὶ τὸν προὔχοντα ὑποπτήσσων καὶ τὸν λέγειν δυνάμενον θεραπεύων, λαγὼ βίον ζῶν καὶ τοῦ κρείττονος ἕρμαιον ὤν: εἰ δὲ καὶ Φειδίας ἢ Πολύκλειτος γένοιο καὶ πολλὰ θαυμαστὰ ἐξεργάσαιο. τὴν μὲν τέχνην ἅπαντες ἐπαινέσονται, οὐκ ἔστι δὲ ὅστις τῶν ἰδόντων, εἰ νοῦν ἔχοι, εὔξαιτ᾽ ἂν σοὶ ὅμοιος γενέσθαι: οἷος γὰρ ἂν ᾖς, βάναυσος καὶ χειρῶναξ καὶ ἀποχειροβίωτος νομισθήσῃ. [10] ἢν δ᾽ ἐμοὶ πείθῃ, πρῶτον μέν σοι πολλὰ ἐπιδείξω παλαιῶν ἀνδρῶν ἔργα καὶ πράξεις θαυμαστὰς. [p. 224] καὶ λόγους αὐτῶν ἀπαγγελῶ, καὶ πάντων ὡς εἰπεῖν ἔμπειρον ἀποφανῶ, καὶ τὴν ψυχήν, ὅπερ σοι κυριώτατόν ἐστι, κατακοσμήσω πολλοῖς καὶ ἀγαθοῖς κοσμήμασι — σωφροσύνῃ, δικαιοσύνῃ, εὐσεβείᾳ, πρᾳότητι, ἐπιεικείᾳ, συνέσει, καρτερίᾳ, τῷ τῶν καλῶν ἔρωτι, τῇ πρὸς τὰ σεμνότατα ὁρμῇ: ταῦτα γάρ ἐστιν ὁ τῆς ψυχῆς ἀκήρατος ὡς ἀληθῶς κόσμος. λήσει δέ σε οὔτε παλαιὸν οὐδὲν οὔτε νῦν γενέσθαι δέον, ἀλλὰ καὶ τὰ μέλλοντα προόψει μετ᾽ ἐμοῦ, καὶ ὅλως ἅπαντα ὁπόσα ἐστί, τά τε θεῖα τὰ τ᾽ ἀνθρώπινα, οὐκ εἰς μακρὰν σε διδάξομαι. ’’


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OPERA INTERA TRADOTTA DA SETTEMBRINI:



Traduzione relativa a questo brano:


[5] Finora v’ho detto cose da ridere e fanciullate: ma ora verrà il buono, che è da udire attentamente. Imperocchè per dirvela con Omero

... Divino a me veniva un sognoNella dolcezza della notte,

e così chiaro che non differiva punto dal vero: e infatti anche dopo tanto tempo, le immagini che mi apparirono, mi stanno ancora innanzi agli occhi; e sento ancora il suono delle parole: tanta era la chiarezza.

[6] Due donne, presomi per le mani, mi tiravano ciascuna a sè con sì gran forza e violenza che per poco in quel tira tira non mi fecero in due pezzi: chè ora prevaleva una e mi teneva tutto a sè, ora venivo in potere dell’altra. Si bisticciavano e gridavano: Egli è mio, e me lo vo’ tenere. No, non è tuo, e non devi pigliarti l’altrui. L’una era un donnone, un’artigiana, coi capelli scomposti, le mani callose, la veste succinta, tutta impolverata, com’era lo zio quando scalpellava i marmi; l’altra di assai bell’aspetto, e composta, e ornatamente vestita. Infine lasciarono a me decidere con chi volessi andare. E prima quel duro donnone parlò in questa guisa:

[7] Io, o bimbo mio, sono l’arte della Scultura, che tu ieri cominciasti ad imparare; sono di casa tua, e tua parente; chè il tuo avo (e mi nominò il padre di mia madre) era scultore, e i tuoi zii amendue, ed ebbero fama per me. Se tu vuoi tenerti lontano dalle inezie e dai cicalecci di costei (additando l’altra), e venire e startene con me, io ti alleverò da uomo, e tu avrai braccia robuste; non sarai invidiato affatto, non anderai in paesi forestieri lasciando la patria e i congiunti, e non per chiacchiere, ma per opere sarai da tutti lodato.

[8] Nè ti dispiaccia l’umiltà della persona, e la sordidezza della veste, chè cominciando così Fidia fece il suo Giove, e Policleto formò la Giunone, e Mirone fu celebrato, e Prassitele fu ammirato, ed ora sono anche adorati coi loro iddii. Oh, se tu divenissi uno di costoro, che gloria avresti dagli uomini, quanto sarebbe invidiato tuo padre, che lustro daresti alla tua patria!

Queste cose e più di queste ancora balbettando e mezzo in barbaro mi disse l’Arte, raccozzandole con molto studio, e sforzandosi di persuadermi. Ma non me ne ricordo più, chè la maggior parte m’è uscita di mente. E quando ella cessò, l’altra così prese a dire:

[9] "Ed io, o figliuolo, sono l’Eloquenza, già tua amica e conoscente, quantunque tu non mi conosca bene a fondo. Quanti beni avrai diventando uno scultore, te l’ha detto costei: tu non sarai altro che un operaio, uno che lavora con la persona e in questa ripone ogni speranza della vita, un uomo oscuro, avente sottile e ignobile mercede, poca levatura di mente, nessun seguito nelle vie; non difensore degli amici nei giudizi, non terrore ai nemici, non invidiabile ai cittadini, ma soltanto un operaio, uno come tanti altri, sempre soggetto al potente, sempre a riverire chi sa parlare; vivrai la vita del lepre, e sarai boccone del più forte. E se pure divenissi un Fidia o un Policleto, e facessi molte opere stupende, l’arte loderebbero tutti, ma nessun uomo di senno che le vedesse, vorrebbe esser simile a te: chè per miracoli che tu facessi, saresti tenuto sempre un artefice, un manuale, uno che vive delle sue braccia.

[10] Ma se ti affidi a me, io primamente ti mostrerò molte opere degli antichi uomini, e i loro fatti maravigliosi, e recitandoti i loro scritti, ti farò, per così dire, conoscere tutte le cose. L’anima tua, che è sì nobil parte di te, io adornerò di molti e belli ornamenti: la temperanza, la giustizia, la pietà, la mansuetudine, la modestia, la prudenza, la costanza, l’amore del bello, il desiderio dell’onesto: chè questi sono i veri e incorruttibili ornamenti dell’anima. Non ti sfuggirà nulla del passato, nulla che al presente convien fare, e con me prevederai anche il futuro: insomma tosto io t’insegnerò tutte le cose divine e le umane.




TRADUZIONE E COMMENTO



[5] μέχρι μὲν δὴ τούτων γελάσιμα καὶ μειρακιώδη τὰ εἰρημένα: τὰ μετὰ ταῦτα δὲ οὐκέτι εὐκαταφρόνητα, ὦ ἄνδρες, ἀκούσεσθε, ἀλλὰ καὶ πάνυ φιληκόων ἀκροατῶν δεόμενα: ἵνα γὰρ καθ᾽ Ὅμηρον εἴπω, θεῖός μοι ἐνύπνιον ἦλθεν ὄνειρος ἀμβροσίην διὰ νύκτα, ἐναργὴς οὕτως ὥστε μηδὲν ἀπολείπεσθαι τῆς ἀληθείας. ἔτι γοῦν καὶ μετὰ τοσοῦτον χρόνον τὰ τε σχήματά μοι τῶν φανέντων ἐν τοῖς ὀφθαλμοῖς παραμένει καὶ ἡ φωνὴ τῶν ἀκουσθέντων ἔναυλος: οὕτω σαφῆ πάντα ἦν.

Ma le cose dette (τὰ εἰρημένα) fin qui (μέχρι τούτων) (sono, sottint.) risibili e fanciullesche; sentirete le cose successive (τὰ μετὰ ταῦτα) non più di poco conto, o signori, ma bisognose di ascoltatori molto curiosi; infatti per dirla con Omero (ἵνα γὰρ καθ᾽ Ὅμηρον εἴπω: letter., affinché parli come Omero): “dagli dei mi giunse una visione onirica (letter: in sogno (ἐνύπνιον: avverb.) mi giunse una visione divina (θεῖός μοι ἦλθεν ὄνειρος)) durante la notte divina, così palpabile (ἐναργὴς οὕτως) che non mancava nulla perché fosse vera (letter.: da (ὥστε) non mancare nulla della verità).” Ancora inoltre, anche in quel momento (μετὰ τοσοῦτον χρόνον), restavano salde le immagini delle cose (τὰ σχήματά παραμένει) che si manifestavano negli occhi e il suono flautato delle cose che udivo (τῶν ἀκουσθέντων: delle cose udite; part. passivo aoristo da ἀκούω: sento): così tutte le cose erano evidenti.


[6] δύο γυναῖκες λαβόμεναι ταῖν χεροῖν εἷλκόν με πρὸς ἑαυτὴν ἑκατέρα μάλα βιαίως καὶ καρτερῶς: μικροῦ γοῦν με διεσπάσαντο πρὸς ἀλλήλας φιλοτιμούμεναι: καὶ γὰρ καὶ ἄρτι μὲν ἂν ἡ ἑτέρα ἐπεκράτει καὶ παρὰ μικρὸν ὅλον εἶχέ με, ἄρτι δ᾽ ἂν αὖθις ὑπὸ τῆς ἑτέρας εἰχόμην. ἐβόων δὲ πρὸς ἀλλήλας ἑκατέρα, ἡ μὲν ὡς αὐτῆς ὄντα με κεκτῆσθαι βούλοιτο, ἡ δὲ ὡς μάτην τῶν ἀλλοτρίων ἀντιποιοῖτο. ἦν δὲ ἡ μὲν ἐργατικὴ καὶ ἀνδρικὴ καὶ αὐχμηρὰ τὴν κόμην, τὼ χεῖρε τύλων ἀνάπλεως, διεζωσμένη τὴν ἐσθῆτα, τιτάνου [p. 220] καταγέμουσα, οἷος ἦν ὁ θεῖος ὁπότε ξέοι τοὺς λίθους: ἡ ἑτέρα δὲ μάλα εὐπρόσωπος καὶ τὸ σχῆμα εὐπρεπὴς καὶ κόσμιος τὴν ἀναβολήν. τέλος δὲ οὖν ἐφιᾶσί μοι δικάζειν ὁποτέρᾳ βουλοίμην συνεῖναι αὐτῶν. προτέρα δὲ ἡ σκληρὰ ἐκείνη καὶ ἀνδρώδης ἔλεξεν…

Due donne dopo aver preso le (mie, sott.) mani (due mani…: ταῖν χεροῖν infatti è duale) mi tiravano ciascuna verso di sé con molta forza e energia (μάλα βιαίως καὶ καρτερῶς); per poco infatti gareggiando (non…) mi divisero verso l'una e l'altra (πρὸς ἀλλήλας); e infatti se anche l'una delle due prevaleva (ἂν ἡ ἑτέρα ἐπεκράτει) e per poco (παρὰ μικρὸν ὅλον: letter., per un piccolo tutto) mi trascinava a sé, di rimando (αὖθις) venivo ripreso dall'altra. Ciascuna urlava contro l'altra (πρὸς ἀλλήλας ἑκατέρα: l’una verso l’altra ciascuna), l'una come se volesse prendermi come fossi cosa sua (αὐτῆς ὄντα με: letter., me essendo di essa), l'altra come se inutilmente si contendesse le cose altrui. L'una era operosa e mascolina e scarmigliata nella chioma, piena di calli nelle mani (lett.: nella mano: τὼ χεῖρε), la veste cinta (διεζωσμένη τὴν ἐσθῆτα: letter., cinta quanto alla veste), coperta di gesso, come era lo zio quando levigava le pietre (οἷος ἦν ὁ θεῖος ὁπότε ξέοι τοὺς λίθους: quale-uguale era lo zio quando levigasse (ξέοι) le pietre); l'altra molto di bell'aspetto e ben fatta nella figura e armoniosa nel portamento (τὸ σχῆμα εὐπρεπὴς καὶ κόσμιος τὴν ἀναβολήν: due accusativi di argomento). Mi imponevano dunque (τέλος: lo scopo di…) (τέλος δὲ οὖν ἐφιᾶσί->3^ plur. indic. pres. da ἐφίημι: mando a… impongo) decidere (δικάζειν) con quale di esse (ὁποτέρᾳ αὐτῶν) volessi andare. Per prima parlò quella molesta e androgina...


[7] ‘ ἐγώ, φίλε παῖ, Ἑρμογλυφική τέχνη εἰμί, ἣν χθὲς ἤρξω μανθάνειν, οἰκεία τέ σοι καὶ συγγενὴς οἴκοθεν ^ ὅ τε γὰρ πάππος σου —’ εἰποῦσα τοὔνομα τοῦ μητροπάτορος — ‘ λιθοξόος ἦν καὶ τὼ θείω ἀμφοτέρω καὶ μάλα εὐδοκιμεῖτον δι᾽ ἡμᾶς. εἰ δ᾽ ἐθέλεις λήρων μὲν καὶ φληνάφων τῶν παρὰ ταύτης ἀπέχεσθαι,’ : — δείξασα τὴν ἑτέραν — ‘ ἕπεσθαι δὲ καὶ συνοικεῖν ἐμοί, πρῶτα μὲν θρέψῃ γεννικῶς καὶ τοὺς ὤμους ἕξεις καρτερούς, φθόνου δὲ παντὸς ἀλλότριος ἔσῃ: καὶ οὔποτε ἄπει ἐπὶ τὴν ἀλλοδαπήν, τὴν πατρίδα, καὶ τοὺς οἰκείους καταλιπών, οὐδὲ ἐπὶ λόγοις . . ἐπαινέσονταί σε πάντες. ’

"Io, caro ragazzo, sono la tecnica della Scultura, che ieri avresti potuto iniziare (ἤρξω: 2^ sing. cong. aoristo medio da ἄρχω, con valore potenziale) a imparare, a te familiare e a te congenita dalla famiglia; difatti tuo nonno" e disse (εἰποῦσα: letter., dicendo) il nome del padre di mia madre... "era uno scalpellino e anche a tuo zio molta stima pubblica è venuta da noi (εὐδοκιμεῖτον: aggettivo verbale da εὐδοκιμέω: ho buona fama; traduz. letterale: "il poter avere buona fama (fu) a tuo zio attraverso noi!"). Se vuoi star lontano dalle facezie e dalle cose poco serie di questa qui (τῶν παρὰ ταύτης)" e indicava (δείξασα: lett., indicando: partic. aor. da δείκνυμι: mostro) l'altra "(devi, sott.) dedicarti (ἕπεσθαι da ἕπω) e diventare familiare a me; in primo luogo da una parte ti manterrai (θρέψῃ: 2^ sing. fut. medio indic. da τρέφω: cresco, mi nutro) onorevolmente e avrai spalle forti, in secondo luogo sarai estraneo (ἀλλότριος ἔσῃ) a ogni invidia; e giammai sarai allontanato (ἄπει: letter., sei allontanato: 2^ sing. da ἄπειμι) in terra straniera (ἐπὶ τὴν ἀλλοδαπήν), dovendo lasciare la terra patria e i congiunti, né coi discorsi [...] Tutti ti loderanno.”


[8] ‘ μὴ μυσαχθῇς δὲ τοῦ σχήματος τὸ εὐτελὲς μηδὲ τῆς ἐσθῆτος τὸ πιναρὸν. ἀπὸ γὰρ τοιούτων ὁρμώμενος καὶ Φειδίας ἐκεῖνος ἔδειξε τὸν Δία καὶ Πολύκλειτος τὴν Ἥραν εἰργάσατο καὶ Μύρων ἐπῃνέθη καὶ Πραξιτέλης ἐθαυμάσθη. προσκυνοῦνται γοῦν οὗτοι μετὰ τῶν θεῶν. εἰ δὴ τούτων εἷς γένοιο, πῶς μὲν οὐ κλεινὸς αὐτὸς παρὰ πᾶσιν ἀνθρώποις ἔσῃ,^ ζηλωτὸν δὲ καὶ τὸν πατέρα [p. 222] ἀποδείξεις, περίβλεπτον δὲ ἀποφανεῖς καὶ τὴν πατρίδα;’ Ταῦτα καὶ ἔτι τούτων πλείονα διαπταίουσα καὶ βαρβαρίζουσα πάμπολλα εἶπεν ἡ Τέχνη, μάλα δὴ σπουδῇ συνείρουσα καὶ πείθειν με πειρωμένη: ἀλλ᾽ οὐκέτι μέμνημαι: τὰ πλεῖστα γὰρ ἤδη μου τὴν μνήμην διέφυγεν. ἐπεὶ δ᾽ οὖν ἐπαύσατο, ἄρχεται ἡ ἑτέρα ὧδέ πως:

"E che tu non disprezzi (μυσαχθῇς: 2^ sing. cong. aor. passivo, ma con valore attivo, del verbo deponente μυσάττομαι: sento ribrezzo) la modestia della figura (τοῦ σχήματος τὸ εὐτελὲς->ὐτελής,ὲς: modesto, agg. che qui ha valore di sostantivo: cosa modesta, modestia) e la povertà dell'abito (τῆς ἐσθῆτος τὸ πιναρὸν->idem come per εὐτελὲς). Difatti iniziando da tali cose anche Fidia ha raffigurato Zeus e Policleto ha eseguito Era e Mirone è stato elogiato (ἐπῃνέθη) e Policleto è stato oggetto di ammirazione. Questi infatti sono venerati come degli (=tra: μετὰ) dei. Se tu diventassi uno di questi, come potresti non essere (letter, come non sarai: πῶς οὐ ἔσῃ) tu stesso famoso presso tutti gli uomini, come potrai non (πῶς οὐ, sottint.) mostrare (lett., mostrerai) il padre (a te...) devoto, come potrai non (πῶς οὐ, sottint.) rendere (letter.: farai vedere, mostrerai: ἀποφανεῖς) la patria ammirata?" Queste e anche moltissime più cose di queste (καὶ ἔτι τούτων πλείονα πάμπολλα) disse la Tecnica (della scultura, sott.) interrompendosi e incespicando (διαπταίουσα καὶ βαρβαρίζουσα), esprimendosi con molto sforzo e cercando di convincermi; ma non ricordo più; la maggior parte (di tali cose, sott.) infatti già è sfuggita dalla mia memoria (ἤδη μου τὴν μνήμην διέφυγεν: già fuggì la mia memoria). Quando dunque ebbe finito (costei...), inizia l'altra così (ὧδέ πως):


[9] ‘‘ ἐγὼ δέ, ὦ τέκνον, Παιδεία εἰμὶ ἤδη συνήθης σοι καὶ γνωρίμη, εἰ καὶ μηδέπω εἰς τέλος μου πεπείρασαι. “Io, figlio, sono l'Educazione, già tua convivente (συνήθης) e conoscente, anche se non ti sei ancora cimentato con me (μηδέπω εἰς τέλος μου πεπείρασαι: letter., non ancora ti sei cimentato verso il mio fine).

ἡλίκα μὲν οὖν τὰ ἀγαθὰ ποριῇ λιθοξόος γενόμενος, αὕτη προείρηκεν: Quante cose belle ti procurerai (ποριῇ: 2^ sing. indic. futuro medio-pass. da πορίζω: guadagno) diventando uno scultore, (già...) te l'ha detto costei;

οὐδὲν γὰρ ὅτι μὴ ἐργάτης ἔσῃ τῷ σώματι πονῶν κἀν τούτῳ τὴν ἅπασαν ἐλπίδα τοῦ βίου τεθειμένος, nessuna infatti (οὐδὲν si collega a τὰ ἀγαθὰ) (ne otterrai, sott.) per il fatto che (ὅτι) diventerai un operaio (μὴ ἐργάτης ἔσῃ, il μὴ serve a sottolineare il valore negativo dell'azione, non ha valore logico!), poiché soffriresti col corpo e (κἀν: καὶ ἄν, dove ἄν serve a sottolineare l'aspetto eventuale dell'azione e vale anche per il participio precedente) riporresti in questa cosa (=il soffrire) tutta la speranza di vita,

ἀφανὴς μὲν αὐτὸς ὤν, ὀλίγα καὶ ἀγεννῆ λαμβάνων, ταπεινὸς τὴν γνώμην, εὐτελὴς δὲ τὴν πρόοδον, essendo certamente sconosciuto tu stesso, guadagnando poche e oscure cose, misero (restando...) nella conoscenza, da poco nell'avanzamento sociale,

οὔτε φίλοις ἐπιδικάσιμος οὔτε ἐχθροῖς φοβερὸς οὔτε τοῖς πολίταις ζηλωτός, (non essendo...) né soccorritore per gli amici né spaventoso per i nemici né ammirabile per i concittadini,

ἀλλ᾽ αὐτὸ μόνον ἐργάτης καὶ τῶν ἐκ τοῦ πολλοῦ δήμου εἷς, ma lavoratore solo in questo campo (αὐτὸ μόνον: quanto a questa sola cosa) e uno dei tanti tra la gente (τῶν ἐκ τοῦ πολλοῦ δήμου εἷς: letter., uno di quelli (εἷς τῶν) dal vasto popolo (ἐκ τοῦ πολλοῦ δήμου)),

ἀεὶ τὸν προὔχοντα ὑποπτήσσων καὶ τὸν λέγειν δυνάμενον θεραπεύων, tremando sempre per ciò che hai davanti (τὸν προὔχοντα->da προέχω) e preoccupandoti di ciò che si può dire (τὸν λέγειν δυνάμενον: letter., il dire che è possibile),

λαγὼ βίον ζῶν καὶ τοῦ κρείττονος ἕρμαιον ὤν: vivendo la vita del conisglio (λαγὼ è genit. di λαγώς: coniglio) ed essendo preda del più forte (τοῦ κρείττονος ἕρμαιον: letter., il guadagno del più forte );

εἰ δὲ καὶ Φειδίας ἢ Πολύκλειτος γένοιο καὶ πολλὰ θαυμαστὰ ἐξεργάσαιο. (e ciò...) se anche Fidia o Policleto tu diventassi e facessi molte cose meravigliose.

τὴν μὲν τέχνην ἅπαντες ἐπαινέσονται, οὐκ ἔστι δὲ ὅστις τῶν ἰδόντων, εἰ νοῦν ἔχοι, εὔξαιτ᾽ ἂν σοὶ ὅμοιος γενέσθαι: Tutti loderanno la tecnica, ma non vi sarà (lett., è) colui che tra gli spettatori (τῶν ἰδόντων-> partic. genit. plur da εἶδον), se avesse senno, si vanterebbe (εὔξαιτο è 3^ sing. aor. medio da εὔχομαι) di essere a te uguale;

οἷος γὰρ ἂν ᾖς, βάναυσος καὶ χειρῶναξ καὶ ἀποχειροβίωτος νομισθήσῃ. ’’ infatti saresti tale, che (la consecutiva non è esplicita, ma tale (οἷος) rimanda a una proposiz. di questo tipo) saresti ritenuto (letter., sarai ritenuto, poiché νομισθήσῃ è 2^ sing. fut. medio ind. da νομίζω: ritengo) un tipo volgare e un manovale e uno che vive del lavoro delle sue mani (ἀπο-χειρο-βίωτος).”


[10] ‘‘ ἢν δ᾽ ἐμοὶ πείθῃ, πρῶτον μέν σοι πολλὰ ἐπιδείξω παλαιῶν ἀνδρῶν ἔργα καὶ πράξεις θαυμαστὰς. " Se (ἢν=ἐάν, forma contratta) ti fiderai (πείθῃ=2^ sing. medio indic. pres.) di me, in primo luogo ti mostrerò molte opere degli antichi eroi e azioni grandiose.

καὶ λόγους αὐτῶν ἀπαγγελῶ, καὶ πάντων ὡς εἰπεῖν ἔμπειρον ἀποφανῶ, E ti declamerò i loro discorsi, e ti renderò esperto su come dire tutte le cose (πάντων ὡς εἰπεῖν ἔμπειρον: di tutte le cose come dirle).

καὶ τὴν ψυχήν, ὅπερ σοι κυριώτατόν ἐστι, κατακοσμήσω πολλοῖς καὶ ἀγαθοῖς κοσμήμασι — σωφροσύνῃ, δικαιοσύνῃ, εὐσεβείᾳ, πρᾳότητι, ἐπιεικείᾳ, συνέσει, καρτερίᾳ, τῷ τῶν καλῶν ἔρωτι, τῇ πρὸς τὰ σεμνότατα ὁρμῇ: e l'anima - cosa che (ὅπερ) per te è di massima importanza - (te...) l'abbellirò con molti e buoni ornamenti: con la saggezza, con la giustizia, con la pietà, con la mansuetudine, con l'equità, con la perspicacia, con la costanza, con l'amore delle cose belle, con lo slancio verso le cose sacre;

ταῦτα γάρ ἐστιν ὁ τῆς ψυχῆς ἀκήρατος ὡς ἀληθῶς κόσμος. Infatti queste cose costituiscono l'ordine incorrotto della mente, secondo verità (ὡς ἀληθῶς).

λήσει δέ σε οὔτε παλαιὸν οὐδὲν οὔτε νῦν γενέσθαι δέον, ἀλλὰ καὶ τὰ μέλλοντα προόψει μετ᾽ ἐμοῦ, Nulla ti resterà oscuro (λήσει: 2^ sing. medio futuro ind. da λανθάνω: resto nascosto; vuole il compl. ogg. sia per l'oggetto nascosto, sia per colui a cui resta nascosto) né di antico né che sia necessario (δέον: partic. neutro da δέω: ho bisogno di essere) che avvenga adesso, ma anche le cose che stanno per avvenire (τὰ μέλλοντα) vedrai in anticipo (προόψει: 2^ sing. medio futuro ind. da προοράω: vedo prima) attraverso di me,

καὶ ὅλως ἅπαντα ὁπόσα ἐστί, τά τε θεῖα τὰ τ᾽ ἀνθρώπινα, οὐκ εἰς μακρὰν σε διδάξομαι. ’’ e tutte quante complessivamente (ὅλως) le cose che sono, sia divine, sia umane, te le insegnerò non in lungo tempo (οὐκ εἰς μακρὰν). [NB: ἅπαντα ὁπόσα ἐστί è in realtà una interrogativa indiretta: ti insegnerò: quante cose (ὁπόσα) sono/esistono tutte (?)]


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